Del: 15 Luglio 2022 Di: Laura Colombi Commenti: 0
Giradischi, gli album consigliati di luglio

Il 15 di ogni mese, 5 album per tutti i gusti: Giradischi è la rubrica dove vi consigliamo i dischi usciti nell’ultimo mese che ci sono piaciuti.


Spirit Exit, Caterina Barbieri (light-years) – recensione di Gabriele Benizio

Un ascolto molto gradevole quello della nuova uscita di Cristina Barbieri, un’elettronica che strizza l’occhio agli anni Settanta e in particolare alla scuola berlinese con l’aggiunta di qualche momento trance.
Dalla ipnotica e calma At your gamut si passa all’ascesa epica di Broken melody, due pezzi che fotografano al meglio le atmosfere allucinate di questo lavoro che punta ad estraniare l’ascoltatore catapultandolo in un’altra dimensione e a disorientarlo con una voluta ripetitività.
Ne risulta un composto ben amalgamato, che riesce perfettamente nel suo intento di trascinare dove vuole lo stato psicofisico dell’ascoltatore. Un altro album azzeccato da questa ottima artista, che si riconferma anche questa volta.


Ugly Season, Perfume Genius – recensione di Laura Colombi

Perfume Genius ci ha piacevolmente stupito con un disco art pop con elementi di musica psichedelica, ambientale e classica.
Un cambiamento inaspettato per un artista noto finora nell’indie pop, ma che a ben vedere lasciava intravedere nell’ultimo lavoro del 2020 Set my Heart on Fire Immediately una più approfondita ricerca musicale. È questa a distinguere Ugly Season dai lavori precedenti, e ciò si traduce anche in una varietà di generi – dalla title-track e dai ritmi raggae alla traccia al pianoforte Scherzo – ma anche di influenze, su tutti il Bowie di Low (con cui sembra condividere dunque anche un destino artistico).
La stessa ricerca si coglie nel lavoro sui testi, che in questa nuova stagione divengono criptici e dal gusto classicheggiante (numerose le parole della tradizione greca classica): ancora una volta niente a che vedere con il Perfume Genius cui eravamo abituati, eccetto per il focus sulle forme del queer e sulle rivendicazioni annesse, che rimangono care all’artista. Un lavoro ardito ed elaborato nel senso più pieno della parola, che merita almeno un ascolto.


Special, Lizzo (Atlantic Records) – recensione di Rachele Latina

Per il Giradischi di questo mese faremo un’eccezione: infatti la recensione di oggi presenta in anteprima Special, il nuovo disco di Lizzo, in uscita proprio oggi. L’album è stato lanciato dal singolo About damn time, da mesi in cima alle classiche, soundtrack di milioni di video su Tik Tok e reels su Instagram.
Anche in questo caso Lizzo si caratterizza per il suo sound fresco e riconoscibile: slap al basso, chitarre funky e cori gospel. Lizzo è diventata negli ultimi anni un’icona tramite il suo personaggio simbolo di self-confidence e genuinità. La cantante tramite i propri brani vuole mandare messaggi di inclusività: parlando con sicurezza del proprio corpo, e spingendo le donne, in particolare, a sentirsi potenti e fiere di sé. Lizzo, donna nera e dal fisico fuori dai canoni classici, diventa pertanto l’eroina delle minoranze, sensibilizzando su temi particolarmente caldi nel periodo attuale.
Dopo l’ascolto del suo nuovo singolo possiamo sicuramente affermare che oltre ad essere un modello da un punto di vista sociale e culturale, la giovane cantante rappresenta di sicuro un’icona musicale, provando ancora una volta un talento indiscusso. Dopo un singolo così promettente, non possiamo far altro che correre ad ascoltare Special.


Baby, Petrol Girls (Hassle Records) – recensione di Gabriele Benizio

Forse le Petrol Girls non avranno molto di nuovo da dire, ma quello che hanno da dire lo dicono senza peli sulla lingua. Mezz’ora di post-hardcore irriverente, ribelle ed estremamente divertente.
Le Petrol Girls (che in realtà non sono tutte donne) tireranno tutto fuori senza censure, senza freni e questo meccanismo raggiunge il culmine nella dissacrante Baby, I had an abortion. Come si accennava, a livello musicale non abbiamo tra le mani un capolavoro di innovazione e di ricerca musicale, ma non serve nemmeno. Ogni tanto tra sperimentazioni e astrattismi ci vuole quel lavoro che ti riporta sulla terra, che ti sbatte in faccia tutta la sua rabbia a suon di chitarroni e urla senza alcuna delicatezza.
Un lavoro in sostanza che funziona, che si rifà a tutto ciò che il post-hardcore ci ha insegnato nella sua lunga vita, con qualche strizzata d’occhio al sasscore e tanta. tanta passione, che ben si abbina a questa estate torrida.


Les autres c’est nous, Bigflo & Oli (Polydor) – recensione di Francesco Pio Calabretta

Les autres c’est nous è il nuovo album del duo francese Bigflo & Oli. Per i meno informati sulla musica francese potrà sembrare un nome poco sentito, ma in patria è tutt’altro che così. I due artisti lo affermano in una delle tracce, citando esplicitamente i mostri sacri della musica francese e sfidandoli a “rubare i loro fans”. E i numeri gli danno ragione, dai 40.000 di Parigi nel 2019 alle quasi 30.000 copie vendute nella prima settimana.
Il progetto, realizzato dopo 4 anni di silenzio non solo musicale ma comunicativo a causa di problemi personali della coppia, nasce dopo un periodo in cui i due affermano di non essersi mai fermati, e lo dimostrano le 22 tracce che compongono l’album. Les autres c’est nous, gli altri siamo noi, è interculturale, è ricco di stili e ispirazioni diverse, proprio come la Francia a cui dichiarano amore in Sacré Bordel. Nati da padre argentino e madre franco-algerina, Bigflo e Oli non fanno mancare i riferimenti alle proprie origini: dalla storia dei propri nonni in José et Amar alle produzioni rilassate delle atmosfere latine che occupano un posto speciale. La coppia sceglie di parlare di interculturalismo, di sé stessi e delle proprie sofferenze, in un album libero da ogni limite, in cui i due, tra storie emozionanti e tecnicismi puramente rap, dimostrano che con le parole ci sanno fare. E lo dimostrano anche gli ospiti del progetto: da Vald, voce puramente rap, a Mc Solaar, Julien Doré o ancora una grande icona come Francis Cabrel.
Les autres c’est nous è un album classico, non osa ma dimostra con fermezza ciò che vuole dimostrare, e i due artisti dopo anni di sofferenza sono tornati con prepotenza sulla scena. Sicuramente da ascoltare, sia per chi è abituato alla musica transalpina, sia per chi ci si affaccia per la prima volta.

Laura Colombi
Mi pongo domande e diffondo le mie idee attraverso la scrittura e la musica, che sono le mie passioni.

Commenta