Il 15 di ogni mese, 5 album per tutti i gusti: Giradischi è la rubrica dove vi consigliamo i dischi usciti nell’ultimo mese che ci sono piaciuti.
Daniela Pes, Spira (Tanca Records) – recensione di Luca Pacchiarini
Un volo fluido tra influenze, avanguardie e folklore irreale. Il disco d’esordio di Daniela Pes, musicista sarda di formazione jazz ma che spazia tra elettronica, drone e molto altro, è un grande lavoro di fino e di ricerca.
Pubblicato con Tanca Records, etichetta fondata da Iosonouncane e da tenere bene sott’occhio, Spira è un disco in cui strumentale e voce si amalgamano e mescolano, infatti il canto dell’artista è con un idioma inventato, che richiama sonorità e cadenze dialettali, ma è usato per sfruttare la voce come uno degli strumenti della composizione, con una varietà notevole di scelte di quest’ultimi.
Così si arriva a pezzi come Carme, in cui si entra in antiche notti spaziali con archi, suoni elettronici e una candida voce di impressionante forza. Quasi all’opposto Ora, un ingresso in boschi pagani di tradizioni antiche, qui la finezza e lo studio nell’uso di diverse sonorità ma anche della loro mancanza si fa sentire all’orecchio dell’ascoltatore. Vette nell’espressione si raggiungono in Arca, un vero volo atmosferico in un crescendo continuo tra suoni acustici e delicatezze elettroniche dalla forza nascosta. Concludono il tutto i 10 minuti di A Te Sola che contengono tutto ciò presente prima in un complesso pezzo di crescendi, sonorità folkloristiche, celestiali in un flusso di impressioni e espressioni.
L’influenza di Iosonouncane in questo progetto si sente, specialmente nella drum machine e nell’elettronica, ma è un’ombra che amplifica un progetto coerente e ben preciso, una concezione folkloristica della musica di radici e ricerca innovativa.
Ed Sheeran, – (Asylum Records, Atlantic) – recensione di Matilde Elisa Sala
È uscito il 5 maggio –, nuovo album del cantautore britannico Ed Sheeran. Dopo il grande successo di dischi più pop, come =, Sheeran torna un po’ alle origini, proponendoci un album quasi del tutto acustico, voce, chitarra, pianoforte e pochi altri strumenti. In realtà, già lo stesso titolo del disco è in grado di farci capire l’intero significato del suo lavoro: –, Subtract. Sheeran sceglie di proseguire per sottrazione nella composizione di questi brani, frutto del lavoro di più di dieci anni, per poter raggiungere delle sonorità che siano essenziali.
Ispirato da tristi eventi che l’hanno colpito durante lo scorso anno, il cantautore racconta, brano dopo brano, pensieri e sensazioni estremamente personali. – narra un viaggio, un percorso di vita che forse ognuno di noi ha vissuto: quando si affrontano momenti difficili ci si sente quasi annegare, si è sopraffatti dal dolore, come se mancasse l’aria, ma pian piano si può ritrovare la luce in giorni migliori e tornare a respirare. È proprio ciò che accade partendo dalle prime tracce, come i due singoli Boat e Eyes Closed, fino a brani come Curtains e The Hills of Aberfeldy, ultimo dell’album.
L’esperienza acustica è accompagnata anche da un percorso visivo: Sheeran ha deciso di raccontare il significato dei suoi brani, girando ben quattordici videoclip, uno per ogni canzone del disco. – chiude l’iconica serie di album “matematici” del cantautore, lasciando gli ascoltatori in balìa del mare di imprevisti che la vita riserverà sempre, accompagnati da musiche e testi davvero unici, che regalano emozioni preziose e un augurio per ognuno di noi: anche se ci si sente affondare, si può sempre tornare in superficie e trovare conforto in qualcuno o in qualcosa… magari proprio nella musica.
Everything but the Girl, Fuse (Virgin) – recensione di Laura Colombi
Il ritorno, 24 anni dopo, degli Everything but the Girl, conferma che alle volte i nostri genitori hanno ancora molto da insegnare. Uscito il 21 aprile, Fuse è un album attualissimo – complice la mania per i ‘90 che sta dilagando un po’ dappertutto – e allo stesso tempo perfettamente in linea con l’identità che il duo ha negli anni saputo delineare. Le 10 tracce che compongono Fuse – che, come tanti lavori, è nato dall’esperienza della pandemia – alternano, uno ad uno, brani più ballabili ad altri con una componente riflessiva più importante (che, va detto, deve piacere: i cultori sanno). Un ritorno sicuramente all’altezza delle aspettative (si segnalano Nothing Left to Lose e Caution to the Wind), con sintesi che non era facile da realizzare, e da cui prendere spunto.
Kara Jackson, Why Does the Earth Give Us People to Love? (September Recordings Limited) – recensione di Laura Colombi
«Perché ci presentiamo su questo mondo l’uno accanto all’altro? Per amare e piangere? Per maledirci a vicenda? Per morire lavorando ogni giorno?». Lo scrive Kara Jackson nel testo che accompagna la presentazione del disco, intitolato coerentemente Why Does the Earth Give Us People to Love?. La già poetessa statunitense confeziona un album di debutto che è un folk profondo, nei testi, ma soprattutto nelle musiche, e che è davvero arricchito dalle grandi doti vocali di Jackson. Tredici tracce compongono l’album, per un totale di 52 minuti, ed ognuna di esse è pensata a tutto tondo, con una cura e un stile che si trovano di raro. Un lavoro interessante e che di certo si fa notare.
Neffa, Chicopisco (Aldebaran records) – recensione di Laura Colombi
Per chi ancora ricorda il Neffa dei tempi dei Messaggeri della dopa, prima della svolta pop e poi neomelodica, arriva la ristampa in vinile di Chicopisco, pubblicato per la prima volta in CD nel 1999 ed unico EP mai realizzato da Neffa.
Il disco – ultimo lavoro hip hop dell’artista – è composto da cinque brani prodotti dallo stesso Neffa, eccetto per L’incognita, prodotta da Fritz da Cat. Una forte presenza di liriche cantate dimostra come questo lavoro sia un primo passo verso l’imminente svolta soul, dove questa scelta rende l’EP estremamente orecchiabile e molto improntato sui ritornelli. Con questo lavoro, Neffa decide di estremizzare la ritmicità e la musicalità delle sillabe, sino a portarle ad un livello in cui è difficile distinguere il confine tra il senso compiuto delle parole e l’esercizio di stile.