Il 5 di ogni mese, 5 libri per tutti i gusti: BookAdvisor è la rubrica dove vi consigliamo ciò che ci è piaciuto di recente, tra novità e qualche riscoperta.
La Via della Narrazione, Alessandro Baricco (Feltrinelli) – recensione di Matilde Elisa Sala
Il più delle volte si pensa che per narrare qualcosa servano solo del talento, un’idea vincente e una mente fantasiosa. Ma l’unione di questi tre elementi, sicuramente molto utili se non necessari, non porterà a nulla di efficace senza porsi prima una domanda: cos’è la narrazione?
Forse è difficile dare una definizione valida in modo universale. Si può narrare scrivendo, raccontando, ma anche ascoltando, leggendo o insegnando. Sembra quasi strano persino a dirsi, eppure sì, si può insegnare a percorrere la Via della Narrazione.
La narrazione, o i generi letterari, non esisterebbero senza prima imparare a costruire lo spazio della storia, definire una trama e scegliere uno stile di riferimento.
In questo saggio, trascrizione di una lezione tenuta alla Scuola Holden, Baricco si sofferma sulla spiegazione di ogni singola tappa di questo percorso, focalizzandosi in particolar modo su cosa realmente significhi insegnare questa disciplina. Attraverso le sue parole sembra quasi che la narrazione prenda vita, che chiunque possa imparare a padroneggiarla e a conoscerla sempre più a fondo.
I’m Glad My Mom Died, Jennette McCurdy (Simon & Schuster) – recensione di Giulia Scolari
La famiglia McCurdy vive il sogno americano quando la piccola Jennette si dimostra essere in possesso di talento per la recitazione. La madre e la figlia hanno finalmente la possibilità di portare ad un livello estremo il loro rapporto simbiotico condividendo non solo il sogno di sfondare nel cinema, ma anche il segreto per non crescere (e di conseguenza staccarsi) mai: il controllo delle calorie. Il memoir della star di Nickelodeon che ha fatto compagnia ad una generazione si racconta tramite i quattro occhi suoi e della madre per mostrare i retroscena di una vita che non ha scelto e che di invidiabile ha avuto ben poco. L’autrice si spoglia con ironia e cinismo e non nega di avere ancora tanta strada da fare, riesce a mostrare i progressi della sua autoconsapevolezza senza bisogno di aggiungere commenti: la narrazione degli anni della sua infanzia è quasi corale, la voce è quella di gemelle siamesi che interpretano secondo i loro sguardi spesso “febbrili” la realtà. iCarly non rappresenta solo il successo, ma lo schiudersi di un guscio che permetterà alla giovane Jennette di scoprire il mondo – pagandone il durissimo prezzo. Ne esce un memoir schietto e a tratti pesante da digerire, un bellissimo ritratto di Miranda Cosgrove contrapposto a conferme della pochezza di altri personaggi. È con una furba dose di gossip tra le rivelazioni macabre che ci si conferma narratori credibili: in McCurdy un po’ di quella Sam dalla quale vuole prendere le distanze c’è eccome, ma forse siamo solo noi che le siamo troppo affezionati.
Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più, Michela Murgia (Einaudi) – recensione di Jessica Rodenghi
Spesso ci raccontiamo che, in fondo, il linguaggio non è così importante, abbiamo problemi più grandi, si perde tempo a inseguire questioni di lingua. Michela Murgia non è d’accordo: non chiamare le donne in modo rispettoso e adeguato è una morte civile. Ogni capitolo analizza una delle frasi che tutte ci siamo sentite dire, come “io non sono maschilista, ma…”, o anche “non fare la maestrina”, “era solo un complimento”. Sottigliezze che ci ricordano come, in fondo, la società italiana abbia ancora fondamenta patriarcali, sedimentate da secoli nella lingua italiana.
Un’analisi lucida, precisa, che vuole smontare gli stereotipi e i pregiudizi che, ancora, ci lasciano attaccati ad un linguaggio fortemente sessista.
I draghi, i giganti, le donne, Wayétu Moore (Edizioni E/O) – recensione di Giulia Scolari
“La morte non è la fine” pensa la piccola Tutu mentre è costretta ad attraversare nell’ombra i villaggi limitrofi a quello in cui ha sempre vissuto per scappare da una guerra che non si sa spiegare. Ci sono verità che si comprendono da bambini e poi si passa la vita a cercare di afferrarne la profondità e questo è proprio quello che succede in questo libro: la piccola Tutu in un qualche modo sapeva più di Wayétu, che deve tornare indietro alla guerra e farsi aiutare dalle immagini dei suoi occhi di bambina. Parte dai draghi: i ribelli che ricercavano il potere e volevano abbattere il re a costo di sacrificare chiunque li intralciasse; il razzismo sistemico negli Stati Uniti che ferisce come armi da fuoco. Continua coi giganti: Gus, il papà che protegge le sue bambine e non fa preoccupare Mam, che tiene testa ai ribelli e non mostra le sue debolezze in un paese che lo rigetta. Termina con le donne: le donne che hanno dedicato la loro vita a salvare i civili durante la guerra, le donne che cercano migliore fortuna attraversando l’oceano per studiare, le nonne che raccontano alle nipoti che poi diventano nonne e raccontano alle nipoti e ancora. Le semplici immagini di Tutu aiutano Wayétu a comprendere la realtà complessa, prima della guerra e poi dell’amore: è vedendone chiaramente l’altro lato – quello del dolore, della perdita, del compromesso, dell’abbandono – che si capisce davvero il lato gentile. Moore ha una bellissima voce che sa essere bambina audace prima e adulta spaesata poi, con tutto ciò che sta nel mezzo. La sua penna è connubio tra Chimamanda Ngozi Adichie e Arundhati Roy, ma sublima entrambe aggiungendo l’ingrediente più ricercato da tutta la letteratura: la vita vera.
Delitti a Fleat House, Lucinda Riley (Giunti) – recensione di Matilde Elisa Sala
Il giovane Charlie Cavendish è stato trovato morto nel cupo dormitorio di Fleat House. Nella scuola scatta subito l’allarme: i poliziotti ritengono che il ragazzo sia stato assassinato e che il colpevole sia ancora in circolazione. Solo l’ispettrice Jazz Hunter ha il talento e il sesto senso adatto per risolvere il mistero. Ma Fleat House nasconde in realtà segreti più profondi, sepolti per anni negli scantinati più bui, pronti ora a riaffiorare in superficie.
Scritto nel 2006 ma pubblicato solo quest’anno, il romanzo è l’ultima opera proveniente dalla penna di Lucinda Riley, scomparsa lo scorso anno. Conosciuta principalmente per la saga fantasy de Le Sette Sorelle, la scrittrice si conferma meritevole di tutto il successo che ha ottenuto grazie anche a questo giallo. Non mancano colpi di scena, anche se diversi indizi, pian piano sempre più evidenti, vengono disseminati tra i capitoli del romanzo. Iconico il personaggio dell’ispettrice Hunter, pronta a farsi valere in un mondo lavorativo connotato da un forte maschilismo. Insomma, un ottimo giallo che sicuramente non deluderà chi ama questo genere.