Del: 27 Dicembre 2022 Di: Redazione Commenti: 0
10 serie

Anche il 2022 è giunto al termine e la redazione di Vulcano Statale ha preparato una lista delle 10 serie più «vulcaniche» di quest’anno.

A cura di Giulia Scolari


Le serie TV sono oggi uno dei più importanti modi di interpretare la realtà e mostrarla sotto forma d’arte. La nostra attenzione si assottiglia, il tempo che abbiamo a disposizione è sempre meno ed episodi qua e là ci fanno più compagnia di film spezzati a dovere o televisione spazzatura. Tra lezioni, impegni e festività, noi di Vulcano Statale vogliamo raccontare questo 2022 con i dieci titoli che più ci hanno fatto sognare, parlare, ridere ed emozionare. Ecco qualche nostro consiglio.

DISCLAIMER: i titoli non sono in ordine di preferenza o disposti come se questa fosse una vera e propria classifica, l’ordine è casuale.


House of the Dragon (Ryan Condal e George R. R. Martin)

La sceneggiatura appartiene al mondo del Trono di spade, e si è rivelata un tale successo, acclamato dai fan di tutto il mondo. Dopo più di tre anni dalla fine della serie principale, finalmente House of Dragons riporta i fan di tutto il mondo nel Continente Occidentale, con le sue ambientazioni suggestive e i nomi delle casate che abbiamo imparato ad amare e odiare. Prequel rispetto all’originale, la storia è ambientata circa 200 anni prima, quando sul trono siede la casata dei Targaryen, al massimo del suo splendore. Tutto risulta molto più ricco rispetto all’originale sia per una maggiore disponibilità di budget, sia per la volontà di rimarcare le differenze tra le due serie. Un enorme encomio per la recitazione è doveroso nei confronti di Patrick George Considine e Matt Smith, rispettivamente Viserys I e suo fratello minore, il turbolento Daemon Targaryen: i due si sono perfettamente calati nei loro ruoli creando dei personaggi interessanti, campaci di ammaliare e catturare il pubblico, commuoverlo, divertirlo e sconvolgerlo. Insomma, grandi attori, una sceneggiatura convincente, costumi e ambientazioni incredibili sono gli ingredienti di House of the Dragon; purtroppo però i fan dovranno aspettare probabilmente due anni prima della prossima stagione.

Recensione diAlice Cutsodontis


Dahmer – Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer (Ryan Murphy)

La storia di un assassino può diventare specchio di una società, di una nazione, dei problemi di una società. Questa è la chiave di lettura adottata dagli autori di questa serie, Ryan Murphy e Ian Brennan certamente ispirati a In Cold Blood di Truman Capote, per raccontare su Netflix la storia del serial killer americano conosciuto come «il cannibale di Milwaukee» per via della pratica del cannibalismo, praticata sui cadaveri delle numerose vittime uccise in maniera cruenta. Una storia che sconvolse tutta una comunità e proprio questa collettività è la cornice di tutta la serie; questa circonda totalmente il centro del racconto, ovvero Jeffrey Dahmer. Interpretato in modo molto convincente da Evan Peters, si racconta con continui flashback come è nato il killer, mostrando quanto sia difficile comprendere i perché un individuo possa fare azioni del genere o capire da dove arrivino tali ossessioni. Infatti, la serie non è un giallo, né un racconto truculento su un assassino, ma una visione su quanto sia difficile capire la mente umana. Oltre a ciò, attraverso la cornice di personaggi intorno all’assassino, quali i genitori, la vicina di casa e i parenti delle vittime, la serie accusa fortemente il sistema poliziesco e giuridico americano, che ben prima poteva fare qualcosa ma numerosi errori vennero fatti, tra razzismo, presunzione, incompetenza e negligenze mai veramente condannate. Una serie molto buona, che però spesso cade nell’essere troppo didascalica evidenziando esageratamente i significati di ciò che racconta, quasi sottovalutando il suo spettatore; inoltre a volte scivola in un certo moralismo immotivato, senza però andare verso un giustizialismo facilone.

Recensione di Luca Pacchiarini


The White Lotus (Mike White)

La prima stagione di questa serie era stata accolta da poco più di una nicchia di pubblico. Quando però un prodotto è così di qualità ed è così difficile reperirlo e goderne stando al passo, è più opportuno parlare di élite. In seguito alle nominations ottenute agli Emmys dello scorso anno, l’attenzione sulla seconda stagione è stata più concentrata ed il risultato – forte dell’ambientazione in una Sicilia che si può solo sognare e di un cast brillante – ha sbalordito tutti. Il White Lotus in cui si svolgono le vicende si trova a Taormina, il lusso del suo interno è lo stesso così come la professionalità dei suoi dipendenti. L’ospite più iconica della prima stagione, Tanya (Jennifer Coolridge), torna insieme all’assistente Portia (Haley Lu Richardson) e al novello sposo. Il ruolo di catalizzatori di iconicità è però riservato ad altri personaggi: Mia e Lucia (Beatrice Grannò e Simona Tabasco), le siciliane ambiziose e frivole al punto giusto, intrecciano le loro storie a quelle degli ospiti in un abile gioco di carte che li mette a nudo uno ad uno. La serie è carica di simbolismi per cui non basterebbe un articolo intero, dalla sigla che sembra mostrare un’anteprima in chiave affrescata di ciò che avverrà negli episodi fino alle teste di Moro degli arredi. La performance più indimenticabile è quella di Sabrina Impacciatore nei panni di Valentina, che infatti non è sfuggita a nessuno e l’ha resa la nuova star in America. Sicuramente uno dei prodotti migliori che questo 2022 ci ha regalato, guai a perdersela.

Recensione di Giulia Scolari


Mercoledì (Alfred Gough e Miles Millar)

Uscita un mercoledì di novembre, la serie burtoniana con protagonista Jenna Ortega ha avuto un tale successo da detenere ora il record di visualizzazioni in una settimana sulla piattaforma di streaming Netflix. La serie si districa tra una molteplicità di generi, dalla commedia all’horror, ma presenta soprattutto elementi tipici dei prodotti per teenagers: troviamo infatti una Mercoledì Addams sedicenne, in contrasto coi propri genitori e isolata dai coetanei “normali”, che, come ogni adolescente, attraversa un percorso di crescita emotiva. Espulsa dalla scuola che frequentava, viene coercitivamente iscritta alla Nevermore Academy, istituzione privata per «reietti» – così definiti coloro che vivono al di fuori delle norme sociali a causa di particolari caratteristiche, spesso soprannaturali – guidata da Larissa Weems (Gwendoline Christie), vecchia amica di Morticia (Catherine Zeta-Jones). Mercoledì sembra decisa a fuggire, finché la comparsa d’un mostro nella vicina cittadina di Jericho la porta a indagare nel passato della sua famiglia, e a stringere alleanze con i compagni dapprima evitati. Sebbene per tante ragioni non sia qualitativamente al pari di altre serie, Mercoledì è stata protagonista indiscussa del 2022 ed è tornata ad essere uno dei personaggi più amati dal pubblico. A noi di Vulcano piace andare a fondo nelle discussioni e i prodotti popolari come Mercoledì non se la svignano: presto potrete leggere di più!

Recensione di Daniele Di Bella, Elisa Basilico, Michele Cacciapuoti e Giulia Scolari


Heartstopper (Euros Lyn)

Rispetto ai soliti Teen Drama a cui siamo stati abituati, fitti di intrighi amorosi complessi o amicizie messe a dura prova, risulta a dir poco toccante la semplicità e la naturalezza con cui ci viene raccontata l’adolescenza in Heartstopper. Tratta dalle graphic novels di Alice Oseman, la serie racconta la storia di Charlie (Joe Locke), un ragazzo alle prese con la sfida più difficile della sua giovane età: la crescita. Un giorno, a scuola, si innamora del suo compagno di banco Nick (Kit Connor) e, insieme, passo dopo passo, affronteranno un percorso genuino di scoperta, di sé stessi e dei loro sentimenti. Nella costruzione di questo rapporto, Charlie potrà sempre contare sull’aiuto dei suoi amici più cari Tao (William Gao), Isaac (Tobie Donovan) ed Elle (Yasmin Finney), che lo difenderanno anche più volte da ripetuti atti di bullismo. Senza alcun intreccio fin troppo inverosimile, il tutto viene rappresentato con estrema sensibilità, in tutte le sue sfaccettature, cercando di sembrare il più veritiero possibile. Questa serie TV ci insegna che l’amore e l’amicizia non conoscono pregiudizi e non si fanno troppe domande perché se sono profondi, i sentimenti fioriranno comunque e se ci si vuole bene, non ci si abbandonerà mai. Mentre attendiamo l’uscita delle prossime due stagioni, godiamoci questi primi episodi: Heartstopper è l’inno all’inclusività di cui avevamo tanto bisogno.

Recensione di Matilde Elisa Sala


Inventing Anna (Shonda Rhimes)

Una ricca ereditiera con un accento decisamente fuori dal comune si fa sempre più spazio all’interno della high society di New York accompagnata dalle persone più importanti, vestendo gli abiti più costosi e lasciando le mance più alte. Questa potrebbe essere l’ennesima storia di intrighi tra ricchi cui siamo tutti familiari grazie a innumerevoli serie ben più iconiche; invece, quella di Anna Delvey – Sorokin (impersonata da Julia Garner) è tutt’altro. Ci vuole poco tempo prima che il castello di carta costruito dalla protagonista crolli e riveli soltanto una giovane ambiziosa che non possiede altro che i suoi sogni di ragazzina, eppure le persone continuano a fidarsi e volerla aiutare. Così al suo fianco si schierano, volenti o nolenti, la giornalista Vivian (Anna Chlumsky) e l’avvocato Todd (Adrian Moayed), che cominciano a buttare giù il muro di menzogne che Anna continua a difendere intervistando tutti coloro che le sono stati vicino. La miniserie targata Shondaland crea una narrativa interessante intorno a quello che è stato un fatto di cronaca presto dimenticato e indubbiamente è un prodotto visivamente impeccabile, ma la lunghezza immotivata delle puntate e l’attenzione su dettagli noiosi e irrilevanti ottiene l’effetto contrario a quello sperato. Se la storia in sé è ancora caratterizzata dall’incertezza, le informazioni corrette a riguardo sono però limitate e non richiedono nove ore di trasposizione. La recitazione è buona, degna di nota soprattutto Garner (Anna) che ha saputo interpretare con la giusta dose di trash alcune battute rendendole già meme (su Tiktok spopolano «I do not have time for this, I do not have time for you!” e “You are soo basic!») e somiglia in modo impressionante alla vera criminale. Offre sicuramente spunti interessanti sulla società moderna: la vicenda di Anna viene spesso presentata come una ribellione al sistema capitalistico dal suo interno, anche il modo in cui la protagonista è in grado di manipolare la sua immagine attraverso i social e le tecnologie è interessante e porta lo spettatore a porsi delle domande. Una serie tv consigliata per chi ha voglia di fare l’avvocato del diavolo comodamente dal divano.

Recensione di Giulia Scolari


The Bear (Christopher Storer)

Carmen, detto Carmy, Berzatto (Jeremy Allen White), un giovane chef già affermato nelle più prestigiose cucine del mondo, si ritrova a gestire lo squallido ristorante di famiglia a Chicago, lasciatogli in eredità dal fratello Michael morto suicida. Carmen ambisce a trasformare il locale, dirigendo come una brigata da cucina stellata gli scapestrati dipendenti al servizio del fratello e stravolgendo equilibri già ben consolidati. La serie è fatta di sequenze rapide e convulse che ben rendono il clima che regna in una cucina, con un occhio sempre pronto a controllare l’orologio e la frustrante necessità di coordinare tante teste diverse. Ma nella frenesia della cucina, che è poi un riflesso del caos della vita quotidiana, ciò che veramente fa la differenza non sono toni alti e urla, ma l’incoraggiamento e il dialogo. Ed è proprio la comunicazione ad intervenire salvifica ogniqualvolta un nuovo problema si palesa. È infatti lasciando spazio alla voglia di sperimentare di Marcus (Lionel Boyce), prestando ascolto all’estro di Sydney (Ayo Edebiri) e pazientemente spronando Tina (Liza Colón-Zayas) che le cose iniziano davvero a girare per il verso giusto. La cucina altro non è che uno sfondo delle vicende umane che si intrecciano durante la serie. Nonostante gli episodi siano solo otto, lo spettatore riesce perfettamente a cogliere lo sviluppo e il percorso di tutti i personaggi, conoscendone pregi e difetti, momenti bui e apici, arrivando talvolta ad affezionarcisi. Vengono, infatti, trattati temi di primaria rilevanza: dall’ansia all’alcolismo, dal significato di famiglia alla tematica delle ambizioni lavorative delle generazioni più giovani. Carmen fa da collante all’intera brigata, cercando di far valere la sua autorità, talvolta esagerando, ma allo stesso tempo mostrandosi pronto all’ascolto, al consiglio e all’ammissione di colpa. È un personaggio complesso, profondamente segnato dalla vita e da tutti i sacrifici fatti per annullare se stesso e concentrarsi sui suoi obiettivi in cucina. Ma si badi bene a non pensarlo come un protagonista assoluto: molti altri personaggi vengono esplorati nel profondo, come ad esempio Richie (Ebon Moss-Bachrach), che si rivela tanto apparentemente superficiale quanto pieno di sfaccettature nascoste da scoprire puntata dopo puntata. Non manca di certo la componente comica: un umorismo necessario per alleggerire l’andamento quasi nevrotico della serie. Serie che ci rivela il dietro le quinte del mondo della ristorazione, condendolo con personaggi intimamente umani e bei dialoghi, disponendo così di tutti gli ingredienti adatti a renderla uno dei piatti più interessanti del menù.

Recensione di Nina Fresia


The Boys (Eric Kripke)

Con un cast già ottimo e ora accresciuto di volti come quelli di Jensen Ackles e Paul Reiser, con un ampliamento dei virtuosismi tecnici (le allucinazioni cartoon di Black Noir, i momenti musical di Kimiko e Frenchie, il fischio nelle orecchie di Patriota), la terza stagione di The Boys guarda dritto avanti a sé. La coralità è un tratto caratteristico della serie: nell’ultima stagione si segnalano l’arco familiare di Latte Materno, quello commovente di Black Noir e la relazione fra Kimiko e Frenchie. L’effetto collaterale di un eccessivo microcosmo di personaggi è però che alcuni (qui Maeve, Grace e Ryan) finiscano in ombra; in più, continua a essere stridente il rapporto fra Hughie e Butcher, peraltro personaggi primari. Da sempre apprezzata, di The Boys, è la natura parodica rispetto ai canoni del supereroe fumettistico – ma non tanto in senso irrisorio (se non nel famoso Herogasm), quanto piuttosto in chiave realistica. Se davvero oggi scongelassero un supereroe, si comporterebbe come Soldatino o Capitan America? La realtà dell’oggi è rappresentata nella sua complessità, l’opposto di un binarismo bianco e nero: due nemici possono collaborare, se hanno interessi in comune. Abisso è vittima di una setta, ma carnefice di una violenza sessuale. A-Train è un prevaricatore classista, ma vittima di razzismo. Patriota non guarda in faccia a nessuno, ma è terrorizzato da Soldatino. Anche quando diventa didascalica nel descrivere la società del 2022, ad esempio nel seguito di Patriota fra i suprematisti bianchi, la serie colpisce molto più nel segno rispetto a quanto non accadesse nella seconda stagione, con il personaggio di Stormfront che è letteralmente una nazista degli Anni Trenta. Forse è un po’ più supereroisticamente cliché la battaglia finale per il bene collettivo, ma l’ultima puntata ha il pregio di dare chiusura alle storie dei personaggi senza grossi cliffhanger, pur rimanendo aperta ai futuri giochi di potere fra Nadia e Bobby Singer.

Recensione di Michele Cacciapuoti


Euphoria (Sam Levinson)

Sebbene la seconda stagione non abbia regalato le stesse forti emozioni della prima, Euphoria si riconferma un prodotto di qualità sia dal punto di vista estetico che da quello dei contenuti. Alle immagini iconiche che caratterizzano la serie si affianca una trama audace che tocca temi come droga, dipendenze, amori tossici, disturbi alimentari. Ogni singola storia ha una sua caratteristica personale, ma tutte sono accomunate da un unico elemento: la ricerca della propria identità. Senza la pretesa di rappresentare la realtà, la serie ancora una volta mira ad estremizzare le vite dei giovani protagonisti per mostrare agli spettatori le ipocrisie di una generazione che ha tutto eppure non ha niente. Rue (Zendaya Coleman) è ancora una volta il cuore pulsante della narrazione, sembrava essersi ripresa ma sembra tornare sulla cattiva strada appena possibile. L’interpretazione di Coleman in alcune scene basta a motivare il fiume di nominations che l’ha travolta ancora una volta. Non sarà facile dimenticarla. Rimaniamo ora in attesa della prossima stagione.

Recensione di Matilde Elisa Sala e Giulia Scolari


Stranger Things (Duffer Brothers)

Ambientata otto mesi dopo le vicende della stagione precedente, Undici (Millie Bobby Brown) e la famiglia Byers si sono trasferiti in California pronti per cominciare una nuova vita. Nel frattempo, a Hawkins, Mike (Finn Wolfhard), Dustin (Gaten Matarazzo) e Lucas (Caleb McLaughlin) sono alle prese con la sfida liceale, che richiede ai ragazzi di cominciare a far parte di gruppi predefiniti che ne determinino il ruolo sociale. Mike e Dustin trovano una nuova guida in Eddie (Joseph Quinn), lo scapestrato leader dell’Hellfire Club, mentre Lucas trova un punto di appoggio nella squadra di basket della scuola convinto che, una volta diventato popolare, possa avere vita più facile. Tutto sembra andare per il meglio, ma una nuova terribile minaccia sta per abbattersi su Hawkins e proviene per l’ennesima volta dal Sottosopra. Questo nuovo essere, che chiameranno Vecna, sta compiendo degli omicidi tra i giovani di Hawkins: questo porterà i ragazzi a combattere divisi in gruppi per cercare di salvare il mondo di nuovo. Colpi di scena, effetti speciali, un pizzico di romanticismo e tanti gesti di genuina amicizia, accompagnano lo spettatore in un viaggio unico. In questa stagione l’amicizia che lega i ragazzi viene di nuovo messa al centro e resiste alle numerose prove cui viene sottoposta, mentre nuova importanza è data alla rappresentazione della diversità, del bullismo e dell’emarginazione.

Recensione di Matilde Elisa Sala e Giulia Scolari

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