Del: 20 Ottobre 2022 Di: Nina Fresia Commenti: 0
BeReal, una possibile ricetta contro i mali dei social

28 milioni di download, oltre 20 milioni di utenti attivi mensili e quasi due milioni di accessi giornalieri: questi sono i numeri che ci mostrano come l’applicazione BeReal stia vivendo un incredibile successo, lanciando una sfida alle altre piattaforme social. L’applicazione francese sviluppata da Alexis Barreyat e Kevin Perreau è stata, in realtà, rilasciata nel 2020, ma solo quest’anno ha conosciuto una crescente popolarità, raggiungendo a luglio il gradino più alto nella classifica dell’App Store statunitense di Apple.

Ciò che colpisce è il funzionamento di questo nuovo social network, che mira a differenziarsi da tutti gli altri andando a correggerne gli effetti distorsivi.

Ogni giorno ad un orario diverso l’applicazione invia ai propri utenti una notifica che concede loro due minuti di tempo per scattare una fotografia di ciò che hanno davanti per mezzo della fotocamera esterna e contemporaneamente del proprio volto grazie a quella interna. Qualora non si dovesse pubblicare con puntualità, sopra al post apparirà l’entità del ritardo, rendendola nota alla rete di amici che ha accesso al profilo. Al ripresentarsi della notifica, la foto del giorno precedente viene eliminata e non è più visibile da altri utenti. Inoltre, è possibile verificare quanti scatti sono stati compiuti prima della pubblicazione definitiva ed è segnalato se qualcuno dei tuoi amici ha catturato uno screenshot dei tuoi post.

È evidente l’intento di BeReal di proporsi come un’alternativa più genuina e realistica rispetto agli altri social media, i cui meccanismi sono stati ormai completamente assorbiti dalla nostra società, andando spesso ad influenzarla negativamente. Ad esempio, a sostituire gli impersonali “Mi piace”, BeReal permette ai propri fruitori di reagire alle pubblicazioni degli amici per mezzo di commenti o di “RealMojis”, ovvero nostre fotografie scattate sul momento che appariranno all’interno di un piccolo cerchio sul fondo del post.

Un tentativo di andare oltre alla categoria dei “Mi piace” era stato fatto, seppur con risultati modesti, da Instagram e Facebook concedendo la facoltà di celare ai followers il numero di “Mi piace” e visualizzazioni dei propri post.

Tale decisione è stata presa per stemperare i diversi effetti negativi dei “likes”, i quali rischiano di andare ad inficiare il senso critico degli utenti, la cui attenzione si focalizza sui contenuti con maggiori consensi, mettendo in secondo piano la sostanza di ciò che vedono o leggono. Oltre a ciò, in alcune persone si scatenano sentimenti di inferiorità ed invidia nei confronti di chi ottiene più “Mi piace”, trasformando i social network in una grande competizione per accaparrarsi quanta più ammirazione possibile.

I social possono, quindi, essere dannosi: diverse ricerche hanno stabilito delle connessioni tra l’uso dei social media e tutta una serie di problematiche, soprattutto a livello di salute mentale, da non sottovalutare. In particolare, sono state individuate addirittura 46 conseguenze nocive legate ai social network, tra le quali depressione, molestie, incitamento al suicidio, cyberstalking, delinquenza, gelosia, sovraccarico di informazioni, violazione della privacy, inganno, conflitto con gli altri.

I dati parlano chiaro: con un aumento globale di casi di depressione e ansia, rispettivamente del 28% e del 26%, vi è una chiara urgenza di intervento e di ricerca dei fattori scatenanti di questo drastico peggioramento. Tra le cause trova sicuramente posto l’abuso di social media, come rilevato dalla ricercatrice Jean Twenge in uno studio pubblicato nel 2017. Secondo la psicologa americana vi è una forte correlazione tra il tempo trascorso davanti allo schermo e le probabilità di sviluppare i sintomi della depressione. Gli studenti e le studentesse di terza media che passano un’abbondante porzione di tempo sui social network vedono aumentare il rischio di depressione del 27%, mentre il fattore di rischio suicidario per gli adolescenti che passano più di tre ore giornaliere davanti a dispositivi elettronici cresce del 35%. Secondo Twenge sarebbero il timore di essere tagliati fuori dalla propria rete di amicizie e la possibilità di constatarlo osservando i movimenti altrui per mezzo dei social ad incrementare solitudine ed isolamento tra giovani.

L’essere umano ha un forte bisogno di instaurare forme di contatto con i propri simili e le piattaforme social sembrano rendergli estremamente facile farlo:

è possibile accedere ad Instagram, Facebook, Twitter a qualsiasi ora del giorno e scoprire cosa stanno facendo gli altri. Tuttavia, sembra proprio che sia l’opportunità di essere sempre connessi ad aver contribuito al diffondersi di disturbi mentali. Un esempio in questo senso è dato dalla FOMO, acronimo di “Fear Of Missing Out”, ovvero una condizione di ansia all’idea di non vivere gradevoli e stimolanti esperienze che altri stanno sperimentando. Da questa agitazione sorge una forte necessità di rimanere agganciati agli altri tramite la visualizzazione delle loro condivisioni su Internet, rendendo i soggetti che vivono l’esperienza della FOMO schiavi di un controllo compulsivo e maniacale del proprio smartphone. È, infatti, solo con l’accesso ai social network che lo stato di tensione viene smorzato.

Altro aspetto di assoluto rilievo che emerge è che le categorie più danneggiate da disturbi mentali sono i più giovani e le donne. Anche in questo caso il web c’entra qualcosa: è chiaro che per mezzo dei social network è stato più facile stabilire ed imporre nuovi standard di bellezza che sono diventati via via sempre più irrealistici. La visione di corpi e visi privi di imperfezioni e le più variegate proposte di routine alimentari insostenibili con l’obiettivo di perdere peso vanno ad impattare soprattutto sulle generazioni più giovani, ovvero quelle più vulnerabili dal punto di vista della percezione della propria immagine. Forse è anche per questo motivo che a febbraio 2021 si è registrato un aumento di diagnosi di disturbi del comportamento alimentare del 40% rispetto al 2019.

Ma anche i ritmi di vita vengono sottoposti al giudizio dei social: si vuole sempre mostrare il nostro lato migliore, la posa meglio riuscita, la vitalità della nostra vita sociale.

In questo continuo tentativo di spettacolarizzazione della propria esistenza, BeReal tenta di riportarci alla realtà, aprendo giornalmente una finestra sulla vita di ciascuno e permettendo di scoprire che spesso i contenuti online sono costruiti, poco veritieri.

Questa nuova piattaforma non nasce per essere spulciata ore ed ore, ma cerca di soddisfare la nostra curiosità di indagare su ciò che fanno gli altri, di stabilire contatti con loro, ma senza incentivare l’uso immoderato del social media. BeReal nasce proprio per essere noioso, per mostrare anche la banalità del quotidiano.

Certo è che, seppur gli intenti siano validi, la messa in pratica risulta sempre più difficile della teoria. Ma la proposta e l’incentivo a mostrarci senza filtri di alcun genere potrebbe essere un primo passo verso l’acquisizione di una maggiore consapevolezza e degli strumenti necessari per vivere i social network, eludendo tutte quelle componenti dannose per noi stessi e per gli altri.

Nina Fresia
Studentessa di scienze politiche, curiosa per natura, aspirante giramondo e avida lettrice con un debole per la storia e la filosofia. Scrivo per realizzare il sogno della me bambina e raccontare attraverso i miei occhi quello che scopro.

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