Milano è stata musa ispiratrice per moltissimi cantautori e poeti, diventando soggetto di una narrazione che pur suggestiva è rimasta comunque fedele alla realtà: c’è chi ne parla esclusivamente in versi e chi associa a quest’ultimi una linea melodica, ma l’attenzione è comunque rivolta esclusivamente alla realtà milanese, che parte di un immaginario comune, viene raccontata come una città frenetica, generosa e cosmopolita. Di seguito, in ordine cronologico, alcuni brani che l’hanno celebrata negli anni.
O mia bela Madunina (Giovanni D’anzi, 1935)
Giovanni D’Anzi, milanese di origini meridionali, scrive questa canzone per la prima volta senza l’aiuto del paroliere Alfredo Bracchi, quindi, con un dialetto piuttosto approssimativo e la madonnina a cui fa riferimento, è ovviamente quella d’oro, posta in cima al duomo della città. Si tratta di un brano diventato presto l’inno di una Milano che all’epoca, accolse un quantitativo piuttosto copioso di forza-lavoro proveniente dalle varie zone rurali delle regioni meridionali dell’Italia. La canzone ha un retrogusto ironico e questo si percepisce fin dalla prima strofa:
«Surriento, Margellina tucc’i popoli
I avran cantà on milion de volt
Mi speri che se offendera nissun
Se parlom un cicin anca de num»
D’Anzi è come se volesse rivendicare l’importanza di Milano all’interno del contesto nazionale, dal punto di vista economico e non, ricordando che Tucc el mond a l’è paes e semm d’accord, ma Milan, l’è on gran Milan!
Il ragazzo della via Gluck (Adriano Celentano, 1966)
La via Gluck citata nella canzone che fa parte dell’album omonimo, è la via del quartiere greco della periferia milanese e viene presa come riferimento in questo caso, per parlare del fenomeno dell’urbanizzazione del secondo dopoguerra, che fa da sfondo ad un forte sentimento di nostalgia nei confronti di un ambiente ormai perduto.
«Là dove c’era l’erba ora c’è
una città,
e quella casa in mezzo al verde ormai
dove sarà?»
Celentano con questa canzone narra uno degli episodi della propria vita: da giovanissimo, dovette trasferirsi nel centro della città, lasciando alle spalle la spensieratezza di una gioventù passata in mezzo al verde. Il cantautore si distingue con questo testo per la propria coscienza ambientalista, allarmandosi per la nuova immagine della propria città, Milano, che si ritrova succube del progresso sfrenato e del mancato rispetto verso il territorio e la sua natura.
Luci a San Siro (Roberto Vecchioni, 1971)
In questo brano estratto dall’album L’uomo che si gioca il cielo a dadi, Vecchioni ricorda con nostalgia i suoi vent’anni: appena finita la maturità, il padre gli regala una Fiat 600, usata spesso per recarsi sulla montagnetta di San Siro, al fine raggiungere l’amata Adriana.
«Milano mia portami via
fa tanto freddo e schifo e non ne posso più
facciamo un cambio prenditi pure quel po’ di soldi
quel po’ di celebrità
ma dammi indietro la mia seicento
i miei vent’anni ed una ragazza che tu sai»
Il tempo delle luci a San Siro è finito, è oramai iniziata l’età adulta, ed essa porta con sé le varie responsabilità e i vari cambiamenti: Vecchioni, infatti, parla di una particolare fase della propria carriera, durante cui la discografia di quel tempo si distinse per alcune richieste poco raffinate. Finisce quindi anche l’amore, quello puro e giovanile, che sarà tra l’altro successivamente oggetto protagonista di altri brani del cantautore.
Milano (Lucio Dalla, 1979)
Lucio Dalla con questo brano che fa parte dell’album omonimo, fa una descrizione minuziosa e tutt’ora valida di Milano. A differenza di altri cantautori però, si interessa particolarmente al fattore umano della città, che nella canzone viene presentata come un corposo agglomerato di persone differenti e distanti tra loro, per nazionalità e modi di fare. Parla poi del proprio rapporto con Milano e con la gente del posto, vivendo un legame intenso ma tensivo, che si snoda tra l’amore e l’odio.
«Milano a portata di mano
ti fa una domanda in tedesco
e ti risponde in siciliano
poi Milan e Benfica
Milano che fatica»
Milano, Milano (Articolo 31, 2002)
Milano Milano, brano dell’album Domani smetto è una vera e propria canzone d’amore nei confronti di una città che ti travolge e ti trascina in una dimensione atemporale e in cui difficilmente si riesce a trovare posto se non si sta al suo passo. Una città la cui anima è celata da una quotidianità fatta di apparenza, velocità e in cui ci si può riconoscere solo se la si gode a pieno. Nella canzone sono citati tutti i luoghi più celebri della città e le peculiarità annesse ad essi, luoghi che difficilmente si riesce ad apprezzare quando li si vive nella quotidianità, ma che mancano nel momento in cui li si abbandona, anche se non in maniera definitiva.
«Milano Milano
Milano Quando Sono Lontano Voglio Tornare Milano Quando Ci Sono Voglio Scappare»
Un romantico a Milano (Baustelle, 2006)
Si tratta di un singolo che fa parte del secondo album del gruppo, La malavita, ed è dedicato allo scrittore toscano Luciano Bianciardi, emigrato a Milano negli anni ’50, che ha fortemente contribuito al fermento culturale italiano. Il brano non è altro che una descrizione disincantata della città grigia e borghese, che ragiona spesso per stereotipi e in cui la gente cammina in mocassini, sorseggia cocktails e prova dei sentimenti annebbiati e flebili. Altro non è che un ritratto della gente comune in cui però si è persa la poeticità della vita.
«Scusi, che ne pensa di un romantico alla Scala?
Quando canta le canzoni della mala, scola
Quasi centomila Montenegro e Bloody Mary
Mocassini gialli e sentimenti chiaroscuri»
Le ragazze di Porta Venezia (Myss Keta, 2015)
Il singolo fa parte della raccolta L’angelo dall’occhiale da sera, ed è dedicato come da titolo al quartiere milanese di Porta Venezia: è un vero e proprio manifesto in cui si rivendica l’eterogeneità e la generosità di un luogo che è diventato negli ultimi anni, uno spazio libero da pregiudizi, perbenismo e luoghi comuni. Myss Keta si fa portavoce di una Milano che è cambiata e che è continuamente cangiante, in cui ci si può sentire liberi di essere ciò che più si vuole o ciò che più ci si sente.
«Siamo le ragazze di Porta Venezia
Guidate dalla brama, mosse dall’inerzia
Panta della tuta, piumino a vita alta
Occhi a cuoricino, pronte per la svolta»