Sempre più pare che lo stato d’animo della nostalgia ci attragga. I brand, captando questa nostra inclinazione, ci catturano con campagne di nostalgia marketing sempre più creative. Nostalgia per la Treccani rappresenta il “desiderio acuto di tornare a vivere in un luogo che è stato di soggiorno abituale e che ora è lontano”, per alcuni brand invece diviene parte di una strategia di marketing, per di più efficace. Vari, infatti, e curiosi sono i casi di successo: da Pokemon Go, definito dal New York Times il primo prodotto di nostalgia per il consumo di massa per i millennials, alla campagna #ForeverGuilty del noto marchio di moda italiano Gucci.
Sebbene l’origine della parola risalga alla combinazione dei due lemmi greci “ritorno” (nostos) e “dolore” (algos), la nostalgia dipinge uno stato d’animo che brama rivivere un passato, un desiderio dunque vivido di tornare ad un momento indietro nel tempo già vissuto o meno.
Non si tratta di una malinconia distruttiva, bensì la nostalgia, come dimostrato da uno studio di Mitchell e Thompson, è in grado anche di generare una percezione positiva in relazione al futuro. In effetti, ciò che si è già vissuto spesso si ricorda in termini positivi, perché si basa su uno stato emotivo anziché sull’effettivo sviluppo degli eventi, secondo una logica adattiva per cui il nostro cervello rimuove i particolari più spiacevoli e lascia spazio solo a quelli più dolci da ripensare. La nostalgia, dunque, pare quasi farci bene, tanto che un recente studio dimostra come i film, la musica e gli show televisivi del passato creino proprio un senso di “comfort” in chi ne consuma.
La diffusione di questo anche piacevole sentimento è preponderante sui social: di fatti l’hashtag #nostalgia conta oggi su Instagram più di 17 milioni di post. Non solo virtuale ma anche quotidiano e concreto, l’innamoramento per il sentimento nostalgico pare evidente anche nel ritorno di determinati oggetti che parevano ormai tramontati: uno fra tutti il vinile.
Gli esperti di marketing hanno dunque colto la tendenza e ben intuito la maniera in cui la sicurezza e la familiarità spesso associate allo stato d’animo nostalgico possano essere strumenti economicamente redditizi.
Come può la nostalgia catturare così efficacemente l’attenzione del consumatore? La risposta non è semplice da rintracciare poiché la ricerca risulta scarna e spesso in disaccordo. Infatti, si possono identificare tre diverse correnti di pensiero. Per una parte della letteratura la chiave per attrarre il target di riferimento è il riferimento di un brand al passato inteso come il suo patrimonio storico; altri studiosi sottolineano l’incidenza di un’identità di marca rétro, capace di restare al passo con i tempi pur riaffermando tratti caratteristici che si riagganciano ad un “prima” e che generano un sentimento in grado di conquistare il consumatore. Infine, il filone di ricerca più innovativo pone l’accento su una sorta di nostalgia multimodale che giunge efficacemente al cliente: contemporaneamente retrospettiva e malinconica, ma anche lungimirante e utopica.
Ad ogni modo, il “nostalgia marketing” può specificamente essere inteso, come suggerisce Carlo Meo, come una precisa branca del marketing che “guarda al passato per alimentare i consumi del presente”.
Vari brand si sono avvalsi di questa strategia e ne hanno giovato: un esempio è il noto fast food, Burger King, che ha operato a livello di restyling del proprio logo adottando un look rétro che invoca i vecchi tempi. Non è soltanto una scelta estetica bensì un rebranding integrale di identità visuale, menu, decorazioni, che mira a conquistare il target attraverso i valori old school. «Abbiamo esplorato diverse alternative di design, ma continuato a ritornale all’iconico logo originale del brand dal 1969 al 1994, quando Burger King appariva al meglio di sè», ha affermato l’agency creative director di Burger King.
Altro colosso che ha fatto leva sulla nostalgia a più riprese è evidentemente Nintendo. Nel 2016 ha esplicitamente rimesso in commercio delle versioni di sistemi di gioco vintage, compresi quelle degli anni 1980 e 1990. Persino Apple ha stimolato lo stato d’animo della nostalgia nel pubblico attraverso la campagna pubblicitaria che comprendeva Cookie Monster cucinando biscotti lasciandosi guidare da Siri. Anche Ford, lanciando la campagna #unFordgettable, ci invita a fare un tuffo nel passato e precisamente negli anni ’90, attraverso l’ausilio di pc fissi, telefoni e floppy disk del periodo. Per fare un esempio tutto italiano è possibile citare la San Carlo, che in un Ads su Facebook ammicca ai millennials invitandoli a taggare gli amici dell’infanzia e a raccontare ricordi che abbiano a che fare con “pallone, amici di sempre e le Due a Due per merenda”.
La maggior parte degli sforzi dei business per conquistare il cliente attraverso la nostalgia sono risultati efficaci e la ricerca, in accordo con ciò che è emerso sino ad ora, afferma che la nostalgia predispone le persone a spendere di più.
Diceva George Ball, “nostalgia is a seductive liar”, ed è dolce lasciarsi a volte guidare da una bugia, dalla promessa di un passato che non può tornare e mai forse è stato tale. Quei good old days non possono tornare, non sono neppure mai stati vissuti in prima persona da chi ne invoca il ritorno, ma sono il simbolo di valori che vorremmo riabbracciare. Ricerchiamo il passato perché forse è il futuro a spaventarci: i ricordi, per quanto rielaborati, profumano di sicurezza e suggeriscono stabilità.