Del: 26 Maggio 2023 Di: Candida Battaglia Commenti: 0
Giovanni Falcone e la strage di Capaci, 30 anni dopo

Il 23 maggio si è celebrata la giornata mondiale della legalità in memoria delle stragi mafiose del 1992 di Capaci e Via D’Amelio.

Giovanni Falcone è stato un magistrato italiano che ha dedicato la sua vita alla lotta alla mafia. Tra i primi a comprendere il sistema di Cosa Nostra, ha creato un metodo investigativo diventato modello nel mondo e, insieme al pool antimafia, ha istruito il primo maxiprocesso a Cosa Nostra.

Nel 1979 Giovanni Falcone approdò alla giustizia penale e nel 1980 Rocco Chinnici assegnò a Falcone l’indagine su Rosario Spatola, collegato anche alla mafia americana. Qui cominciò un grande lavoro di indagini bancarie e patrimoniali.

Rocco Chinnici fu assassinato e come suo successore a dirigere l’Ufficio Istruzione venne mandato Antonino Caponnetto nel 1983, un magistrato siciliano che appoggerà e sosterrà Giovanni Falcone. È con esso che nacque il pool antimafia, l’equipe che si occuperà delle indagini a Cosa Nostra, che impegnarono la squadra per molti anni. Ma la condivisione delle informazioni per cogliere le dinamiche delle strategie era forte.

Nel pool, ad affiancare Falcone vi erano i magistrati Giuseppe Di Lello, Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta. A seguito dell’interrogatorio al pentito Tommaso Buscetta, si ebbe una svolta nelle indagini contro Cosa Nostra, definita dal giudice Falcone come un’organizzazione unica con struttura verticistica al cui interno non esistono gruppi con capacità decisionale autonoma. Venne istruito il maxiprocesso.

Nessuna aula di tribunale a Palermo, e forse nel mondo, avrebbe potuto contenere un simile processo.

Per questo, l’allora Ministro della Giustizia Mino Martinazzoli inviò nel capoluogo siciliano la funzionaria Liliana Ferraro per coordinare la costruzione, a fianco del carcere dell’Ucciardone, di una grande aula, che venne completata in soli sei mesi e venne subito soprannominata aula bunker, di forma ottagonale e dimensioni adatte a contenere svariate centinaia di persone. L’aula aveva sistemi di protezione tali da poter resistere anche ad attacchi di tipo missilistico e fu dotata di un sistema computerizzato di archiviazione degli atti, senza il quale un processo di tali proporzioni non sarebbe stato possibile.

Quando il pool cominciò a lavorare al grande maxiprocesso a Cosa Nostra, i due collaboratori di Falcone, Giuseppe Montana e Ninni Cassarà, vennero uccisi.

Solo nel 1987 si concluse il maxiprocesso, con 360 condanne per complessivi 2665 anni di carcere e undici miliardi e mezzo di lire di multe da pagare, segnando un grande successo per il lavoro svolto da tutto il pool antimafia.

A dicembre del 1986, Falcone venne nominato procuratore della repubblica di Marsala, mentre il pool venne sciolto nel 1988. Nel gennaio 1990 coordinò un’inchiesta che portò all’arresto di quattordici trafficanti colombiani e siciliani. Il 30 gennaio del 1992, una sentenza storica della Corte di Cassazione riconobbe valido l‘impianto accusatorio che aveva portato alla sentenza di primo grado del maxiprocesso. La Suprema Corte ripristinò gli ergastoli e le condanne annullati in appello per boss e gregari.

Il successivo 23 maggio dello stesso anno, lungo l’autostrada che porta a Palermo, all’altezza dello svincolo di Capaci, una terrificante esplosione disintegrò il corteo di auto e uccise Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e, insieme a loro, anche agli agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.

Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola.

Il 19 luglio del 1992, a 57 giorni dall’attentato, la mafia tornò ad alzare il tiro e uccise Paolo Borsellino, collega e amico di una vita di Falcone, e la sua scorta.

Tutti i più grandi latitanti, compreso il boss Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993 catturato lo scorso gennaio, ora si trovano in carcere, e l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine non si è mai fermata.

La frase che fa riferimento all’arresto di Matteo Messina Denaro tra i tanti biglietti sulla tomba di Falcone.

«Un insegnamento di Giovanni Falcone resta sempre con noi: la mafia può essere battuta ed è destinata a finire» ha affermato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la celebrazione annuale a Palermo del 23 maggio.

Durante la manifestazione non sono purtroppo mancati momenti di tensione: rappresentanti di  numerose associazioni della società civile, compresi alcuni studenti, diretti verso l’albero Falcone dove si conclude abitualmente la commemorazione, sono stati bloccati dagli agenti di polizia su ordinanza del questore di Palermo Laricchia, perché ritenuti pericolosi. «Non siete Stato voi, ma siete stati voi» hanno protestato chiedendo giustizia sulle stragi del 1992.

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