Del: 20 Maggio 2022 Di: Giorgia Fontana Commenti: 0
Pillole di economia. Che cosa sono i tassi d'interesse?

Le tematiche di carattere economico rientrano senza dubbio nel ventaglio di argomenti spesso difficili da comprendere a fondo per chi non ne ha mai approfondito lo studio. Abbiamo deciso di dare vita a questa rubrica nella quale cercheremo di sviscerare, con il linguaggio più semplice e accessibile possibile, vari temi economici legati all’attualità. A questo link trovate le scorse puntate.


Quando si sente parlare di “tasso” o “saggio” d’interesse si è abituati a collegarvi erroneamente percentuali elevate e poco convenienti. I tassi d’interesse, per esempio, coinvolgono solitamente chi è intenzionato a contrarre un mutuo bancario o un pagamento dilazionato. Non tutti però comprendono fino in fondo come realmente funzionano i tassi d’interesse e i meccanismi che ne decidono il valore.

Per cominciare, la definizione di tasso d’interesse è un concetto prettamente economico, che si può incontrare negli ambiti più disparati della materia: matematica finanziaria, microeconomia, macroeconomia ed altro ancora. Si tratta dello strumento maggiormente impiegato in ambito di politica monetaria dalle banche centrali, quelle banche cioè che hanno la capacità di emettere moneta e ne sorvegliano il valore.

In altre parole, il tasso o saggio di interesse effettivo corrisponde alla percentuale dell’interesse su un prestito e alla somma che otterrà il prestatore (solitamente, la banca).

Per apprendere meglio questo concetto, si pensi ad un evento analogo e più comune. In vacanza, al mare o in montagna che sia, c’è spesso la necessità (o il desiderio) di spostarsi con un mezzo differente dalla macchina: una bicicletta, un risciò o persino un pedalò. Difficilmente tutti coloro che fanno una settimana di ferie a Rimini, ad esempio, disporranno di un pedalò personale. È molto più fattibile noleggiarlo direttamente in spiaggia: pagare cioè una somma per poter usufruire del bene (il pedalò) in un certo lasso di tempo, e poi restituirlo una volta terminato il contratto di prestito. La stessa cosa avviene con il tasso di interesse: il debitore che contrae un mutuo (ossia una forma di prestito, proprio come il noleggio del pedalò) potrà usufruire della somma di denaro richiesta per un determinato tempo. Allo scadere del contratto, se non si è già preoccupato di restituirla un po’ alla volta attraverso la rateizzazione, il debitore dovrà ritornare al prestatore l’intera somma. Il prestito però, proprio come il pedalò, non avviene gratuitamente: è solitamente maggiorato di una certa percentuale, corrispondente al valore del “noleggio” del denaro (il tasso d’interesse, appunto).

Questo, come specificato, è quello che si verifica di solito, ma non sempre: la Banca Centrale Europea (BCE), per esempio, ha seguito una strategia diversa dalla crisi finanziaria del 2008 ad adesso. La crisi ebbe inizio nel 2007 in America, e fu una conseguenza della politica monetaria eccessivamente accomodante degli anni 2000 da parte della FED (Federal Reserve degli Stati Uniti). In quel periodo ci furono innovazioni finanziarie scarsamente controllate e politiche a favore di investimenti finanziari rischiosi da parte di imminenti personalità pubbliche, come Bill Clinton o George W. Bush. La FED, infatti, scelse di abbassare il suo tasso chiave all’1%. La decisione comportò un eccesso di creazione di denaro, una bolla sul mercato immobiliare e sulle materie prime.

Nel 2006, si dovette correre ai ripari: la FED alzò nuovamente il tasso chiave al 5% per limitare l’inflazione. Fu questa mossa a causare una vera e propria reazione a catena.

Prima la deflazione del mercato immobiliare, poi un aumento dei rimborsi mensili dei mutui a tasso variabile e il conseguente mancato pagamento da parte di milioni e milioni di statunitensi. I cittadini americani inadempienti furono costretti ad abbandonare le proprietà, sequestrate e rimesse in vendita dalle banche. Ciò comportò che, nel 2008, l’offerta sul mercato immobiliare fosse molto più elevata della domanda: le proprietà vennero così svalutate e i prezzi abbassati. Nel mercato a due parti funziona proprio così: quando i venditori sono tanti e i prodotti offerti ancor di più, i beni finiscono per perdere di valore agli occhi dei consumatori.

Si può facilmente pensare ad una situazione analoga nella propria quotidianità. Si immagini che di fronte ad una scuola elementare ci sia un solo gelataio, e che nei caldi pomeriggi di maggio i bambini non abbiano altra scelta che consumare il prodotto offerto da quel gelataio. Essendo l’unico in zona ad offrire un servizio simile, il gelataio potrebbe prendersi alcune libertà, come aumentare i prezzi o risparmiare sulla qualità delle materie prime. Se però comparisse una nuova gelateria dall’altro lato della strada, il discorso cambierebbe: il gelataio dovrebbe mantenere i prezzi e la qualità in linea con quelli del suo concorrente, con il rischio di perdere la propria clientela. Se poi, ipoteticamente, si aggiungessero altri 100 gelatai, nascerebbe una vera e propria guerra: i prezzi del gelato scenderebbero a picco e ogni venditore cercherebbe di essere il migliore offerente. Ci sarebbe quindi non solo una svalutazione del gelato, ma anche un eccesso di offerta del bene: nonostante i gelatai siano diventati 102, la scuola elementare rimarrebbe una sola. I bambini e i genitori disposti a comprare il gelato sarebbero sempre gli stessi (si consideri che, nel caso del mercato immobiliare americano, i compratori erano addirittura diminuiti). Si avrebbe quindi in conclusione una situazione di stallo: tanti gelati in vendita, come erano le proprietà in vendita negli Stati Uniti, e pochi compratori disposti ad acquistare.

La crisi americana fu solo una delle tante ragioni che portarono al calo di fiducia dei consumatori e ad una crisi finanziaria globale.

Nonostante nei quattro anni precedenti l’economia mondiale sembrasse sana e favorevole, dalla liquidità abbondante dall’inflazione moderata, si aprì un’enorme falla trascurata da molti economisti. Ci furono grandi squilibri e un’incontrollata ascesa dei crediti. In particolare, si generò un enorme sbilanciamento tra l’economia dell’Europa orientale e degli Stati Uniti che optarono per grossi indebitamenti, e quella di altri paesi come Cina, Germania o Giappone che invece risparmiarono in maniera eccessiva. Per questa ragione, la crisi finanziaria e dei mercati immobiliari in America fu soltanto la goccia che fece traboccare un vaso ormai pieno.

Nell’ottobre del 2008 i mercati internazionali registrarono perdite inimmaginabili: tra il 6 e il 10 ottobre 2008, dopo il fallimento di Lehman Brothers nel mese di settembre, il CAC 40 (il principale indice di borsa francese e uno dei più importanti del sistema Euronext) perse quasi 1000 punti, circa il 20%. Fu una crisi che si ripercosse su tutti i mercati e su tutti i Paesi, aumentando il divario tra ricchissimi e meno abbienti, i licenziamenti e il grado di recessione di molti paesi europei. La crisi di liquidità, ossia quella legata alla capacità di rimborsare i creditori (nel caso delle banche, i propri risparmiatori) con denaro fisico, divenne crisi di solvibilità, ossia una crisi a livello patrimoniale, che si verifica quando c’è incapacità di assolvere le obbligazioni contratte.

I governi di tutto il mondo dovettero agire immediatamente per evitare il tracollo dei mercati. Nell’Unione Europea venne indetto un vertice di emergenza a Parigi per capire come attuare misure di sostegno a favore degli istituti di credito fortemente sotto pressione. La Banca Centrale Europea (BCE) si occupò di immettere nel mercato finanziario ingenti volumi di liquidità, oltre alle garanzie sulle passività bancarie e all’acquisto di quote azionarie degli istituti finanziari in perdita sull’attivo. Gli interventi nell’immediato hanno permesso all’UE di rimanere in piedi ed evitare l’aggravarsi della crisi finanziaria.

Una delle decisioni intraprese, come anticipato, è stata quella di abbassare i tassi d’interesse ai minimi storici. Questa scelta venne fatta per spingere i consumatori a riprendere fiducia nel mercato e far crescere la curva di domanda.

Se il tasso di interesse viene ridotto, infatti, il consumo nel presente diventa per un consumatore relativamente più vantaggioso rispetto ad un consumo nel futuro. Perciò, se considerassimo un risparmiatore e un individuo che richiede un prestito prima della variazione del tasso d’interesse, risulterebbe avvantaggiato il secondo. Questo perché il risparmiatore riceverebbe come saggio di interesse una somma inferiore sul proprio capitale, mentre colui che ha contratto prestito dovrebbe invece pagare un interesse minore sul proprio debito: il prestito sarebbe perciò più conveniente. La riduzione dei tassi ha permesso inoltre di controbilanciare l’eccessiva crescita dei costi provocati dallo spread finanziario.

Sebbene questa manovra abbia apportato dei miglioramenti finanziari a breve termine, ha comportato anche ripercussioni a lungo termine: a distanza di più di dieci anni ancora oggi i tassi di interesse sono pari allo 0% o poco più (in passato sono stati addirittura negativi). Il problema più grande è che le banche centrali non possiedono più, ad oggi, uno strumento per stimolare la domanda di mercato qualora essa si deteriorasse un’altra volta: ciò comporta una mancanza di fiducia da parte dei consumatori e la conseguente mancanza di nuovi progetti di investimento. In più, questa riforma della politica monetaria supporta principalmente aziende e consumatori interessati a contrarre un prestito, tralasciando i risparmiatori, che ne subiscono i danni collaterali. Infine, l’intervento nel mercato finanziario ha comportato un rallentamento della crescita economica europea visibile ancora oggi.

Tutto ciò avviene quando si tenta di controllare artificialmente il mercato a due parti: ogni volta che si interferisce immettendo qualcosa nel mercato finanziario, automaticamente si sottrae qualcos’altro.

Giorgia Fontana
Ciao! Sono Giorgia, ho 19 anni e frequento il corso di Economia e Management all'Università degli Studi di Milano. Nella vita, mi piace essere green e far sapere agli altri che la sostenibilità non deve essere per forza noiosa! Qui su Vulcano, mi troverete come referente della rubrica di Economia :)

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