Del: 26 Ottobre 2022 Di: Chiara Del Corno Commenti: 0
La Russia per Politkovskaja e i posteri di una catastrofe predetta

Anna Politkovskaja non ha quasi bisogno di presentazione, specialmente negli ultimi tempi. Forse non tutti conoscono la sua vita di attivista per i diritti umani e il suo vivo interesse per le guerre in Cecenia; anzi, può darsi che sia più tristemente celebre la sua morte, datata al 7 ottobre 2006: cinque colpi di pistola a freddo nell’ascensore della sua casa, uccisione che si riconduce alla sua dissidenza nei confronti del governo di Vladimir Putin.

Tuttavia, in quest’anno, a farci occhio, la sua figura ha campeggiato nelle grandi case editrici e nelle vette delle classifiche editoriali: passeggiando fra i libri, esposta ovunque negli ultimi tempi vi è la nuova ristampa Adelphi de La Russia di Putin, libro fatto pubblicare dalla giornalista nel 2004 e stampato in Italia nel 2005 ne La collana dei casi. In primavera 2022, a ridosso dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina, il saggio appare tra i libri più venduti, quasi fosse un lugubre preveggente di una catastrofe annunciata, di cui Politkovskaja interpreta quindi una dolente e determinata Cassandra.

La figura di Anna Politkovskaja diventa immediatamente dopo la sua morte un simbolo di coraggio e dissidenza a livello internazionale.

Carrere lascia alla giornalista l’apertura del suo popolarissimo Limonov, riflettendo come Politkovskaja rappresenti ormai «un’icona della libertà di espressione». L’incipit, infatti, che introduce al reportage che lo scrittore francese fu incaricato di compiere sul suo assassinio, è in ossimorica e forse inquietante antitesi con l’epigrafe di apertura del romanzo stesso:

Chi vuole restaurare il comunismo è senza cervello. Chi non lo rimpiange è senza cuore.

Vladmir Putin

Ma andiamo ai fatti. Lucida interprete della realtà contemporanea, Politkovskaja vedeva il consolidarsi del governo putiniano come autoritario ed invasivo, nonostante le apparenti buone relazioni che esso intratteneva con l’Occidente. La guerra russa in Cecenia, che Politkovskaja seguiva in quanto inviata speciale della Novaja Gazeta, un giornale indipendente moscovita, era l’emblema di una politica russa all’insegna della violenza e della minaccia ai diritti umani. Entra a far parte di comitati per la difesa dei diritti umani e di associazioni di soldati mutilati e di madri dei soldati uccisi nelle guerre; il 23 ottobre del 2002 viene chiamata nel tentativo di mediare fra i separatisti ceceni asserragliati dentro il teatro della Dubrovka di Mosca, emergenza che si risolve sotto governo putiniano con 170 morti fra civili e ceceni a seguito dell’utilizzo di gas.

Per Adelphi di Anna Politkovskaja è stato pubblicato Per questo (2009), una raccolta di articoli editi e inediti riguardo al periodo dell’ascesa putiniana (dal 1999 al 2006), Diario russo (2007) e La Russia di Putin (2005). In La Russia di Putin, Politkovskaja dà spazio a resoconti storici, militari e quotidiani russi che si ricongiungono nell’ultimo capitolo nella figura di Putin.

Si parla del teatro della Dubrovka, dei morti ceceni, della nuova mafia di stato e della nuova classe borghese.

Pubblicato inizialmente presso una casa editrice inglese e scritto a sua volta in inglese, la giornalista intendeva rivolgersi direttamente al pubblico occidentale per smascherare l’autoinganno di vedere in Putin il paladino di un progetto di Russia democratica iniziato con la perestroika di Gorbaciov. Il disprezzo dei diritti umani da parte del presidente viene accompagnato anche dal racconto della sua quasi squallida ascesa politica, che affonda le sue radici in un mandato come ufficiale del KGB e dei servizi segreti fino ad essere capo di un vero e proprio regime.

In Diario russo, scritto anch’esso in inglese, si tematizza la diminuzione progressiva della libertà di espressione e opinione mano a mano che il regime si fa sempre più soffocante. Nel Diario, si documenta puntualmente la sanguinosa catabasi della morte definitiva dei principi democratici ripercorrendo le tappe degli abusi di potere, di una giustizia e una politica sempre più di regime e della realtà spietata della guerra che risveglia nel lettore una sensazione di costante allerta.

Se per Anna Politkovskaja l’unica via per parlare della verità era seguire le orme di un giornalismo “sanitario”, che guardasse quindi al vero che si imprimesse nella memoria grazie anche alla forza dello stile, il pensiero e la testimonianza della giornalista moscovita risuonano tristemente attuali, quasi in una conturbante premonizione, e sono fonte di preziosa riflessione per chi volesse comprendere quella che si è rivelata essere, sotto ogni senso, la Storia contemporanea.

Chiara Del Corno
Studio Lettere, ma non saprei scegliere il mio libro preferito, adoro i bei film e fosse per me in sottofondo avrei sempre musica. Se sono a zonzo, mi trovate sempre in bicicletta, amo scrivere perché mi rende curiosa e amo curiosare perché poi mi fa venire voglia di scrivere.

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