Del: 18 Settembre 2022 Di: Nina Fresia Commenti: 0
Che cosa vorrebbe dire presidenzialismo in Italia

Nel programma elettorale presentato dalla coalizione di centrodestra in vista delle prossime elezioni del 25 settembre trova spazio la proposta di una riforma costituzionale che permetterebbe l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Ma quali sono le effettive differenze con le modalità di elezione attuali? E come cambia il nostro sistema di governo?

Per mezzo della proposta di legge costituzionale avanzata da Fratelli d’Italia e respinta dalla Camera a maggio, è possibile avere un’idea più chiara del progetto del centrodestra. Al momento, la Costituzione italiana prevede l’elezione del Presidente della Repubblica per mezzo del Parlamento: ogni sette anni Camera e Senato si riuniscono in seduta comune insieme ai delegati regionali per decidere il nome del futuro Capo dello Stato. Il voto è segreto e per i primi tre scrutini serve raggiungere una maggioranza qualificata pari ai due terzi dell’assemblea. Successivamente, è sufficiente la maggioranza assoluta, ovvero la metà più uno degli aventi diritto al voto.

Ciò a cui, invece, mirano il partito di Giorgia Meloni ed alleati è l’introduzione dell’elezione diretta a suffragio universale. I cittadini italiani, in questo caso, sarebbero chiamati alle urne ogni cinque anni per esprimere la propria preferenza sui nomi dei candidati selezionati.

Il nome del vincitore sarà quello che avrà ottenuto più della metà dei voti espressi e, in caso nessuno dovesse raggiungere tale obiettivo, verrà eseguita una seconda tornata elettorale che vedrà in sfida i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di votazioni.

Le candidature potranno essere presentate da un gruppo parlamentare, da duecentomila elettori, da gruppi di senatori, deputati o europarlamentari, da consiglieri e presidenti delle Giunte regionali oppure da sindaci. Inoltre, la volontà è quella di modificare l’attuale articolo 84 del testo costituzionale, abbassando l’età minima necessaria per essere eletti come Capo dello Stato, passando così da cinquanta a quarant’anni. Come già previsto, può essere designato per tale ruolo ogni cittadino italiano che rispetti il requisito anagrafico e che goda dei diritti civili e politici.

Diventa poi compito del Presidente del Senato, e non della Camera come secondo le norme vigenti, indire le elezioni novanta giorni prima del termine del mandato del Presidente in carica. Il voto deve verificarsi tra il sessantesimo e il trentesimo giorno che precede tale scadenza.

Per quanto riguarda la campagna elettorale, è delegato al legislatore lo sviluppo di una norma che regolamenti finanziamenti, spese e apparizioni televisive, di modo da garantire uguali possibilità e pari condizioni ad ogni candidato.

Altri cambiamenti sostanziali riguardano il ruolo e le funzioni che sarà chiamato a ricoprire il Presidente eletto. L’impianto costituzionale corrente delinea il Capo dello Stato come rappresentante dell’unità nazionale e garante della Costituzione. I suoi poteri vengono spesso definiti “a fisarmonica”: tendono, cioè, ad espandersi o a contrarsi a seconda del quadro politico del Paese. In ogni caso, i poteri più rilevanti indicati dalla Costituzione del 1948 riguardano i rapporti con Parlamento e Governo. Tra questi, il Presidente ha l’autorità di rinviare leggi al Parlamento, così come può rifiutare di controfirmare atti governativi in caso di dubbi circa la loro legittimità costituzionale. In aggiunta, lo scioglimento anticipato delle Camere è un diritto esclusivo del Presidente ed è suo compito svolgere una funzione arbitrale nelle crisi di governo.

Con un passaggio da sistema parlamentare a presidenziale si va necessariamente incontro ad un ampliamento dell’influenza del Capo dello Stato,

il quale andrebbe di fatto a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio dei Ministri e, quindi, ad assumerne tutte le funzioni, senza perdere quelle già in suo possesso. Inoltre, è incarico del Presidente designare un Primo Ministro, il quale coadiuverà il suo operato, e i singoli Ministri, riservandosi la possibilità di revocare questi ultimi. Questa forma di governo bicefala renderebbe il modello delineato dal centrodestra simile al regime semipresidenziale francese, differente rispetto al modello più puro statunitense.

L’idea di un Presidente della Repubblica così coinvolto negli affari di Governo ha sollevato diverse critiche, tra cui quelle di Enrico Letta, capo del Partito Democratico, il quale si è detto fermamente contrario al presidenzialismo, vedendolo come il mezzo con cui la destra potrebbe ottenere i pieni poteri e stravolgere l’assetto democratico italiano. È ovviamente di tutt’altro avviso Giorgia Meloni, che illustra il presidenzialismo come possibilità di rilanciare l’Italia, rendendola «autorevole, forte, stabile e dunque molto più competitiva». Per scacciare la paura di svolte antidemocratiche, la leader di Fratelli d’Italia sottolinea che una riforma di questo calibro e di questa importanza andrebbe implementata a partire dalla legislatura successiva alla sua approvazione.

Non sono di certo mancate anche le opinioni degli addetti ai lavori: secondo l’ex Giudice della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky, con questa riforma verrebbe deteriorata l’idea di una figura presidenziale super partes a garanzia della carta costituzionale,

in quanto il Capo dello Stato verrebbe inevitabilmente condizionato da parte del proprio partito di appartenenza nel prendere le proprie decisioni. Bisogna, però, ricordare che di per sé il presidenzialismo non è né negativo né positivo: ciò che lo rende o meno una buona forma di governo è il sistema politico al quale soggiace. I sostenitori della riforma associano l’elezione diretta del Presidente con l’avvento di maggiore continuità e governabilità per l’esecutivo, ma resta ancora da capire se rafforzando la leadership di governo si possa anche risolvere la problematica frammentarietà ed instabilità del corpo politico italiano nella sua interezza. È, in sostanza, necessario valutare se il presidenzialismo possa essere un’efficace soluzione ai nostri problemi o una dannosa deformazione.

Nina Fresia
Studentessa di scienze politiche, curiosa per natura, aspirante giramondo e avida lettrice con un debole per la storia e la filosofia. Scrivo per realizzare il sogno della me bambina e raccontare attraverso i miei occhi quello che scopro.

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