Del: 18 Novembre 2022 Di: Luca Pacchiarini Commenti: 0

Del rave di Modena tanto si è detto e tanto si è discusso. La politica ha agito con i modi che ci si aspetta: la destra ha fatto la destra, criminalizzando tutto ciò che poteva, e la sinistra ha fatto la sinistra, ovvero ha risposto alla destra in maniera timida. Il decreto-legge non necessario è partito e la musica techno pare sinonimo di terrorismo per Palazzo Chigi. Tuttavia, una cosa del tutto ordinaria è successa: con l’andare avanti delle notizie e delle vite già non se ne parla più, le impellenti preoccupazioni si sono spostate verso altro, il clima delle chiacchiere su queste feste si è raffreddato. Quindi è forse questo il momento migliore per rifarsi una domanda, tanto semplice quanto banale, e rispondersi a mente fredda: com’è stato questo rave effettivamente?

Per rispondere ecco un resoconto di mezza giornata al rave di Modena, precisamente dalle 15 fino alle 23 di domenica; questa non mira ad essere una descrizione precisa e completa di cosa siano questo tipo di eventi, della cultura che vi è dietro e di cosa rappresentino, ma solo un resoconto di impressioni e situazioni vissute da chi ci è andato per la prima volta.

Nonostante il blocco della polizia subito dopo il casello di Modena Nord, l’ingresso al rave è piuttosto semplice: si attraversa un campo e, nel giro di pochi minuti, ci si avvicina ad un grande capannone abbandonato. Intorno ad esso si è costituito un vero e proprio paese che, al posto di case, è costituito da numerose macchine, tende, roulotte e camper; questo perché molte persone sono lì dall’inizio dell’evento (il sabato sera precedente) ed hanno il progetto di restarci fino alla fine del tutto. Ma non è solo un agglomerato di elementi, c’è molto di più, un’intera mini-società momentanea: c’è chi vende quadri, magliette, orecchini e cibo (la varietà è enorme qui, da chi vende noodles a chi arrosticini abruzzesi, ma anche arancini, carbonara, panzerotti e pizza fritta). In questo paese temporaneo la gente si riposa, principalmente, dormendo e stando in compagnia con i propri amici o persone appena conosciute chiacchierando, fumando, passeggiando in giro. Vengono usate varie sostanze stupefacenti, tra le principali viste si possono nominare ketamina, marijuana, MDMA (o ecstasy), cocaina, speed e alcolici. Per tutto il campo vi è grande libertà: senza doversi nascondere ci sono persone che si fanno, persone che mangiano vicine, chi passeggia ed anche chi vende sostanze: un esempio molto curioso visto è stato un ragazzo che girovagava con un vassoio, pieno di diverse pastiglie (probabilmente MDMA) e che le dava a chiunque chiedesse. Tranquillamente si riesce ad avvicinarsi al capannone e, sempre meno è la distanza, sempre più aumenta la musica.

All’interno vi sono altre tende, altri camper e, soprattutto, colonne di casse. Numerosi gruppi di casse formano dei muri, alti sei metri, a coprire quasi l’intera lunghezza del capannone, e sparano 24h musica tekno (o free tekno) a volumi altissimi.

Sotto le casse numerose persone ballano a ritmo: continuamente c’è una folla che senza inibizioni si diverte saltando, dondolandosi e muovendosi ognuno come si sente (va da sé che la sera e la notte ci son più persone che la mattina e il primo pomeriggio); lo spazio è ampio, la musica forte e nessuno sta lì a commentare nessuno, quindi si può vedere chiunque: da chi balla benissimo a ritmo a chi è del tutto scoordinato ma si diverte, da chi non balla a chi si muove prendendosi tutto lo spazio che riesce. Sotto cassa c’è più calca, vi sono persone che mettono la testa dentro e chi si avvicina per andarsene subito dopo; qui però si può sperimentare qualcosa di molto particolare: poiché le casse sono assai potenti e la musica messa ha bassi che vanno molto in basso, quando i drop puntano su di essi può succedere che si senta l’aria stessa che vibra, portando la mano vicino ad una cassa si sentono i peli del braccio muoversi e sulla pelle si percepisce la musica, il muoversi dell’aria: in un certo senso si sta toccando la musica.

La tekno continua incessantemente, quindi dopo qualche ora di ballo si esce a riposarsi e, tendenzialmente, questa è la prassi: ballare, riposarsi, ballare.

Anche molto altro oltre la gente che balla

Forse per tutto questo ci si può spingere a dire che un rave party non è solo un party, ma qualcosa di più. Una comunità si crea intorno all’evento, persone che non sono accomunate solo dai gusti musicali, ma da posizioni comuni: non si vergognano di mostrare che utilizzano sostanze, di ballare in modo scoordinato, di sporcarsi vivendo per giorni in un campo di terra e cemento.

Persone diverse che esistono ovunque ma che qui, ad un rave, possono trovare un’isola in cui non solo incontrarsi, ma creare qualcosa di veramente alternativo in cui sentirsi bene, una possibilità che nella società di tutti i giorni è difficile trovare (e qui è calzante evidenziare un elemento: il rave è del tutto gratuito, chi organizza tale evento rischia pene importanti, mette grande impegno per poi non imporre nessun biglietto all’ingresso). In un’intervista fuori dal capannone, fatta il giorno dello sgombero, alla domanda: c’era droga?, due ragazzi hanno risposto, parafrasando: «Che si può dire? Non ha senso chiedere se c’è droga ad un rave, è ovvio che c’è. Ma perché? Non gira droga in Italia? Non c’è droga in discoteca la sera? Non c’è droga sotto casa mia?» (qui l’intervista in questione).

Questo, ci si può azzardare a ritenere, è un esempio perfetto di atteggiamento: ad un rave la droga c’è, ma è usata liberamente, senza nascondersi. Non si hanno timori, tutta quest’isola è fatta per impedire che vi siano paure o giudizi moralistici. Tutto viene fatto in uno spazio privato occupato illegalmente, ci si appropria momentaneamente di un luogo abbandonato per farci qualcosa di rilevante, una festa che è più di una festa. Si sa che la polizia arriverà (anzi, spesso arriva appena inizia il tutto), ma è fatto lontano da luoghi abitati, nel paese più vicino già non si sente praticamente più la musica (almeno questo al Witchtek, il nome di questo evento).

Forse per tutto ciò i rave party sono entrati nell’immaginario comune in modo così problematico, spaventando così tanto le destre. Tali libertà (la festa, il sentirsi marci piacendosi, l’uso di sostanze e tutto quello prima descritto) testimoniano degli stili di vita che sono nemici delle destre perché troppo lontani dal loro ideale di vita, esse quindi non li concepiscono se non come male, non riuscendo a comprenderli: vedere che numerose persone non solo vivono in queste modalità, non solo lo fanno in gruppo (numeroso), ma anzi alla luce del sole, senza vergogna o orgoglio ma come pura normalità, tutto ciò non può che far paura alle destre ed, anzi, le fa tremare dalle fondamenta.

Ringraziamo Sonya Montini, Claudia Bacigalupi e Giovanni Metz per le immagini e i video inseriti in questo articolo.

Luca Pacchiarini
Sono appassionato di cinema e videogiochi, sempre di più anche di teatro e letteratura. Mi piace scoprire musica nuova e in particolare adoro il post rock, ma esploro tanti generi. Cerco sempre di trovare il lato interessante in ogni cosa e bevo succo all’ace.

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