Il problema si pone da anni, eppure anche quest’anno sembra che la direzione della Statale sia stata colta alla sprovvista. Si torna ad assistere a studenti seduti per terra nelle aule, se non addirittura cacciati dalla lezione o costretti a connettersi su Teams dai corridoi delle sedi. Una situazione che, dopo la pandemia, ha provocato disagi e un imbarazzo generale.
In questi giorni, può essere che ti sia capitato di trovarti a seguire una lezione per terra, cercando di tenere il tablet o il pc sulle ginocchia, oppure che ti sia stato detto di lasciare l’aula per seguire la lezione in videochiamata, stavolta sul pavimento del corridoio; o ancora, può essere che un amico o un’amica ti abbiano raccontato di questa spiacevole esperienza, o che tu abbia visto delle immagini di aule sovraffollate sui social. In sostanza, dopo pochi giorni dalla ripresa delle lezioni è già evidente che ci sia un problema con la gestione di esse, in particolare quando i posti a sedere in aula non sono sufficienti per tutti gli studenti che vorrebbero seguire il proprio corso di studi. Questo problema si è verificato in diversi corsi di varie facoltà, anche se il maggior numero di segnalazioni è arrivato da quelle umanistiche, specificamente dai corsi di lettere e di filosofia.
Si tratta in realtà di un problema ricorrente ed esistente già da prima della pandemia.
Lo testimonia ad esempio un’inchiesta de L’Espresso risalente addirittura al 2013, in cui si parlava di “aule-pollaio” e di una gestione non ottimale degli spazi didattici. Pare che l’Ateneo avesse anche individuato alcune soluzioni, come il mantenimento delle prenotazioni in aula e l’utilizzo dello streaming: in una mail di pochi giorni fa, il Rettore e la Prorettrice hanno infatti ricordato la necessità di prenotare i posti per le aule e le biblioteche, rimandando ai siti dei corsi di appartenenza per maggiori informazioni; tuttavia, in assenza di una rigida verifica delle prenotazioni ed una gestione certa dello streaming, al momento l’utilizzo di questi strumenti si è dimostrato inefficace e scoordinato.
Il sovraffollamento delle aule è evidentemente un problema, per diverse ragioni.
Anzitutto vi è una ragione di tipo sanitario, perché la pandemia di Covid-19 non è finita, per quanto il tasso dei contagi sia calato negli ultimi mesi. Stando alle ultime disposizioni della direzione dell’ateneo, la mascherina e il distanziamento dei posti a sedere non sono più obbligatori, dunque il rischio di contagio potrebbe potenzialmente aumentare.
Un altro problema che si pone è quello del diritto allo studio, che rischia di subire una contrazione, se con esso si vuole includere la possibilità di seguire le lezioni in maniera dignitosa. Considerando anche le spese universitarie e quelle dei trasporti, i disordini rischiano di penalizzare ulteriormente i pendolari, i lavoratori e tante altre categorie, come già accennato nell’articolo di Vulcano sull’addio alla didattica mista, già svantaggiati dal modello in presenza reintrodotto in quest’anno accademico.
In particolare, è il modo in cui sono gestiti i collegamenti via Teams ad essere problematico: in alcuni casi infatti, se il collegamento era disponibile (è già capitato che dei professori dimenticassero di avviare la videochiamata), veniva comunicato solamente nel momento immediatamente antecedente all’inizio della lezione, impedendo agli studenti in eccesso di organizzarsi per tempo, come raccontato sulla pagina Instagram di Unisì. In sostanza, pare non esserci un protocollo fisso e comune ai vari corsi di laurea, il che ha gettato molti studenti nell’incertezza, precludendo in alcuni casi la frequenza in queste prime settimane di lezione.
La situazione attuale ha creato un senso generale di sdegno e imbarazzo.
Si considera la nomea della Statale e il fatto che, in due anni e mezzo di pandemia, si sia tornati ad assistere ad un problema che, come già detto, era prevedibile. A questo senso di indignazione generale si sono unite chiaramente le liste studentesche, che hanno dichiarato pressoché unanimemente la necessità di risolvere la situazione al più presto. Su Instagram non sono mancate infatti le reazioni alla vicenda, accompagnate da diverse immagini che mostrano l’effettiva situazione delle aule. In un articolo del Corriere della Sera di qualche giorno fa, la lista di Obiettivo Studenti ha infatti dichiarato
Quando il numero di alunni è in esubero, il docente invita i non prenotati ad uscire dalla classe, ma è impensabile che controlli le prenotazioni ad una ad una. Quindi, a volte, resta fuori anche chi è prenotato e si ritrova a seguire la lezione online dal corridoio, seduto per terra e tra il viavai. In alcuni casi è capitato che il docente non avviasse neppure lo streaming. Con questa situazione, a chi resta fuori dalla classe non è garantito in toto il diritto allo studio.
Anche Unione degli Universitari si è pronunciata in merito alla vicenda, indicando alla radice del problema l’abbandono della didattica mista, misura adottata senza la consultazione degli studenti e senza considerare l’aumento delle iscrizioni registrate dall’Ateneo, oltre alla mancata espansione degli spazi universitari.
Tuttavia, è importante sottolineare che le principali liste studentesche, nel commentare la vicenda, hanno parlato anche di possibili soluzioni che proporranno negli organi di rappresentanza dell’Ateneo.
Sempre nell’articolo del Corriere, Obiettivo Studenti ha infatti detto che proporrà, in caso di emergenza, di «prevedere, nel caso dei corsi troppo affollati, due aule una accanto all’altra, di modo che i ragazzi che devono seguire lo streaming possano farlo seduti ai banchi e nelle vicinanze dei compagni e del docente, per poter eventualmente intervenire». Un’altra dichiarazione è quella di Chiara Azzolin, eletta in Consiglio d’Amministrazione con Studenti Indipendenti, che dice:
La soluzione nel breve termine, se non si vogliono studenti accampati per terra nell’aula, deve essere quella di garantire comunque l’accesso alla didattica, quindi avere streaming e registrazioni. Infatti, quello che stiamo chiedendo è che venga estesa a tutti i corsi problematici la linea guida adottata dal dipartimento di filosofia, ovvero quella di attivare lo streaming una volta che le prenotazioni sono complete. Nello stesso tempo ovviamente bisogna assicurarsi che tutte gli spazi possibili siano a disposizione degli studenti per seguire queste lezioni (viene in mente il fatto che l’aula magna sia stata aperta per il Convegno Nazionale dei Professori di Diritto Penale, ma non come aula di lezione per corsi seguitissimi).
Il Rettore e la Prorettrice hanno dunque comunicato che, prossimamente, ci sarà un incontro con le liste studentesche, in cui si discuterà di quanto sta accadendo. In tal senso, una mail di Guglielmo Mina, rappresentante di Obiettivo Studenti in CDA, chiarisce che anche il protocollo proposto dalla sua lista sarà quello adottato nel corso di filosofia, con lo streaming disponibile all’esaurimento dei posti a sedere.
In sintesi, pare che una soluzione al problema si possa trovare, a patto che si sappiano utilizzare gli strumenti ereditati dagli anni di didattica mista, cioè lo streaming e le prenotazioni, e che si adotti una strategia chiara ed univoca sulla gestione degli spazi universitari. Quest’ultimo è stato per anni un tema ampiamente dibattuto e ripreso dai diversi collettivi della Statale, oltre ad esser stato trattato a più riprese da Vulcano, una questione che ad oggi rimane irrisolta. Inoltre, sarà fondamentale superare una diversificazione nell’approccio dei vari corsi universitari alla gestione delle lezioni, che di certo non aiuta a sciogliere dubbi e perplessità.
Pertanto, di fronte ad uno scenario che potrebbe potenzialmente protrarsi per diverse settimane, sarà necessario provare ad applicare efficacemente il modello proposto nel corso di filosofia, sperando nel lungo termine di giungere ad una soluzione definitiva. Anche perché, finché non si sarà in grado di gestire l’affluenza alle aule, a pagare il conto saranno gli studenti che, dopo gli ultimi anni, attendono di tornare a vivere a pieno l’università.