A partire dallo scorso 24 maggio, chiunque abbia necessità di attivare l’identità alias all’interno dell’Università lo potrà fare senza che occorra la presentazione di un certificato medico attestante un’incongruenza di genere.
Un importante risultato conseguito grazie all’approvazione di un nuovo regolamento per l’attivazione dell’identità alias,
cioè quel regolamento che consente, a coloro che si trovano in un percorso di transizione o che non si riconoscono nell’identità di genere anagrafica dotata di valore legale, di attivare, appunto, un’identità alternativa. In questo modo, i dati anagrafici della persona richiedente saranno sostituiti con il nome di elezione e con i pronomi scelti dalla persona stessa, per tutto il tempo per cui ne farà richiesta, ottenendo anche il rilascio di nuovi documenti di riconoscimento (tra cui il badge da esibire quando si sostiene un esame).
L’importanza dell’identità alias, che è sprovvista di valore legale – dal momento che, sino alla conclusione del percorso di riassegnazione di genere e all’ottenimento di una certificazione rettificata corrispondente alla nuova identità anagrafica, negli atti e nei documenti relativi alla carriera universitaria compariranno comunque il nome e il sesso biologico – risiede quindi nella sua capacità di incidere positivamente sul benessere della persona, andando a migliorare la qualità della vita di student3, personale tecnico-amministrativo e docenti.
Costoro, infatti, avranno la possibilità di vedere riconosciuti il proprio nome e i propri pronomi d’elezione all’interno di un ambiente – quello universitario – che rappresenta una fetta importante della propria vita.
La finalità del regolamento, come affermato all’art. 1, è proprio quella di «promuovere il benessere psico-fisico e relazionale delle persone che studiano e che lavorano nell’Ateneo, a qualsiasi titolo facenti parte della comunità universitaria, e di favorire la realizzazione di un ambiente di studio e di lavoro inclusivo, basato sul principio della pari dignità delle persone e sul riconoscimento del diritto all’autodeterminazione di genere».
Tuttavia, la necessità di presentare un certificato medico attestante una disforia di genere, prevista nel precedente regolamento, andava ad allungare di molto le tempistiche per l’attivazione dell’identità alias, creando allo stesso tempo non pochi disagi alle persone richiedenti, anche sul piano psicologico.
Per questo motivo, l’approvazione del nuovo regolamento rappresenta una prima, importante vittoria, di cui abbiamo avuto occasione di discutere con la lista di rappresentanza studentesca Studenti Indipendenti, impegnata da anni in un’opera di sensibilizzazione della governance di Ateneo e della comunità accademica sul tema dell’autodeterminazione di genere.
«Purtroppo, l’iter che ha portato all’approvazione del nuovo regolamento, elaborato dal CUG (Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità), è stato piuttosto lungo. C’è stata una prima approvazione da parte della Commissione Regolamenti nel mese di aprile, poi un passaggio in Senato, successivamente in CDA e, infine, di nuovo in Senato per l’approvazione definitiva – ha spiegato Flavia Faccini, rappresentante per Studenti Indipendenti – C’è da considerare anche che in Unimi la rappresentanza studentesca non è presente nel CUG, a differenza di quanto accade in altri Atenei, come Politecnico e Bicocca; questo certamente potrebbe essere un fattore che contribuisce ad allungare le tempistiche e a rendere più difficoltoso, per la rappresentanza studentesca, il fatto di interfacciarsi con quest’organo».
Dallo scorso maggio, comunque, per ottenere la carriera alias non è più necessario presentare un certificato medico che attesti una disforia di genere.
«Nel giro di un paio di anni, dopo l’introduzione della carriera alias avvenuta nel 2018, erano già stati riscontrati diversi limiti rispetto alla necessità di essere in possesso di un certificato di incongruenza di genere. Una prima difficoltà poteva essere di tipo economico, legata al fatto di dover intraprendere un percorso psicologico; spesso, poi, le persone che hanno dovuto intraprendere un percorso di questo tipo non hanno sentito di ricevere un vero e proprio supporto psicologico, ma hanno vissuto quest’esperienza nell’ottica di dover dimostrare ad un’altra persona il fatto di vivere questa incongruenza, con un conseguente disagio. Per molte persone non intenzionate ad intraprendere una transizione si trattava, inoltre, di un nulla osta di fatto non necessario».
Tuttavia, sono ancora diversi gli aspetti su cui la lista ritiene necessario lavorare. «Il prossimo obiettivo che intendiamo raggiungere è legato alla formazione di tutto il personale tecnico-amministrativo, non solo di coloro che andranno ad interfacciarsi con le persone richiedenti l’attivazione dell’identità alias, per evitare che si creino possibili situazioni di disagio anche quando, per esempio, si va semplicemente a ritirare un libro in biblioteca – oppure, in relazione al rapporto con l3 docenti, quando ci si trova a sostenere un esame.
Un altro grosso limite che intendiamo superare è legato al fatto che questo percorso non è ancora adeguato alle esigenze delle persone non binarie: ci sono persone che superano totalmente il binarismo e quindi preferirebbero l’impersonale, altre che tendono più verso un genere rispetto ad un altro, ma comunque non totalmente, e allo stato attuale delle cose queste persone sarebbero comunque costrette a scegliere tra uno dei due generi».
Un percorso, dunque, ancora lungo, che però la lista è decisa a portare avanti anche nella collaborazione con i collettivi queer, tra cui Queerstatale, gruppo studentesco LGBTQIA+ dell’Università degli Studi di Milano.
«Abbiamo collaborato molto con Queerstatale, soprattutto negli ultimi anni, perché porta avanti un lavoro molto importante di analisi critica sugli aspetti che concernono il benessere delle persone queer, all’interno dell’Università e non solo.
La collaborazione con i collettivi queer è fondamentale. Ad esempio, lo scorso luglio abbiamo organizzato un evento a cui hanno partecipato anche il CUG e Rete Lenford, una rete di avvocatura LGBT che lavora sul territorio nazionale. Questa ha portato una serie di esempi concreti, mostrando al CUG, che ha poi dovuto elaborare il regolamento, una serie di documenti, e mettendo in evidenza come l’introduzione di questa modifica non fosse solo possibile, ma anzi in grado di rappresentare un importante passo avanti».
Ad oggi, dunque, il procedimento per ottenere l’attivazione dell’identità alias in Unimi prevede le seguenti tappe: presentazione dell’istanza, redatta secondo apposito modello, alla presidente del CUG; sottoscrizione congiunta di un Accordo Confidenziale, nel quale è indicatǝ lǝ tutor incaricatǝ di dare supporto e assistenza alla persona richiedente nel completamento della pratica; dotazione, da parte dell’Ateneo, di un tesserino di riconoscimento indicante nome alias, cognome e matricola, unitamente alla fotografia, e di un account di posta elettronica istituzionale di Ateneo, composto dal cognome e dal nome di elezione.