Del: 17 Agosto 2022 Di: Laura Colombi Commenti: 0
Giradischi, gli album consigliati di agosto

Anche ad agosto, 5 album per tutti i gusti: Giradischi è la rubrica dove vi consigliamo i dischi usciti nell’ultimo mese che ci sono piaciuti.


Could We Be More, Kokoroko (Brownswood Recordings)

Tra gli esordi interessanti di questo agosto, impossibile non citare il lavoro del collettivo londinese Kokoroko. Ben accolto da critica e pubblico, Could We Be More è stato spesso descritto come il frutto dell’incontro tra jazz e afrobeat, ma a nostro parere è l’etichetta di musica d’ambiente a rendere meglio l’idea.

L’album sa offrire 48 minuti di musica «malinconica, dolce, serena» e contiene senz’altro molti spunti interessanti, anche perché i Kokoroko hanno voluto osare unendo nello stesso lavoro molteplici esplorazioni. Accanto a tracce più inserite nel solco della tradizione come Age of Ascent troviamo infatti le caraibiche Soul Searching e We Give Thanks, ma anche qualche ascolto meno impegnativo come la sognante Those Good Times (traccia, questa, quasi alla Tom Misch, senza nulla togliere ai motivi originali che in Could We Be More di certo non mancano).

Nel complesso un buon ascolto, anche se un po’ sovraccarico di ispirazioni e stili, che piacerà molto ai cultori della chitarra (e un po’ meno agli amanti della ritmica).


NOT TiGHT, DOMi & JD BECK (Blue Note)

A meritare almeno un ascolto è poi l’atteso e celebrato album d’esordio di DOMi & JD BECK, giovane e iconico duo nato sotto la buona stella del rapper Anderson .Paak.

NOT TiGHT è un buon ascolto drum and bass, anche se a tratti un po’ ripetitivo, ma ricco di graziose strumentali. Anche in questo caso un album non estesissimo (tre quarti d’ora) ma dall’atmosfera perfino poetica, in cui saltano all’occhio le collaborazioni d’eccezione: oltre allo stesso .Paak, la traccia MOON con Herbie Hancock che vi sorprenderà, Thundercat, Busta Rhymes e altri ancora.

Dopo quattro anni dal primo incontro tra la tastierista DOMi Louna e il batterista JD BECK, eccoci insomma approdati a un lavoro che forse avrà la forza di stravolgere la piega monotona assunta dall’hip-hop contemporaneo.


Miracle in Transit, Naked Flames (Dismiss Yourself) – recensione di Gabriele Benizio

Naked Flames realizza quello che probabilmente è il suo miglior lavoro sino ad ora. Un disco outsider house dalle tinte estive e dai toni rilassati e allegri. Il disco viene movimentato anche da un’anima techno che lo rende meno statico e pieno di vita.

Le migliori tracce del disco sono probabilmente la prima e l’ultima: in Pan Matsuri la voce in loop e il ritmo sostenuto dei bassi creano un bel quadretto insieme ai sintetizzatori e ai suoni eterei di sottofondo; Tennesse Transit ha pure lei dei bassi che danno un ritmo molto più dinamico al pezzo, che risulta però molto meno caotico. In quest’ultimo brano risalta così il synth sullo sfondo, che dà un tocco più “ambientale” che di certo non guasta.

Un lavoro davvero interessante che presenta un insieme di cose già sentite ma ben rielaborate, oltre che un bel passo in avanti nella carriera artistica della produttrice britannica.


God’s Country, Chat Pile (Flenser Records) – recensione di Gabriele Benizio

Il connubio slude metal, post-hardcore e noise rock non è cosa nuova: gli anni ’90 hanno dato alla luce molte formazioni che proponevano un incrocio fra questi tre generi in fondo così vicini, pensiamo agli Unsane, ai Breach, ai Karp, ai Cherubs, ma soprattutto ai TODAY IS THE DAY.

I Chat pile, col loro disco di debutto, si inseriscono in questa forma ibrida di punk, metal e rumore con 40 minuti apocalittici di pura disperazione e rabbia contro ogni cosa. Le chitarre, che saranno come dei rulli compressori per le vostre orecchie, svolgono il lavoro alla perfezione; la batteria dal suono meccanico introduce nel disco delle influenze industriali che risultano molto gradite. Questa commistione tra sludge e industrial ricorda forse alla lontana i Godflesh, ma l’ispirazione potrebbe benissimo provenire anche dai Big Black, la band per eccellenza a proporre un mix di post-hardcore/noise rock con influenze industrial; o perché no, anzi ancora meglio, le influenze potrebbero venire da entrambi.

Un lavoro ben riuscito, che però non spicca certo per originalità o innovazione, e a tratti suona anche un po’ derivativo. Tuttavia, se siete in vena di musica pesante o cercate un disco che possa darvi la catarsi da voi agognata, sicuramente God’s Country fa per voi.


Screamer, Babii (Gloo) – recensione di Gabriele Benizio

In questa estate torrida si sentiva assolutamente il bisogno di un prodotto fresco come questo mixtape rilasciato da Babii. Il disco segue quel filone di pop elettronico mixato alla musica dance che tanto sta attirando tutti gli artisti e le artiste più eclettici ed alternativi degli ultimi anni.

Un prodotto estremamente dinamico: si passa da dolci parti pop a isteriche combinazioni di elettronica di vario tipo. I sintetizzatori lavorano bene e il tutto è prodotto in maniera egregia.

Ad ogni modo, non a tutti può piacere questa massa di suoni, e come al solito ci sono tutti i difetti che si possono individuare in queste manifestazioni più alternative dell’elettronica pop recente, ma tutto sommato il disco è una buona uscita, degna di un ascolto per chi non disprezza questo modo di fare musica.


Laura Colombi
Mi pongo domande e diffondo le mie idee attraverso la scrittura e la musica, che sono le mie passioni.

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