Del: 11 Settembre 2022 Di: Cristina delli Carri Commenti: 2
Le regole del gioco. Come si vota il 25 settembre

Le elezioni del 25 settembre saranno peculiari per più di una ragione.

È la prima volta che gli italiani sono chiamati alle urne nel mese di settembre, proprio a ridosso delle scadenze per la redazione della legge di bilancio. Inoltre, sarà il primo voto dopo il referendum sul taglio dei parlamentari, che ha visto scendere da 630 a 400 il numero di deputati, da 315 a 200 quello dei senatori. Infine, per la prima volta anche gli elettori minori di 25 anni potranno partecipare all’elezione del Senato.

In un panorama così diverso da quello delle elezioni del 2018, qualcosa è comunque rimasto invariato: la legge elettorale. 

La legge elettorale è lo strumento che detta le cosiddette regole del gioco, che adotta cioè uno tra i vari possibili sistemi di conversione dei voti in seggi parlamentari. Se infatti i seggi oggi disponibili in Parlamento sono 600 in totale, gli elettori in Italia ammontano a circa 40 milioni. 

La legge elettorale è una legge ordinaria, quindi è scelta e votata dai rappresentanti del popolo in Parlamento. Esistono numerosi tipi di sistemi elettorali tra cui i parlamentari possono scegliere.

A grandi linee, è possibile dividere i sistemi elettorali in due grandi famiglie: da una parte troviamo i sistemi proporzionali, che favoriscono una migliore rappresentazione delle minoranze assegnando i seggi, proporzionalmente ai voti ottenuti, a tutti i partiti che hanno superato la soglia di sbarramento, ossia una percentuale minima di voti stabilita dalla legge per accedere ai seggi; dall’altra parte troviamo i sistemi maggioritari, che al contrario assicurano una migliore governabilità assegnando i seggi di ogni circoscrizione al partito che ha ottenuto più voti in quella data circoscrizione. 

In base a queste caratteristiche, il sistema proporzionale favorisce una più ampia partecipazione di partiti alle elezioni, mentre i sistemi maggioritari portano alla polarizzazione della scena politica e sono ideali nei sistemi politici bipartitici. 

Che la legge elettorale sia rimasta la stessa dal 2018 non dovrebbe sorprendere: l’Italia ha avuto la stessa legge elettorale dal 1946 al 1993, con una breve pausa eccezionale nel 1953. 

La legge elettorale scelta all’indomani della stesura della Costituzione era una legge proporzionale. Si riteneva infatti che in un Paese diviso come l’Italia, a meno di 100 anni dalla sua proclamata Unità, con grandi differenze economiche e sociali tra nord e sud e ancora ricco di minoranze linguistiche, la presenza in Parlamento del maggior numero possibile di partiti, e quindi di visioni e prospettive, fosse prioritaria rispetto alla governabilità. 

Il sistema elettorale maggioritario infatti è adottato in Paesi più omogenei dal punto di vista culturale e politico, dove il sistema bipartitico è sufficiente per rappresentare tutte le idee in gioco. Inoltre i sistemi maggioritari si caratterizzano per la presenza di leader forti che guidino i partiti, tra i quali verrà poi scelto direttamente il Primo Ministro, come nel caso inglese, o il Presidente, come negli Stati Uniti.

Ma nell’Italia reduce del fascismo, la presenza di una leadership forte voleva essere scoraggiata tanto dai costituenti quanto dalle forze politiche. 

La legge elettorale cambiò per la prima volta all’indomani degli scandali emersi dopo Mani Pulite, un’inchiesta che nella prima metà degli anni ’90 sconvolse gli equilibri politici italiani, portando alla luce una fitta trama di corruzione e tangenti che toccava la quasi totalità dei partiti di maggioranza e opposizione. 

Con Mani Pulite, il panorama politico italiano è completamente cambiato: partiti storici come la Democrazia Cristiana o il Partito socialista di Craxi sono tramontati, mentre il vuoto politico veniva riempito da nuove personalità come quella di Silvio Berlusconi. In questo contesto di grandi cambiamenti, e soprattutto con la crescente sfiducia verso le istituzioni che serpeggiava tra gli italiani a seguito degli scandali, anche la legge elettorale doveva essere modificata. 

Tra il 1994 e il 2017 si sono susseguite però ben cinque leggi elettorali, due delle quali dichiarate incostituzionali. 

Il Parlamento insomma ha fatto fatica a ritrovare una stabilità nella scelta del sistema elettorale, alternando la riproposizione del sistema proporzionale alle spinte riformiste verso il maggioritario. 

I sostenitori di una riforma costituzionale che viri verso il presidenzialismo hanno sempre spinto verso una modifica del sistema elettorale in senso maggioritario. Questa volontà è stata evidente fin dall’ingresso sulla scena politica di Forza Italia e di Berlusconi, che proprio pochi giorni fa è tornato a far parlare di sé minacciando di mandare a casa il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con una nuova riforma costituzionale. 

Le riforme di stampo maggioritario hanno favorito il fenomeno della personalizzazione della politica, per cui molti partiti oggi sono guidati da una personalità forte che si propone non solo come parlamentare, ma direttamente come Presidente del Consiglio dei Ministri. 

Nonostante l’adozione di sistemi elettorali maggioritari però, l’elezione diretta del Presidente del Consiglio non è mai stata possibile in Italia. I simboli dei partiti hanno finito per confondere gli elettori italiani, molti dei quali sembrano convinti di recarsi alle urne per l’elezione del Governo. In realtà in Italia si elegge solo il Parlamento, il quale poi darà la fiducia al Governo nominato dal Presidente della Repubblica sulla base di consultazioni con i partiti che hanno vinto le elezioni.

In assenza di una riforma costituzionale, il sistema maggioritario e la sua personalizzazione non hanno comportato in Italia un aumento della governabilità: dal 1994 ad oggi si sono alternati ben 19 governi, nonostante siano state soltanto otto le legislature (ossia il quinquennio in cui restano in carica i parlamentari eletti). 

Per migliorare la situazione di governabilità del Paese, nel 2017 il deputato PD Ettore Rosato ha proposto un sistema elettorale ”misto”, simile a quello utilizzato in Germania. 

Secondo la legge elettorale che verrà utilizzata anche il 25 settembre, 1\3 dei parlamentari verrà eletto secondo il sistema maggioritario definito «first pass the post»: i partiti si sono organizzati in coalizioni, ognuna delle quali esprime un candidato per ogni circoscrizione (qui per i candidati all’uninominale in Lombardia); in ciascuna di queste circoscrizioni, il candidato della coalizione che prenderà più voti otterrà un seggio in Parlamento. 

Per quanto riguarda la quota maggioritaria quindi è indifferente il partito votato all’interno di una coalizione: il voto andrà al candidato il cui nome è riportato in alto sulla scheda, espressione dell’intera coalizione

I restanti 2\3 dei seggi verranno assegnati ai partiti secondo un sistema proporzionale «a liste bloccate». Ciascun partito della coalizione presenta una lista di nomi che assicuri l‘alternanza dei sessi. I partiti che a livello nazionale raggiungeranno il 3% (e le coalizioni che raggiungeranno il 10%), vedranno assegnarsi un numero di seggi proporzionale ai voti ottenuti, mandando così in Parlamento i rappresentanti di circoscrizione in ordine di apparizione sulla scheda elettorale. 

Facciamo un esempio pratico:

chi vota a Milano +Europa per il Senato sta indicando di voler assegnare un seggio a Emma Bonino, ma contribuirà comunque all’elezione di Antonio Misiani del PD all’uninominale. Allo stesso modo votare Forza Italia o Lega a Milano ai fini della quota maggioritaria del Senato corrisponde in ogni caso ad un voto per Maria Cristina Cantù della Lega, ma barrare il simbolo di Forza Italia contribuirà all’elezione di Silvio Berlusconi per i seggi assegnati con il proporzionale. 

È appena il caso di specificare che per esprimere validamente il proprio voto si potrà scegliere se apporre una X accanto al nome del candidato all’uninominale per una delle coalizioni, oppure se apporla sul logo di uno dei partiti che compongono le coalizioni, mentre non è consentito esprimere preferenze in questo ambito.

Per riprendere l’esempio già fatto, se si desidera confermare la presenza al Senato di Silvio Berlusconi o di Emma Bonino si dovrà semplicemente barrare il logo del loro partito.

Non sarà possibile il voto disgiunto: apponendo ad esempio una X sia sul logo di +Europa sia sul nome della candidata leghista Maria Cristina Cantù la scheda verrà conteggiata tra quelle nulle.

Cristina delli Carri
Vegetariana, giramondo, studio giurisprudenza ma niente di serio. Se fossi un oggetto sarei una penna stilografica.

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