Del: 7 Luglio 2022 Di: Alice Cutsodontis Commenti: 5
L’aborto e la spaccatura americana

I fatti sotto citati sono aggiornati al 5 Luglio 2022 ma la situazione è instabile e in continuo aggiornamento.


Alla fine, è davvero successo: venerdì 24 luglio 2022 la corte suprema americana ha abolito la sentenza Roe v. Wade che dal 1973 garantisce il diritto all’aborto negli Usa.

La Corte Suprema ha preso in considerazione un caso, Dobbs v Jackson Women’s Health Organization, che vedeva contestare il divieto di aborto del Mississippi dopo 15 settimane.

Il tribunale, a maggioranza conservatrice, si è pronunciato a favore dello Stato con un voto di sei contro tre, ponendo di fatto fine al diritto costituzionale all’aborto negli Stati Uniti. Sulla sentenza si legge: «La Costituzione non fa alcun riferimento all’aborto e nessun diritto del genere è implicitamente protetto da alcuna disposizione costituzionale». Si tratta di un provvedimento storico con enormi ripercussioni sulle vite di milioni di donne. L’America è il quarto paese che dal 1994 revoca tale diritto, insieme a Polonia, Salvador e Nicaragua.

Dal momento che l’aborto non rientra più fra i diritti costituzionali per gli americani ogni Stato è libero di deliberare in merito come crede portando però a una situazione di enorme instabilità che richiederà diverso tempo prima di assestarsi: 10 Stati (South Dakota, Utah, Louisiana, Arkansas, Oklahoma, Missouri, Wisconsin, Kentucky, Texas e Alabama) hanno immediatamente bandito nella sua totalità (o fortemente limitato) la pratica dell’interruzione di gravidanza, altri 11 (North Dakota, Idaho, Wyoming, Arizona, Mississippi, Tennessee, Ohio, West Virginia, Georgia, Florida e South Carolina), data anche la presenza di un governatore repubblicano, sono a forte rischio di proibizioni, ma tale dato potrebbe salire data l’incertezza di alcuni stati che ancora non si sono apertamente espressi quali Pennsylvania, Kansas, Nebraska, Iowa, Indiana, Michigan, Montana, North Carolina e Virginia.

Oltretutto è importante segnalare che negli Stati in cui il diritto è già venuto meno, Facebook e Instagram hanno rimosso i post relativi a offerte di aiuto per reperire la pillola abortiva o consigli su come aggirare i divieti, segnalandoli come attività illegale (da notare come al contempo sul marketplace delle piattaforme si possano tranquillamente acquistare armi). Nelle ore successive alla decisione della corte infatti online si è immediatamente attivata una catena di solidarietà in cui donne hanno cercato fin da subito informazioni per riuscire ad avvalersi ancora di un diritto tanto importante e vitale.

Una cosa è da mettere subito in chiaro, infatti: nonostante le campagne pro-life affermino il contrario, i sostenitori della sospensione dell’aborto sono probabilmente le persone a cui della “vita” in sè importa meno. Non solo si tratta della stessa parte conservatrice americana che difende a spada tratta il diritto di possedere armi (con come conseguenza che in America vi è l’effettiva necessità di zainetti per bambini antiproiettili, a causa delle continue sparatorie di massa che praticamente ogni giorno si verificano sul suolo americano), che si rifiuta di indossare temporaneamente una mascherina per proteggere le persone da un virus che ha causato milioni di morti in tutto il mondo in nome della propria libertà personale e si oppone alla sanità pubblica, ma l’aborto è di fatto una pratica che salva la vita di milioni di donne, specialmente in un paese come quello americano dove anche solo partorire costa migliaia di dollari, ben al di la delle possibilità di molte che finiranno per partorire in casa, da sole, esposte ai rischi che ciò potrebbe comportare sia per la madre che per il bambino.

Inoltre, come è ovvio che sia, l’aborto è una pratica che continuerà ad essere praticataanche negli Stati in cui chi lo compie rischia fino a 15 anni di reclusione, solo che da molte non verrà più fatto in centri specializzati, assistite da uno staff medico, ma più probabilmente, di nuovo nelle case, con i relativi pericoli.

Per non parlare poi di tutti quei neonati non voluti, destinati ad ingrandire ulteriormente le file dei bambini abbandonati, nel sistema già più che saturo dei servizi sociali, fatto di case-famiglia sovraffollate e tutori che prendono i ragazzi in affido solo per l’assegno di mantenimento.

Questa quindi, di fatto, non è una questione pro o meno vita ma solo l’ennesima prova dell’enorme spaccatura che vede protagonista l’America da un punto di vista culturale, politico, geografico, religioso e forse insanabile in quanto riguarda valori non negoziabili spesso mescolati alla fede da parte dei repubblicani. Già da molti anni (il primo è stato David Gunn nel 1993) i dottori abortisti sono nel mirino dei killer e le cliniche soggette ad atti di teppismo.

Dopo la decisone della Corte, come era prevedibile che fosse, le tensioni non hanno fatto altro che aumentare: sia in Colorado che in Virginia alcuni centri di sostegno alla maternità sono stati presi d’assalto e la polizia è dovuta intervenire a Phoenix, Washington, New York e Los Angeles a seguito di alcune marce pro-Choice andate fuori controllo. Presi di mira anche i giudici stessi della Corte Suprema (di cui tre ereditati dai tempi di Trump), i cui numeri delle carte di credito sono stati diffusi in rete e le case soggette a vandalismo. Non sono in pochi, infatti, che ritengono l’attuale Corte illegittima in quanto ha più volte dimostrato di seguire un’agenda indipendente dalle volontà dei cittadini e di assecondare fin troppo la parte più conservatrice del governo (data anche la presenza di soli tre giudici liberali).

I dissensi sono tali che i repubblicani stanno cercando di rendere più digeribili le nuove leggi attraverso proposte di aiuti economici alle madri, mentre i democratici cercano di assicurare il prima possibile il diritto all’aborto dove è ancora previsto. Decisive per le vite delle donne americane potrebbero essere le prossime elezioni di midterm che però vede al momento i democratici in svantaggio secondo i sondaggi.

Dato il clima talmente teso si è addirittura ipotizzato di emanare uno stato di emergenza nazionale sull’aborto ma più probabilmente le prossime mosse da parte del governo saranno: lo stanziamento di fondi a favore delle associazioni che promuovono il controllo delle nascite, garantire l’intangibilità dell’interruzione clinica (ovvero qualora la vita della madre fosse in pericolo) e la tutela delle rotte dell’aborto. Infatti, per chi potrà permetterselo, è prevedibile una migrazione di massa negli Stati dove l’interruzione è concessa, tant’è che le cliniche si stanno già preparando all’enorme mole di lavoro in arrivo. Anche la richiesta della pillola abortiva è schizzata alle stelle, con persone che ne fanno scorta, tratte illegali per farla circolare che si stanno creando e cliniche mobili ai confini per distribuirle in organizzazione.

E mentre si aspetta che i vari stati deliberino sull’argomento (in Luisiana e Utah la legge è stata momentaneamente sospesa dopo le denunce del Center for Reproductive Rights e al contempo la California ha inserito il diritto nella sua costituzione) e le proteste continuano senza sosta; sta creando molto scalpore la notizia della bambina di soli 10 anni, rimasta incita a seguito di uno stupro, a cui l’aborto è stato negato in Ohio in quanto gravida da sei settimane e tre giorni (in Ohio l’aborto è consentito entro le sei settimane). La piccola ora dovrà affrettarsi nel raggiungere l’Indiana dove, per il momento, la sentenza della Corte Suprema non ha ancora avuto effetto.

La questione dell’aborto non è, come precedentemente enunciato, relativa al proteggere o meno la vita ma piuttosto al potere e al controllo, assicurare le organizzazioni di destra e i vari leader religiosi uniti nel forzare le proprie ideologie su tutto il suolo americano, non troppo diversamente da come succede in quegli stessi paesi oppressivi che l’America stessa condanna.

Su TikTok, nelle ore immediatamente successive alla decisione della Corte, è diventato virale un discorso sfogo da parte dell’opinionista Ana Kasparian, risalente al 2018 ma che risulta quanto più attuale: «Sedermi qui e cercare di decifrare cosa dice il tuo piccolo libro mitico sui temi politici è come essere in uno show per clown. Non mi interessa se sei cristiano. E infatti, lotterò per te affinché tu abbia la tua libertà religiosa e possa praticare la tua cristianità», e ancora: «Sono così stanca di avere discussioni no-stop su quello che la Bibbia dice. Vivi pure la tua vita nel modo in cui tu interpreti la Bibbia: ancora, non mi interessa. Ma non hai il diritto di prendere la tua Bibbia e dirmi: “La Bibbia in questo capitolo, in questo verso, dice che…”. Non mi interessa. Non mi interessa. Non ci credo. E ho il diritto costituzionale di non crederci».

Potere, religione e controllo delle vite delle persone (specialmente delle donne) è una triade che dall’inizio dei tempi infesta la nostra società e oggi, in America ma anche in tutto l’occidente,

Ci troviamo di nuovo a dover lottare per gli stessi diritti, a difendere le nostre vite e le nostre scelte più personali di fronte a una destra sempre più conservatrice, nazionalista e forte di un accentuato consenso.

Al contrario di ieri però, la contemporaneità ci offre un supporto importante: tramite internet informazioni e offerte di aiuto circoleranno con una maggiore facilità e inoltre le donne americane che si sono viste privare di un diritto tanto importante stanno manifestando senza sosta, ogni giorno, facendo continue pressioni perché tutto torni come prima. In conclusione, non importa quanto la strada si faccia accidentata, la lotta femminista non cesserà mai.

«Tremate, tremate, le streghe son tornate» (coro femminista italiano degli anni 70) .

Alice Cutsodontis
Studentessa di marketing (perché fa figo), femminista ma soprattutto scrittrice incapace di stilare una biografia brillante.

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