Del: 31 Ottobre 2022 Di: Tommaso Pisani Commenti: 0
Anelli del potere, dall'opera letteraria alla serie TV

A qualche giorno dalla fine della prima stagione della serie tv ambientata nel mondo creato da J. R. R. Tolkien, possiamo tirare delle fila generali e valutare a freddo e con sguardo critico quello che ci è stato presentato. Iniziamo dando un po’ di contesto senza diventare prolissi.

La serie è ambientata nella Seconda Era della Terra di Mezzo, ovvero, per collocarla temporalmente, centinaia di anni prima gli eventi narrati ne Il signore degli anelli.

Di quest’epoca non si sa molto: le poche informazioni a nostra disposizione ci vengono fornite dai libri di Tolkien che potremmo considerare meno conosciuti, come Il Silmarillion e Racconti incompiuti, oltre che dalle appendici dell’opera principale. Nonostante ciò, siamo a conoscenza degli eventi principali che accadono nel corso di quest’epoca, come la caduta di Numenor (la città donata agli uomini dai Valar – figure riconducibili agli angeli biblici) oppure la guerra tra Sauron, uomini ed elfi. È importante sottolineare prima dell’analisi della serie che quest’ultima, nella scrittura della trama, poteva godere dei soli diritti delle appendici de Il signore degli anelli, e non sarebbe quindi potuta ricorrere a materiale presente negli altri libri di Tolkien.

Ora che abbiamo qualche informazione in più, avvisando della presenza di spoilers, possiamo iniziare l’analisi cercando di capire quali siano gli aspetti positivi e quali quelli negativi della serie. Partiamo dagli aspetti problematici e quelli presunti tali: la scelta degli attori e la resa dei personaggi, la lontananza dagli scritti di Tolkien, l’introduzione di personaggi mai menzionati.

Già prima dell’uscita della serie molti fan degli scritti tolkieniani avevano mostrato rimostranze per alcune scelte di casting come la presenza di attori di diverse etnie, che si scostavano da come si erano immaginati essere effettivamente i personaggi, e per il modo in cui erano state presentate alcune protagoniste della serie, ovvero autorevole e deciso. In questo articolo non scenderemo nello specifico delle critiche perché svierebbe dallo scopo di quello che si vuole fare, ma diremo solo che sono deboli e che, se anche fossero andate a buon fine, non avrebbero in alcun modo cambiato la sostanza della serie.

Molte critiche sono state fatte in merito alla lontananza dagli scritti di Tolkien, ma non tutte, per quanto fondate, se effettivamente adottate, si sarebbero rivelate producenti.

La prima critica riguarda il fatto che Sauron si riveli essere, non troppo inaspettatamente, Halbrand, un uomo delle terre del Sud. Chi conosce gli scritti tolkieniani sa che durante la Seconda Era Sauron si finse essere un elfo chiamato Annatar, ciò per potersi avvicinare agli elfi, acquistarne la fiducia e forgiare gli anelli che successivamente avrebbe donato agli uomini e ai nani della Terra di Mezzo per soggiogarli al proprio volere. Nella serie questo però non accade per un semplice motivo: il nome Annatar non compare nelle appendici de Il signore degli anelli. Nonostante ciò, è però stato conservato l’aspetto essenziale della personalità di Sauron, ovvero l’inganno.

L’altra grande critica è legata al fatto che la Seconda Era si svolga in un periodo della durata di migliaia di anni, ma nella serie il tutto viene compresso. Questa è, purtroppo, una scelta quasi forzata vista l’impossibilità di narrare migliaia di anni nel corso di una serie tv senza renderla infinitamente prolissa e lunga (aspetto che forse ad alcuni avrebbe fatto piacere).

L’introduzione di personaggi mai menzionati è forse la problematicità maggiore della serie: nonostante si possano comprendere alcune scelte di sceneggiatura come la compressione della storia in pochi anni e la scelta, forzata, di cambiare qualche elemento, la scelta di alcuni personaggi non sempre lascia soddisfatti e, anzi, spesso si è indispettiti.

Il primo personaggio, forse il più discusso, che lascia a desiderare è lo Straniero. Per tutta la durata della stagione la sua identità ci tenuta all’oscuro (nonostante fosse abbastanza chiaro chi avrebbe potuto essere) fino a che non sembra venga rivelata alla nell’ultimo episodio.

In quest’ultimo, infatti, ci viene spiegato essere uno stregone e molti hanno visto in lui Gandalf. Ciò lascia stizziti i fan di Tolkien in quanto si spiega chiaramente che gli Istari (ovvero gli stregoni) giungono nella Terra di Mezzo nella Terza Era. Per quanto l’introduzione di Gandalf potrebbe essere un ottimo modo di legare sentimentalmente alla serie precedente di film, sarebbe un chiaro errore che potrebbe lasciare interdetti molti, soprattutto considerato il fatto che si sarebbero potute seguire strade diverse.

Un secondo altro personaggio che ha lasciato il tempo che ha trovato è stato Adar, elfo a capo di una banda di orchi. Nonostante una presentazione molto azzeccata e poco scontata (vista la nuova luce sotto cui presenta gli orchi) si è poi appiattito ed è scomparso alla fine della stagione. Anche in questo caso, gli spazi lasciati liberi da Tolkien avrebbero, forse, potuto essere riempiti diversamente.

L’ultimo personaggio, o meglio gruppo di personaggi, sono i Pelopiedi, antenati degli hobbit. Gli hobbit non hanno mai avuto un ruolo di spessore nella Terra di Mezzo fino alla Terza Era, ma nella serie giocano un ruolo fondamentale nell’aiuto che danno allo Straniero. Questa scelta non è sempre apprezzata, ma sicuramente permette, come con lo Straniero, un attacco emotivo alla serie di film.

Ora passiamo agli aspetti positivi che la serie ci ha mostrato. La caratteristica che svetta sopra tutte le altre sono le scelte fatte a livello visivo.

Ovviamente il budget ha aiutato in questo, ma la regia che possiamo definire “ambientale” è ottima. Vengono ripresi i movimenti di camera e le prospettive che hanno contraddistinto la serie di film di Peter Jackson e viene mostrata una grande capacità nell’utilizzo degli effettivi visivi. Passando alla musica, non si può che rimanerne pienamente soddisfatti: cattura l’essenza di quello che è il mondo della Terra di Mezzo e spesso regala delle piccole perle come la canzone dei Pelopiedi (che in lingua originale rende maggiormente) e la canzone alla fine dell’ultimo episodio che riprende il motivo degli anelli. Altro aspetto positivo della serie è la grande competenza mostrata nel trucco e nella creazione dei costumi che (quasi) sempre permette una chiara e semplice distinzione tra personaggi.

Dopo questa veloce e generale analisi di alcuni degli aspetti positivi e negativi della serie, non resta che rivolgere un caldo invito a vedere la serie così da farsi una propria idea riguardo a quello che viene mostrato senza cadere in pregiudizi o critiche semplicistiche.

Tommaso Pisani
Studente di filosofia del 2000. Leggo, guardo film, videogioco e semplicemente mi guardo attorno lasciando correre i pensieri e accompagnando la penna sul foglio.

Commenta