Del: 14 Maggio 2022 Di: Rebecca Nicastri Commenti: 0
AjaRiot. Sentirsi animali, l'istinto che si fa corpo

Lo scorso 8 maggio presso lo spazio PimOff, è proseguita la rassegna dell’associazione culturale con Digital Sabbath, un progetto articolato in quattro quadri in cui il collettivo AjaRiot indaga le intersezioni tra corpi: quello umano, quello digitale e quello animale.

Nato nel 2014, AjaRiot ‒ performing arts collective è un collettivo misto per provenienza, età, esperienze e pratiche, la cui ricerca si nutre di pratiche corporee, somatiche, visive, documentarie e politiche.

Lo spazio situato nella periferia di Milano, si presenta come una casa per gli artisti, un luogo protetto dove creare e sperimentare le proprie idee. L’aggiunta di ‘Off’ delinea chiaramente l’identità di uno spazio alternativo, con una programmazione sempre attenta ai testi originali, agli autori contemporanei e aperta alla contaminazione con linguaggi non teatrali.

E proprio questa contaminazione ha permesso all’anteprima di domenica 8 maggio di aprire allo spettatore una via conoscitiva in cui la cooperazione tra linguaggi tanto diversi da apparire a volte opposti è riuscita a raggiungere livelli formidabili.

L’inizio della performance è incerto. Già l’entrata degli spettatori in sala invitati dalle danzatrici stesse a prendere posto su cuscini appoggiati a terra – si fa essa stessa avvio del procedimento performativo. In mezzo alla buia sala altri cuscini avvolgono della strumentazione tecnica da un lato, dall’altro lato un circolo di luce attira lo sguardo su alcuni oggetti collocati sul perimetro di questo cerchio, quasi a ricordare un’antica ritualità: un lumino, una ciotola con dell’acqua, una pietra e una piuma.

Le eleganti e misteriose gestualità con cui le due danzatrici hanno accompagnato gli spettatori a sedersi rimangono il filo conduttore degli inaspettati sviluppi che vedono collaborare la danza delle due donne, le animazioni video che ritraggono la vita del mondo animale, nonché le travolgenti musiche coordinate da Marco Bosetti.

È questa una collaborazione che via via mette in dubbio la scindibilità tra i mondi (umano-animale) e tra i linguaggi (performativo-digitale); la danza delle donne sembra presto trasportare i loro corpi in una dimensione più animale che umana. E in questo passaggio tra mondi la coordinazione stretta tra ciò che succede sulla scena e ciò che viene proiettato culmina in un finale in cui ad apparire sui teli sono i corpi stessi delle donne che si situano davanti al proiettore.

Per lo sviluppo del progetto e la performance finale Digital Sabbath, AjaRiot ha cercato sette persone e sette animali (di differenti specie) che hanno preso parte ad alcune giornate di riprese video. A interrompere il flusso musicale sono infatti le voci di queste sette persone che con modalità espressive estremamente libere e naturali raccontano brevemente ciò che tanto li avvicina al loro cane, alla loro capra, al loro pappagallo, alla loro pecora.

Insomma, quel che può apparire uno scontato rapporto di convivenza passiva con un essere tanto distante rispetto alle nostre consuete attitudini, si rivela, al contrario, una relazione viscerale con coloro che meglio rappresentano, e riescono a preservare, quel lato di sincera spontaneità e sensibilità profondissima che un tempo apparteneva anche all’uomo.

«Non serve parlarsi per capirsi, a volte non serve nemmeno guardarsi. Ci si capisce e basta».

D’altra parte, già più di duemila e cinquecento anni fa, Esopo parlava dell’uomo senza nominarlo, costringendo ai suoi vizi quei suoi tanto simili compagni di mondo, che chiamiamo animali.

AjaRiot ci educa allora a spogliarci dei tanti costrutti che ci siamo messi sulle spalle in migliaia di anni di storia, ci consiglia di dar credito a queste creature che partecipano al mondo seguendone i ritmi e non imponendogli il loro.

Rebecca Nicastri
Classe 2000. Studio lettere, sono innamorata del mondo e vorrei sapere tutto di lui. Per me le giornate sono sempre troppo corte.

Commenta