Del: 3 Luglio 2022 Di: Laura Colombi Commenti: 0
Intervista a Ehndry, cantante e studente in Statale

Qualche tempo fa abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere con Andrea, in arte Ehndry, studente di filosofia alla Statale classe 2002 che ha da tempo intrapreso un proprio progetto musicale, suonando anche al Feel Club di Bernareggio e al noto Barrio’s milanese. Riportiamo qui di seguito l’intervista in cui Andrea ha vestito i panni dell’universitario e del cantante in uno.

L’intervista è stata editata per motivi di brevità e chiarezza. 


Ciao Andrea, benvenuto a Vulcano. Iniziamo con la nostra domanda di rito: come descriveresti in poche parole il tuo progetto musicale? 

Il progetto parla di me, quindi direi autobiografico. Potremmo anche definirlo introspettivo e dinamico. Mi piace parlare delle mie esperienze in primis, introspettivo perché analizzo poi effettivamente queste esperienze o comunque come le vivo, e poi dinamico perché soprattutto nella musica mi piace variare o comunque sperimentare, quindi c’è il pezzo più pop oppure il pezzo più rap vecchia scuola, o pezzi dove collaboro anche con delle cantanti. Come progetto è molto vario. 

Qualche tuo riferimento?

La mia ispirazione arriva dal rap old school di Bassi Maestro, e incide la mia formazione di chitarrista, mi piacciono molto alcuni brani che ho pubblicato come Astronave o Rosso Fuoco in cui c’è una parte più acustica. Anche se mi piace appunto spaziare anche sul rap, come per esempio con Voiture. Per quanto riguarda le influenze più contemporanee mi piace tantissimo Vegas Jones, c’è anche un po’ di Tedua, che non voglio considerare trapper, perché c’è una ricerca nettamente superiore ad altri come DrefGold.

Hai citato alcuni dei tuoi brani, puoi dirci di più?

I singoli prima di Astronave sono un’introduzione al brano in questione. Nell’ultimo video pubblicato su YouTube c’era proprio lo spoiler di Astronave, l’ho pensata come una storia. In Astronave si parla di una relazione finita, ma in maniera molto velata, non sono io che mi deprimo perché non sto più con la mia lei, c’è rielaborazione. L’ho scritta verso la fine della prima quarantena, quindi c’era la questione dell’isolamento e delle prospettive per il futuro che sono state disattese con la pandemia.

A sua volta Astronave fa parte di un progetto più grande, un EP di cinque tracce che uscirà tra poco, a luglio. Finora sono uscite Nuvole e La mia Lady, ho pubblicato costantemente in modo da arrivare a luglio a portare il progetto. 

Come lavori per arrivare al prodotto finale?

Per ora non ho accettato le proposte che mi sono arrivate da alcune etichette perché non mi soddisfavano. Lavoro da solo e con amici, ho scelto di rimanere indipendente. Per quanto riguarda la produzione ad esempio ho un beatmaker fisso che è un ragazzo di Roma che si chiama Pain. Siamo amici d’infanzia e lui come me ha intrapreso la strada della musica, quindi anche se a distanza siamo cresciuti assieme sotto questo punto di vista e ci sentiamo continuamente.

Per quanto riguarda gli studi di registrazione, invece, ne ho girati vari della zona Monza e Brianza e Milano. Ho voluto girare un po’ di studi sia per farmi conoscere nell’ambiente, e poi per iniziare a capire dove il mio lavoro esce meglio. Sono molto interessato a tutto l’aspetto del mix, del master, le casse.

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Come mai hai scelto la facoltà di Filosofia e come si coniugano le carriere di studente e di cantante?

Direi che c’entra sempre con il mio approccio introspettivo, la filosofia mi permette di avere uno sguardo più critico sul reale e di poterlo poi mettere anche nelle canzoni: mi sto già rendendo conto che il connubio è servito.  

Cosa pensi dell’attuale proposta musicale in università?

Mi sono interessato da subito più che altro alle varie realtà musicalmente attive in università, e mi sento di dire che manca uno spazio per la musica leggera. Ci sono attività importanti legate alla musica sinfonica, come l’Orchestra e il Coro, che però sento un po’ lontane da me. Per questo mi piacerebbe dare vita a un collettivo di artisti interessati come me alle tendenze più urban, ma anche rock, aperto ovviamente a tutti gli studenti interessati. Vorrebbe dire creare uno spazio di scambio reciproco per gli artisti, sia per le idee che per la promozione e la comunicazione, e un gruppo attivo nella programmazione di eventi musicali. Il sogno sarebbe poi quello di avere a disposizione uno spazio tutto nostro per realizzare uno studio di registrazione all’interno dell’università, dove dare veramente a tutti la possibilità di sperimentare e magari arrivare anche a qualche risultato senza spendere cifre esorbitanti. 

Cosa pensi di avere di nuovo da dire alla scena musicale?

In questa prospettiva di mercato si deve sempre proporre qualcosa di nuovo, ma io la vedo principalmente come un modo di esprimere quello che penso, quindi va bene il dover arrivare con qualcosa di nuovo, ma non è quel che cerco. La parte principale è che questa cosa di novità e di diversità rispetto agli altri, da chi mi ascolta me lo dicono, quando ti ascolto sei proprio te, non c’è nessuno che ascolto così. Quindi qualcosa c’è, ma non so ben spiegare cosa.

Siamo alla fine. Obiettivi per il futuro?

Il mio obiettivo per ora è arrivare a più gente possibile. Faccio musica perché mi piace, poi come si evolveranno le cose si vedrà. Sto cercando di tenermi tante strade aperte che mi permettano di avere una visione più ampia, senza mai chiudermi ad un solo ambito.

Laura Colombi
Mi pongo domande e diffondo le mie idee attraverso la scrittura e la musica, che sono le mie passioni.

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