È ormai da un paio di mesi che la campagna elettorale anima la politica interna italiana. In questo contesto, tra le parole più usate – e abusate – sicuramente «giovani» è in prima linea. Eppure, c’è la percezione sottesa che vi sia una grande assente: la parola « scuola», accompagnata da «università», ancora una volta non ha trovato spazio all’interno della discussione quotidiana. Qual è il destino della scuola? Come intendono i partiti investire nel futuro dell’università e della ricerca? Vediamo insieme i punti salienti dai programmi di partiti e coalizioni che corrono per le elezioni del 25 settembre.
L’alleanza di centrodestra, composta da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e dalla coalizione « Noi Moderati» dei partiti di Giovanni Toti, Luigi Brugnaro e Maurizio Lupi, presenta con quindici slides il proprio quadro di programma dal titolo «Per l’Italia». La quattordicesima è dedicata a scuola, università e ricerca. Si tratta di una sintesi dei programmi di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Per riassumere, tuttavia, la presentazione non può che rinunciare ad una certa specificità.
Gli obiettivi sono vaghi, senza una linea guida da seguire nel momento del probabile ed eventuale governo.
L’obiettivo di «rivedere in senso meritocratico e professionalizzante il percorso scolastico» non ha alcun approfondimento, sebbene sia ripetuto in tutti i programmi dei tre maggiori partiti. Il secondo punto recita: «piano per l’eliminazione del precariato del personale docente e investimento nella formazione e aggiornamento dei docenti» – ma solo il programma della Lega, a pagina 110, approfondisce la questione. «La qualità dell’insegnamento parte da un’adeguata conoscenza di caratteristiche e sensibilità di ogni singolo studente – si legge nel programma del partito capitanato da Matteo Salvini – obiettivo impraticabile affidandosi a un esercito di supplenti, come puntualmente avviene in seguito a una politica che da tempo ha rinunciato a investire sugli insegnanti.»
«Se con l’intervento europeo – continua – arriveranno fondi importanti per le strutture scolastiche senza che parallelamente lo Stato faccia la sua parte sul fronte del personale (insufficiente e con stipendi lontani dagli standard europei), l’istruzione resta al palo. È vero che nel 2026 potrebbero servire 30 mila docenti in meno a seguito del calo demografico, per cui dovremmo addirittura ringraziare se si finanzierà lo stesso numero di lavoratori della scuola. Ma si dimentica che gli uffici scolastici sono costretti ogni anno a cercare 150/200 mila supplenti. Per non parlare delle carenze che coinvolgono il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) senza il quale le scuole neanche aprono. Le proposte normative della Lega vanno nella direzione di superare tale situazione.»
L’esigenza di personale preparato, regolarmente assunto, riguarda anche l’ambito del sostegno, a cui si fa cenno al settimo punto del programma: «maggiore sostegno agli studenti meritevoli e incapienti». Sebbene tutte le forze politiche in coalizione esprimano la necessità di mettere a disposizione degli alunni una maggiore quantità di insegnanti, soprattutto per gli studenti con bisogni educativi speciali, questo argomento non vede altre parole dedicate nei programmi
Il terzo punto è comune a tutti i programmi: ammodernamento, messa in sicurezza, nuove realizzazioni di edilizia scolastica e residenze universitarie, in cui si parla di una svolta tecnologica e di attrezzare adeguatamente le aule di scuole e università, anche all’insegna dell’inclusione degli studenti diversamente abili.
Al quarto punto si legge: «Valorizzazione e promozione delle scuole tecniche professionali volte all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro».
Con questo obiettivo Fratelli d’Italia propone diversi progetti, ma, di nuovo, senza mai specificarne i modi attuazione: si parla di un «liceo del Made in Italy», di ridurre il ciclo scolastico così da immettere gli studenti nel mondo del lavoro il prima possibile – anche attraverso una non meglio specificata riforma del sistema 3+2 delle università. Non mancano i propositi di avvicinare le scuole alle imprese e di instaurare dialoghi tra gli imprenditori privati e universitari, approfondendo i percorsi di orientamento in uscita.
La Lega, invece, propone più ore di laboratorio per gli istituti tecnici: «Riorganizzare il curricolo di studi dell’istruzione tecnica e professionale potenziando laboratori e prevedendo un’area territoriale, che consenta di adattare il percorso di studi alle esigenze del contesto territoriale e delle filiere produttive che lo caratterizzano. Favorire l’internazionalizzazione del sistema, promuovendo progetti di partenariato, gemellaggi, attività di scambio, visite e soggiorni di studio, stage formativi, esperienze di studio e di formazione all’estero, per acquisire competenze e qualifiche spendibili nel mercato del lavoro globale. Inserire l’educazione finanziaria in tutto il sistema di istruzione e formazione».
Nell’intero programma «Per l’Italia», vi è solo un punto dedicato alla ricerca, in cui si legge: «Allineamento ai parametri europei degli investimenti nella ricerca». Non ci sono ulteriori approfondimenti nei programmi: si parla solo di maggiori investimenti, di «sburocratizzazione dei finanziamenti privati» (a pagina 199 del programma Lega) e di valorizzazione del titolo di ricercatore.
Sebbene sia nei programmi di Lega, sia nei programmi di Fratelli d’Italia, si parli di un «rilancio degli studi umanistici», non ci sono punti dedicati a questo obiettivo. Invece, non possono mancare gli incentivi ai corsi universitari per le professioni STEM – Science, Technology, Engineering and Mathematics. Nel programma di Fratelli d’Italia riappare questa medesima dicitura, seguita dall’obiettivo di incrementare i programmi in doppia lingua. La Lega parla addirittura di uno stipendio dello studente: «Introdurre lo stipendio dello studente per chi è in corso, con una media di eccellenza, in lauree STEM».
«Riconoscere la libertà di scelta educativa delle famiglie attraverso il buono scuola». Il buono scuola è uno strumento già in vigore, insieme alla dote scuola, e ben diffuso nelle regioni del nord. Si tratta di un compenso in denaro concesso alle famiglie in difficoltà ma con figli meritevoli, in favore della libertà di scelta educativa. Una mossa da tempo richiesta dalle scuole paritarie che lamentano il peso della discriminazione da parte dello Stato.
L’ultimo punto – «favorire il rientro degli italiani altamente specializzati attualmente all’estero» – è dedicato alla fuga dei cervelli.
Nel programma della Lega, si propone di «invertire tale emorragia di menti in fuga», rafforzando “il finanziamento della «Terza missione» dell’Università, cioè quella di trasferimento dei risultati della ricerca e del know how scientifico rispetto all’economia dei territori con incentivi specifici per il potenziamento delle discipline scientifico–tecnologiche e assunzione di profili altamente qualificati nelle imprese e valorizzazione della spendibilità del titolo di dottore di ricerca nella pubblica amministrazione».
Se il centrodestra ha steso una sintesi dei punti principali dei diversi programmi, lo stesso non si può dire per il centrosinistra, che lascia all’elettore la lettura dei diversi programmi. Si tratta dell’alleanza tra il Partito Democratico, la coalizione Verdi–Sinistra Italiana , +Europa e Impegno Civico. L’obiettivo dell’allineamento degli stipendi degli insegnanti alla media europea accomuna centrodestra e centrosinistra, mentre sia la coalizione Sinistra–Verdi che il Partito Democratico progettano di rendere gratuita l’istruzione dal nido all’università e di estendere l’obbligatorietà scolastica fino ai 18 anni. Un obiettivo, quest’ultimo, condiviso anche da +Europa.
Un altro punto comune ai partiti di centrosinistra è l’istituzione di un numero massimo dei componenti delle classi (20 per PD, 15 per Sinistra–Verdi): «Riduzione ad un massimo di 15 alunni – recita il punto dedicato da Sinistra–Verdi – per classe e il recupero di spazi pubblici per le nuove aule per consentire una didattica realmente inclusiva, maggiormente attenta ai processi di crescita individuale, ulteriormente qualificata […] oltre che per attivare serie ed efficaci misure di contrasto all’abbandono scolastico; per raggiungere questo obiettivo, è anche necessario che venga abrogato quanto previsto dal Decreto Legge 25 giugno 2008 n. 112, art. 64, comma 6, a firma Tremonti, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 13. Norme che hanno incrementato di un punto il rapporto alunni/docente per classe e determinato l’effetto immediato della perdita di ben 86.931 posti da insegnanti con un aumento inevitabile del numero degli studenti per classe.»
Questo ci riporta al tema della precarietà scolastica, che anche il centrosinistra intende contrastare ma ancora una volta, senza riportare possibili soluzioni. Solo +Europa chiarisce qualche particolare in più circa la riforma dell’insegnamento, affermando di voler «ridurre il precariato del corpo insegnanti con la riforma del percorso di abilitazione all’insegnamento: dopo aver superato concorsi personalizzati banditi ogni anno in base ai fabbisogni, prevedendo un anno di assunzione a tempo determinato seguito da abilitazione dando così certezza ai tempi e alle modalità del percorso.» Il contrasto alla dispersione scolastica, presente in tutti i programmi, è un altro punto su cui i partiti di centrosinistra si trovano d’accordo, proponendo più tempo a scuola e aule aperte anche oltre l’orario scolastico per attività culturali e gruppi di studio.
Se si dovesse descrivere il programma del Partito Democratico con una parola, essa sarebbe gratuità: «Piena gratuità del trasporto pubblico locale per le famiglie a reddito medio e basso in base all’Isee, per le studentesse e gli studenti delle scuole medie e superiori la gratuità dei libri di testo, sempre in base all’Isee, e il pieno accesso ai servizi psico–pedagogici in maniera universale. Garantiremo l’accesso universale e gratuito di bambine e bambini alle mense scolastiche.»
Oltre ai tradizionali e già visti temi circa il potenziamento degli istituti tecnici e professionali (su cui punta molto il partito di Emma Bonino), percorsi di educazione finanziaria e alla cittadinanza e orientamento strutturato e consapevole, non può mancare la solita promessa dei maggiori investimenti nelle università, nei programmi di dottorato e ricerca. Senza, ancora una volta, fornire maggiori informazioni in merito.
Insomma, grandi investimenti, promesse di fondi, gratuità di diversi servizi; eppure, tra i programmi dei partiti citati, solo quello di Sinistra–Verdi cita la necessità di dedicare in modo diverso i fondi del PNRR destinati alla scuola.
«Cambiare radicalmente finalità – si legge – e metodologie degli strumenti INVALSI, rimettendo al centro le scuole, i loro organi collegiali, per il recupero di limiti e ritardi; occorre ribaltare l’impostazione di un PNRR che riempirebbe di soldi le scuole «meritevoli» e di inutile tutoring le scuole in maggiore difficoltà, invece di garantire organici e finanziamenti.» Il Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza appare in più punti soprattutto nella trattazione del tema dell’università: esse dovrebbero essere coinvolte nel piano per la destinazione dei fondi affinché vengano definiti progetti e risorse per gli atenei, ma anche nella riforma delle «classi di laurea» presentata all’interno dello stesso piano.
Sempre all’interno del programma di Sinistra Italiana e Verdi vi sono riferimenti a temi che risultano del tutto assenti in altri programmi: dalla modifica del sistema di valutazione fino all’educazione alla sessualità, passando per la riforma radicale dell’alternanza–scuola lavoro, nonché di quella che viene definita la «corsa ad ostacoli» per l’accesso al ruolo di docenti.
Molte promesse già viste, molti obbiettivi che appaiono inattuabili o confusi; sicuramente anche nuovi temi che vengono troppo poco affrontati perché il loro raggiungimento appaia concretamente realizzabile.
I programmi di tutti i partiti politici, con poche eccezioni, appaiono vaghi, talvolta descritti per slogan che rendono poco credibile la possibilità di una riforma vera agli occhi di generazioni che hanno assistito ad una progressiva riduzione degli investimenti dedicati all’istruzione.