Del: 23 Dicembre 2022 Di: Michele Baboni Commenti: 0
Malessere psicologico in università, un’analisi

Il tema della tutela della salute psicologica, ormai da tempo discusso in talk show e dibattiti politici, è un problema che riguarda anche l’università, tra ansia da esame, abbandono degli studi e suicidi.

In tal senso, cosa fanno gli atenei per affrontare il problema?

È ormai noto ai più il disagio psicologico vissuto dalle ultime generazioni, che si sia più o meno attenti a ciò che avviene nella nostra società o a ciò che trasmettono i notiziari. A molti sarà infatti capitato sentir parlare di personaggi pubblici che ne parlano, che si intendano celebrità o figure istituzionali, così come può essere capitato di aver avuto esperienze più o meno dirette delle varie forme di malessere mentale esistenti, dalle manifestazioni più lievi fino alle patologie più gravi ed invalidanti.

Anche la comunità scientifica ha da tempo rilevato la diffusione crescente di vari disturbi di natura psicologica: il report dell’OMS del 2022 sulla salute mentale dichiara che tra il 2000 e il 2019 il tasso di disturbi mentali nella popolazione globale è aumentato del 25%, con un totale di 970 milioni di persone che soffrono di almeno un disturbo mentale, delle quali circa 301 milioni soffrono di disturbi d’ansia e 280 milioni di disturbi di natura depressiva. 

In particolare, risulta che gli adolescenti e i giovani adulti sono particolarmente suscettibili a contrarre un disturbo mentale, con una percentuale di individui coinvolti che oscilla tra il 14 e il 15% della suddetta fascia. In merito a questa fetta della popolazione si tendono spesso ad evidenziare i problemi riguardanti la popolazione adolescente, che sono poi l’oggetto delle discussioni sul disagio giovanile, che si tratti di programmi televisivi o di canali più istituzionali.

Tuttavia, nella narrazione del disagio giovanile è necessario parlare, oltre che della scuola, anche del mondo dell’università, che spesso non viene considerato quando si parla della salute mentale delle nuove generazioni.

Spesso, il percorso universitario può diventare una forte fonte di stress, che può portare a sintomi di natura depressiva o ansiosa.

Basti pensare ad esempio ai diversi casi di suicidio tra gli studenti (ne abbiamo parlato qui), a tutte le difficoltà che gli studenti di oggi devono affrontare, tra affitti sempre più cari ed un futuro sempre più precario, e il conseguente abbandono degli studi da parte di molti.

Su questo punto, secondo i dati riportati da Eurostat e Almalaurea, in Italia circa 3 milioni di studenti hanno rinunciato agli studi tra il 2017 e il 2021, un dato in ambito europeo inferiore solamente a quello registrato in Francia nello stesso periodo; è indubbio che da questo numero passino un’infinità di varianti, come il trend sugli abbandoni, l’aumento delle tasse universitarie o altri fattori di natura territoriale o culturale, ma è comunque evidente che il fattore psicologico debba essere valutato. Pertanto, è necessario comprendere i motivi per cui gli studenti arrivano a provare una delle forme che il disagio psicologico può assumere.

Un fattore che spesso incide in maniera consistente è la mancanza di orientamento, come sottolinea uno studio condotto da CiSia: infatti, quasi 3 studenti su 4 scelgono il proprio percorso universitario senza avere una vera e propria certezza, spesso dopo l’esame di maturità, a causa della mancanza di adeguati percorsi di orientamento a livello scolastico. Tale fenomeno può generare insoddisfazione e delusione, che si possono riflettere sui risultati ottenuti durante il corso degli studi.

Il senso di disorientamento, oltre ad essere causato dalla mancanza del dovuto accompagnamento negli anni delle superiori, è anche dato dalla precarietà nel mondo del lavoro; infatti, in molti casi la laurea non rappresenta necessariamente un accesso automatico al mondo del lavoro, che risulta fonte di grande incertezza, spesso riservando ai laureati un duro trattamento. Inoltre, nella maggior parte dei casi il percorso lavorativo può non coincidere con quello universitario, il che può aumentare ulteriormente il senso di inutilità e smarrimento che alcuni provano.

Tra le maggiori cause di malessere psicologico, oltre alla precarietà economica ed occupazionale, vi sono inoltre gli eccessivi carichi di studio e la solitudine, condizione degli studenti che non riescono a conciliare lo studio con la sfera sociale della propria vita.

La crisi pandemica ha fortemente inciso su un aspetto della vita che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, andando ad intaccare il senso di appartenenza alla comunità universitaria, che ormai pare essere ridotto nella percezione collettiva del corpo studentesco.

Oltre a non sentirsi affatto parte di una comunità, un ulteriore problema è costituito da una mole eccessiva di studio per gli esami. Diversi studenti, a seguito della DAD, hanno accusato una maggiore difficoltà a concentrarsi o a mantenere un approccio metodico allo studio, il che, a fronte di un livello di preparazione necessaria rimasto invariato, ha portato inevitabilmente ad uno sforzo maggiore per superare gli esami, dunque ad un minore tempo a disposizione per dedicarsi alle relazioni sociali. In particolare, il sentimento pare essere accentuato per gli studenti pendolari e per i lavoratori, che hanno ancora meno tempo a disposizione rispetto agli altri.

Un’altra questione legata alla quantità di materiale da studiare è l’ansia da esame, che, secondo uno studio condotto dalla Statale, affligge in maniera grave o moderata il 48% degli studenti. L’ansia da prestazione implica una minore lucidità in sede d’esame, irritabilità e maggiore emotività, il che riduce chiaramente i risultati e può a sua volta causare un senso di insoddisfazione e delusione verso il proprio percorso accademico. Il rischio è dunque quello di entrare in un circolo vizioso, in cui una minore lucidità nello studio e gli scarsi risultati in sede d’esame si alimentano a vicenda, compromettendo la carriera universitaria. 

Tutti i fattori citati, in aggiunta alle problematiche di natura economica e sociale, portano ad un dato riportato da Sodexo nel 2018, e presumibilmente in aumento:

su 4000 studenti intervistati, il 38% si dichiara insoddisfatto della propria vita in generale, un numero che riflette la problematicità e il potenziale peso della condizione dello studente universitario moderno. 

Si tratta dunque di problematiche ormai numerose ed impossibili da ignorare, per le quali vari atenei hanno creato degli strumenti volti ad aiutare gli studenti che necessitano un supporto di tipo psicologico o legato allo studio, ovvero i servizi di counselling psicologico.

La maggior parte degli atenei italiani ha infatti istituito degli sportelli attraverso cui mettersi in contatto con dei professionisti in ambito psicologico e psicoterapeutico, per iniziare dei percorsi dalla durata variabile e che possono essere incentrati o sulle difficoltà legate prettamente al metodo di studio o su quelle legate alla vita privata dell’individuo.

Ad esempio, sul sito dell’Università Statale di Milano, così come su molti altri siti, vengono offerti due possibili percorsi di consulenza psicologica, che possono essere incentrati sull’elaborazione di strategie per affrontare gli esami, andando quindi a lavorare sul metodo di studio o sulle capacità di esposizione orale, oppure incentrati sulla gestione dello stress, dell’insoddisfazione legata al percorso accademico o di altri fattori legati alla sfera emotiva e sociale.

Si tratta di strumenti a cui sempre più studenti stanno ricorrendo per tutelare la propria salute mentale.

Come spiega a Varese News la psicologa Angela Gambirasio, responsabile del servizio di consulenza della Statale, «nel 2021 le richieste ai servizi di supporto allo studio e di supporto psico-emotivo sono raddoppiate e il numero di colloqui per persona è quasi triplicato». 

Del resto, un recente studio condotto dall’ateneo ha provato a tracciare in maniera definita la situazione, rivelando che, su un campione di circa 7mila studenti, solo il 19% si dichiara soddisfatto della propria vita, oltre il 42% soffre di ansia da prestazione, il 12% presenta sintomi di depressione.

Per far fronte ad una situazione sempre più emergenziale, la Statale ha annunciato che verranno stanziati altri 300mila euro per potenziare il servizio di counselling psicologico, dei quali 200mila per il tutorato e 100mila per percorsi destinati agli studenti con DSA; inoltre, è stato annunciato a gennaio che i professionisti messi a disposizione sarebbero diventati quattro, e che, per far fronte all’aumento della domanda, il rapporto tra l’ateneo e gli enti territoriali verrà progressivamente rafforzato per offrire dei servizi terapeutici a costi calmierati. 

In assenza di dati o statistiche sul funzionamento degli sportelli psicologici è difficile fare dei bilanci in merito, ma è evidente la necessità di una riflessione a tutto tondo, che passi anche dagli aiuti economici per i più bisognosi e dal percorso didattico che uno studente deve compiere. Tuttavia, resta certo il fatto che i servizi attualmente a disposizione vadano ampliati e potenziati, poiché la situazione descritta rappresenta un’emergenza che presto o tardi dovrà essere affrontata, per garantire a tutti la possibilità di vivere serenamente l’università e, forse, per risollevare l’università italiana da un lento e costante declino.

Michele Baboni
Studente di scienze politiche, sono appassionato di filosofia, politica e calcio. I temi che ho più a cuore sono i diritti civili e il cambiamento climatico, anche se l'attualità è sempre un punto di partenza stimolante per nuove riflessioni. La scrittura è il mezzo per allargare i miei orizzonti, la curiosità il vento che mi spinge alla ricerca incessante di nuove risposte.

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