Del: 17 Luglio 2022 Di: Giulia Tribunale Commenti: 0

Lo scorso 4 luglio, mentre gli Stati Uniti festeggiavano in memoria del giorno dell’indipendenza, un altro paese del continente americano compiva un passo verso la liberazione e la rottura definitiva con un regime oppressivo e dittatoriale: in questo giorno, infatti, l’assemblea costituente cilena ha consegnato al neo-presidente Gabriel Boric la bozza della nuova Costituzione, frutto di oltre un anno di lavoro e del bisogno di sostituire l’attuale testo approvato nel 1980 da Augusto Pinochet e volto di un Cile neoliberista, acclamato all’estero come ‘miracolo economico’ ma lacerato da disuguaglianze, le stesse che hanno provocato la serie di proteste avvenute nel 2019.

Un nuovo, più inclusivo, patto sociale: questo l’obiettivo dell’insurrezione popolare.

Così, dopo la marcia più grande mai organizzata in Cile – si stima che in tutto il paese i manifestanti furono circa tre milioni-, il governo, allora guidato da Sebastien Piñera, organizzò un plebiscito che potremmo definire a tutti gli effetti spartiacque per la storia del Paese sudamericano, sia perché si trattava del primo referendum dalla caduta del regime di Pinochet, sia perché il popolo, chiamato a decidere sulle sorti della carta costituzionale in vigore, votò a favore della stesura di un nuovo testo, dando pertanto inizio ad un processo rivoluzionario. A redigere la nuova Costituzione, e anche questo aspetto fu oggetto di un voto popolare, sarebbe stata un’assemblea composta da 155 cittadini appositamente eletti.

Le elezioni si sono tenute a maggio 2021 e hanno segnato numerosi cambiamenti: innanzitutto la sconfitta dei partiti politici tradizionali, specie quelli facenti capo alla destra, che «non sono più in sintonia con i desideri e le richieste della cittadinanza»parole di Piñera. A trionfare sono stati i candidati delle liste indipendenti, i quali hanno ottenuto 65 seggi su 155, mentre 17 sono stati riservati alle comunità indigene, che l’attuale Costituzione non menziona pur rappresentando il 13% della popolazione cilena.

Inoltre, a riconoscimento del ruolo che i movimenti femministi hanno avuto durante l’Estallido social del 2019, la Convenzione costituente sarebbe stata la prima al mondo a essere composta da un pari numero di donne e uomini – assegnati rispettivamente a 77 e 78 seggi.

Non solo, introdurre una prospettiva di genere nel dibattito costituzionale era fondamentale per assicurarsi che l’impianto obsoleto e patriarcale della vecchia costituzione venisse smantellato.

Presieduta dall’attivista e accademica Elisa Loncòn, esponente del gruppo indigeno Mapuche, la Convenzione ha iniziato i lavori per la stesura della nuova Costituzione il 4 luglio 2021 e un anno dopo la bozza finale è stata consegnata al presidente Boric durante la cerimonia di chiusura della Convenzione costituente e sarà oggetto di votazione popolare il prossimo 4 settembre, quando i cittadini cileni decideranno se approvarla o rifiutarla. Secondo gli ultimi sondaggi registrati dall’istituto Candem, la vittoria del Rechazo (Rifiuto) è una possibilità concreta, rappresentando il 55% delle preferenze contro il 42% dei favorevoli, un dato che riflette anche il calo di fiducia nei confronti dell’operato dell’assemblea e nei confronti dello stesso Boric. Nell’eventualità di un esito negativo, il presidente ha dichiarato che il processo costituzionale verrà prolungato, perché la maggioranza dei cittadini, nel plebiscito del 2020, ha espresso la necessità di un nuovo contratto sociale.

Rispetto all’era Pinochet, molti sono i cambiamenti introdottidal nuovo testo, come si intuisce dal primo articolo, che recita: “il Cile è uno stato di diritto sociale e democratico. È multinazionale, interculturale, regionale ed ecologico”. Da Stato unitario e repubblica democratica a democrazia solidale e paritaria, caratteristica d’altronde riflessa dall’inclusione delle voci delle donne e popolazioni indigene nel processo costituzionale.

Di conseguenza il nuovo testo contempla i diritti sessuali e riproduttivi e garantisce ai popoli indigeni il diritto all’autodeterminazione, e dunque il diritto al pieno controllo sulle proprie terre e risorse.

Un altro punto cardine è l’ambiente, come stabilito dall’articolo 8: “Gli individui e i popoli sono interdipendenti con la natura e formano con essa un tutto inseparabile”, e ancora all’articolo 127, “la natura ha dei diritti. Lo Stato ha il dovere di proteggerli e rispettarli” e a tal proposito istituisce la figura del Defensoria de la naturaleza (difensore civico della natura). La nuova Costituzione prende coscienza dell’emergenza climatica come nessun’altra, rendendola in questo senso all’avanguardia: “è dovere dello Stato adottare azioni di prevenzione, adattamento e mitigazione dei rischi, delle vulnerabilità e degli effetti causati dalla crisi climatica ed ecologica”. Tra gli articoli dedicati alla protezione dell’ecosistema, attenzione particolare è rivolta all’attività mineraria con l’introduzione del divieto di estrazione nelle zone protette – articolo 146- , tra cui i ghiacciai, notoriamente le miniere più importanti del Cile, proposta da subito contestata dal settore dell’estrazione mineraria, pilastro dell’economia nazionale. Inoltre, l’acqua viene sancita come bene comune e inappropriabile, mentre l’attuale testo è l’unico al mondo a riconoscere l’acqua come proprietà privata.

La Costituzione per un nuovo Cile

Contro il processo di privatizzazione di ogni aspetto della vita sociale ed economica incarnato dalla Costituzione del 1980, la bozza propone di istituire un Sistema di previdenza sociale pubblico e un Sistema Sanitario nazionale. Inoltre – ed è una delle riforme più importanti- viene disegnato un nuovo sistema politico, oggetto di numerose discussioni: via il Senato, sostituito da due camere con poteri asimmetrici, il Congresso dei Deputati e la Camera delle Regioni, una riforma intenta ad arginare l’iper-presidenzialismo e il centralismo che hanno caratterizzato il governo cileno.

La campagna per il referendum di settembre è partita, l’ultimo step di un processo costituzionale partito dalle proteste del 2019. Il rifiuto della bozza – auspicato dalle forze di destra escluse dal processo redazionale – rappresenterebbe una sconfitta per le forze progressiste ed aprirebbe ad una nuova fase di discussione sulle modalità di redazione del nuovo testo costituzionale. E il tempo di riforme e giustizia sociale, per i Cileni, potrebbe essere più lontano del previsto.

Giulia Tribunale
Femminista per necessità, polemica per natura. Scrivo di politica e temi sociali e ho un debole per le mappe geografiche e le letture in riva al mare. Il mio peggior nemico? Le fake news. Sogno un mondo che onori la diversità e abbandoni l’individualismo.

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