Già a poche ore dalla chiusura dei seggi e dall’inizio dello spoglio delle schede elettorali, era evidente che le elezioni del 25 settembre fossero in mano alla coalizione di destra ed in particolare a Fratelli d’Italia. Infatti, fin da subito i giornali hanno iniziato a parlare di Governo Meloni e della prima donna Presidente del Consiglio in Italia.
Ma questa retorica si basa su presupposti errati e non fa altro che rafforzare il fenomeno di personalizzazione della politica che ha caratterizzato il panorama italiano negli ultimi 20 anni.
Giorgia Meloni, leader del primo partito in Italia per numero di voti, il 25 settembre non è diventata automaticamente Presidente del Consiglio e non è detto che lo diventerà necessariamente, anche se ci sono altissime probabilità. Il procedimento di formazione del Governo segue un iter ben affermato nella prassi, in cui i poteri del Presidente della Repubblica, che non a caso vengono definiti elastici, si estendono o si contraggono a seconda della legge elettorale utilizzata e del tipo di maggioranza presente in Parlamento.
La XIX legislatura inizierà ufficialmente il prossimo 13 ottobre, quando per la prima volta i nuovi parlamentari eletti si riuniranno presso la Camera e il Senato. In questa sede formeranno i nuovi gruppi parlamentari ed eleggeranno i rispettivi Presidenti.
I Presidenti del Senato e della Camera ricoprono una carica non secondaria nel panorama istituzionale italiano; infatti, sono definite rispettivamente la seconda e la terza carica dello Stato dopo il Presidente della Repubblica. Oltre a moderare le discussioni, dirigere i lavori e mantenere l’ordine nelle Camere, il Presidente del Senato è il sostituto del Presidente della Repubblica in caso di sua assenza, mentre il Presidente della Camera presiede anche le riunioni del Parlamento in seduta comune, dove si elegge tra l’altro proprio il Presidente della Repubblica.
Fino al primo Governo Berlusconi, il ruolo di Presidente della Camera veniva assegnato al leader del principale partito all’opposizione, o comunque ad un personaggio delle istituzioni, slegato dalla maggioranza di Governo. Questo paradigma è stato abbandonato a partire dalla seconda Repubblica, ma c’è chi pensa che proprio in occasione della nuova legislatura il ruolo potrebbe essere ricoperto da un esponente della minoranza.
Una volta eletti i Presidenti delle Camere, il Presidente della Repubblica inizia le consultazioni per la nomina del Presidente del Consiglio dei ministri: il ruolo, infatti, non è conferito automaticamente al leader del partito vincitore, ma è frutto di una mediazione tra partiti e istituzioni e in parte anche della discrezionalità del Presidente della Repubblica. La legge elettorale ideata all’indomani della Costituzione era una legge proporzionale, il che avrebbe dovuto evitare di semplificare la formazione del Governo al punto da avere il leader di un partito come scelta obbligata. Il Rosatellum invece, cioè la legge con cui si è votato il 25 settembre, ha impostato un sistema misto, fatto di una quota maggioritaria e una quota proporzionale. Mentre nel 2018 il sistema non aveva portato ad un’agevole nomina del Consiglio dei ministri (ci vollero infatti circa tre mesi), quest’anno il risultato della destra e di Fratelli d’Italia è plateale.
Tuttavia, la ben affermata maggioranza non distoglierà Mattarella dal suo dovere di consultare alcune personalità, prima di affidare l’incarico di formare il Governo. Verranno invitati al Quirinale prima Giorgio Napolitano, in qualità di ex Presidente della Repubblica, poi i neoeletti Presidenti di Camera e Senato, chiamati a relazionare sulla formazione dei gruppi e sulla situazione di equilibrio del Parlamento (da qui si evince l’importanza che sin da subito ricoprono), ed infine i leader dei principali partiti emersi dalle elezioni, in ordine scelto discrezionalmente dal Presidente della Repubblica.
Ecco che quindi gli equilibri interni alla coalizione di destra faranno la differenza nella formazione del nuovo Governo e nella scelta del Presidente del Consiglio: Giorgia Meloni sarà Presidente solo se sostenuta almeno da Berlusconi e Salvini, che dovranno permetterle di raggiungere questo traguardo, il che non è scontato.
Le coalizioni non hanno l’obbligo di rimanere unite anche dopo le elezioni; infatti, ciascun partito ha presentato il proprio programma elettorale, diverso anche da quello degli alleati. Inoltre, i partiti della coalizione di destra sono stati finora divisi tra maggioranza ed opposizione: mentre Lega e FI appoggiavano il Governo Draghi, Fdl è sempre rimasto all’opposizione e proprio da questo deriva il suo grande successo elettorale. I programmi dei tre partiti di destra non sono perfettamente allineati e i tre leader sono tutti egualmente ambiziosi. Per fare un esempio tra tutti, per ottenere l’appoggio della Lega, Meloni dovrà assicurarsi di trovare un buon ruolo per Salvini, ancora formalmente alla guida del suo partito ma di fatto fortemente osteggiato sia dalle correnti interne sia dai fatti esterni: Salvini è ancora imputato nel processo penale per aver impedito di attraccare in Italia ad una nave dell’ONG di Open Arms che aveva a bordo dei profughi.
Insomma, parlare di Meloni Presidente è ancora prematuro; il rischio – seppur abbastanza remoto – è che la leader di Fdl sia costretta a cedere l’incarico ad una figura più neutra e meno in vista per accontentare gli alleati, come successe nel 2018 quando il M5S indicò come Presidente Giuseppe Conte, all’epoca completamente sconosciuto.
A complicare la situazione per Meloni è sicuramente la legge di bilancio, il cui iter di formazione è iniziato ormai da mesi e il cui disegno di legge dovrà essere presentato entro il 20 ottobre, proprio nel periodo di individuazione del nuovo Governo.
Come già detto, Meloni è sempre stata all’opposizione rispetto al Governo Draghi, ma il nuovo Governo creato grazie alla sua maggioranza sarà comunque vincolato al bilancio redatto in questi giorni dal predecessore.
Insomma, dopo mesi passati all’opposizione, sarà difficile per Meloni staccarsi dall’operato di Mario Draghi in maniera netta. Vincolato al suo bilancio, costretto a adottare un profilo più neutro ancor prima di ricevere l’incarico, il nuovo governo di destra dovrà subito abbandonare la carica reazionaria che ha portato i suoi componenti a vincere le elezioni soltanto pochi giorni fa. Non resta che aspettare di conoscerne i ministri e scoprire come si comporterà la prima donna Presidente del Consiglio (se davvero ne avremo una).