Dopo ormai più di vent’anni dalla totale estromissione da parte degli Stati Uniti del regime talebano dall’Afghanistan, il 15 agosto del 2021, i talebani, sono tornati al potere con il leader Abdul Ghani Baradar. In appena cinque settimane hanno nuovamente e ripetutamente violato i diritti umani, e le categorie maggiormente colpite sono quelle delle minoranze religiose/etniche e quelle delle donne e delle ragazze.
Un anno fa circa, si sono quindi chiaramente autoproclamati garanti del diritto di istruzione femminile, permettendo l’accesso all’educazione primaria e alle università.
Durante la loro prima conferenza stampa hanno dichiarato che avrebbero rispettato i diritti delle donne, ma esclusivamente sotto il sistema della sharia, caratterizzato dai principi morali e giuridici applicati in una forma estremamente radicale.
Tra il 1996 e il 2001, anni del primo regime talebano, era vigente il divieto di andare a scuola dopo i 12 anni; durante questo secondo periodo di presa di potere da parte dei talebani invece, le donne avrebbero potuto continuare ad andare all’università, con corsi riservati esclusivamente a loro e se, e solo se, quest’ultimi fossero stati tenuti da docenti donne. Per quanto riguarda invece l’istruzione secondaria (scuole medie-superiori), le dichiarazioni dei talebani non sono state chiare, o meglio, è stato sufficiente proporre un’ordinanza, che prevedeva il ritorno alle scuole secondarie esclusivamente degli studenti e docenti maschi, senza fare menzione delle donne, per violare nuovamente i diritti di quest’ultime e determinando consequenzialmente un vuoto tra la scuola primaria e l’università, caratterizzata tra l’altro da un numero limitato di iscrizioni.
Fino a qualche mese fa, marzo precisamente, le scuole non sono state aperte, con un rinvio giustificato da un pretesto: le uniformi scolastiche progettate infatti non erano compatibili con l’indicazione della Sharia.
Il 20 dicembre 2022, il ministro dell’istruzione superiore afghano, Neda Mohammad Nadim, ha annunciato il divieto per le donne di frequentare l’università. All’indomani del divieto, moltissime studentesse e moltissimi studenti sono stati protagonisti di una protesta: «tutti o nessuno» sono le parole usate come motto da alcuni alunni in solidarietà con le compagne escluse a Nangarhar e Kandahar, dichiarando che non seguiranno le lezioni o terranno esami fino a quando anche le loro colleghe non avranno la possibilità di reinserirsi nell’ambiente universitario.
A Kabul, sono state cinque le donne arrestate per le proteste, due di loro poi sono state rilasciate. Alcuni video online vedono protagoniste oltre venti donne in hijab sfilare, ma la loro direzione è dovuta cambiare per la presenza di molteplici agenti di fronte all’edificio universitario.
La risposta della comunità internazionale è stata uniforme: il diritto all’istruzione è diventato infatti argomento cardine dei negoziati sugli aiuti e sul riconoscimento del regime talebano.
Il ministro degli Esteri del Pakistan, Bilawal Bhutto Zardari ha dichiarato: «Continuo a pensare che il percorso più facile per raggiungere il nostro obiettivo – nonostante le numerose battute d’arresto per quanto riguarda l’istruzione femminile e altre cose – sia attraverso Kabul e il governo provvisorio».
In Italia alcune Università hanno dato la propria disponibilità per garantire un futuro migliore ad alcune alunne: a Padova, sono state offerte 50 borse di studio attraverso il programma Unipd 4 Afganistan, mettendo a disposizione i propri fondi e creando poi successivamente una campagna di fundraising per finanziarne ulteriori 50. Una delle studentesse che ha potuto usufruirne, ha dichiarato:
“Malgrado tutto, ho fiducia nell’umanità: credo che se le persone si aiutano a vicenda il mondo sarà più sicuro e pacifico. Qui ne ho avuto la conferma: queste borse di studio sono una grande opportunità per il popolo afghano che deve affrontare grandi tragedie. So che molte persone hanno i soldi, ma poche li spendono nel modo giusto per portare il sorriso sulle labbra degli altri. Questa borsa di studio può fare una grande differenza nella mia istruzione, permettendomi di essere più selettiva su come iniziare questo nuovo viaggio e una nuova vita in Italia”.
L’Università di Torino ha risposto con il decreto rettorale di urgenza pubblicato nel 18 novembre 2021 e sono state emesse delle disposizioni per gli studenti e le studentesse richiedenti asilo o/e provenienti dall’Afghanistan. Ha poi attivato vari progetti di accoglienza per ricercatori e ricercatrici a rischio.
L’esclusione delle donne dall’ambiente universitario oltre ad essere una violazione dei diritti umani, può considerarsi in realtà sintomo di un possibile indebolimento dello stesso regime: per la prima volta infatti, la coesione degli studenti e delle studentesse e soprattutto le loro richieste, potrebbe essere sufficienti per far sgretolare il movimento dei Talebani, che tra l’altro, a causa di alcune tensioni interne è già piuttosto debole: per esempio, sulla stessa questione dell’ istruzione femminile, i tre “vice” del movimento – Yaqui Mullah (ministro degli interni), Haqqani Salaluddin (ministro della difesa), Mullah Baradar (vice primo ministro) – hanno fatto intendere di essere favorevoli.