Del: 15 Giugno 2023 Di: Luca Pacchiarini Commenti: 0

Il 15 di ogni mese, 5 album per tutti i gusti: Giradischi è la rubrica dove vi consigliamo i dischi usciti nell’ultimo mese che ci sono piaciuti.

Calibro 35, Nouvelles Aventures – recensione di Luca Pacchiarini

Il super gruppo, attivissimo, dei Calibro 35 continua a dimostrarsi di impareggiabile livello. Oramai del tutto fusion, anche se sempre con quel gusto noir/poliziesco che infonde tutto. Attivi dal 2007 e con concerti e tour in tutta Europa e Usa, il gruppo è formato da Enrico Gabrielli (polistrumentista, famoso per essere anche nei Mariposa), Massimo Martellotta alla chitarra, Fabio Rondanini alla batteria (batterista anche dei I Hate my Village e degli AfterHours), sempre con la produzione di Tommaso Colliva ma senza Luca Cavina al basso. Con questi grandi musicisti si passa da sonorità fusion a funk e rock strumentale, ma anche alla psichedelia di Extraordinaire e i più sperimentali Novecento e Mille e Milan au 30ème siècle, quest’ultimo pezzo una vera perla di grande valore. Ma anche momenti molto cinematografici coerenti con lo stile solito del gruppo, dalla vibrante energia come Gun Powder e soprattutto Ottofante, un grandissimo pezzo elegante come una fame fatale dall’energia di una notte immersa nella città. Ma anche sonorità più calde come in Mompacem, in cui chitarre acustiche, elettriche e percussioni vanno all’unisono in un universo desertico, dai forti sapori mediorientale. L’energia esplode in Bolero!: qui il rock fusion si fa e si dà, dalla tastiera alle chitarre in una scoppiettante musicalità.

Un album vario ma non dispersivo, capace di molto e di sorprendere ancora come ancora questo incredibile gruppo riesce a fare e dare, senza mai deludere le aspettative.

Iosonouncane e Paolo Angeli, Jalitah – recensione di Luca Pacchiarini

Una discesa antropologica, folclorica, avanguardistica. Un live di 52 minuti da ascoltare ininterrottamente, senza soluzione di continuità. Si spazia dall’etnomusicologia alla musica d’avanguardia sperimentale, dal post-rock fino a qualcosa di indefinibile. In questo album, registrato nel 2018 durante il loro tour, i due musicisti sardi prendono pezzi dal loro repertorio e li rivoluzionano, rimane il tema degli originali, a volte solo il testo quando presente, ma poi dall’unione delle influenze dei due musicisti si crea un viaggio nuovo, oscuro, una catabasi nella terra. Non ha senso spezzarlo in varie canzoni, non sono da prendere singolarmente ma come un grande corpo unico, omogeneo e vario in cui i due musicisti amalgano le loro varie influenze. Iosonouncane, uno dei musicisti più interessanti e da tenere più sottocchio degli ultimi 13 anni nel panorama italiano e non solo, si conferma qui un professionista assoluto, capace di ragionare bene con sé stesso e ben consapevole di quello che sta facendo e quello che sta cercando, il suo uso avanguardistico di sonorità elettriche, sinth, percussionistiche e molto altro si fa continuamente come ricerca. Similmente Paolo Angeli, compositore ed etnomusicologo che da decenni procede nella sua ricerca delle sonorità sarde, adoperando strumenti classici e del tutto nuovi come la sua Chitarra Sarda Preparata, strumento a 18 corde via di mezzo tra chitarra baritono, violoncello e batteria con pedaliere e martelletti. Così, unisce stili minimalisti, free jazz, folk e noise folk. Tutto questo unito e amalgamato perfettamente grazie alle grandi capacità di orchestrazione dei due. Ogni traccia qui è unica e da ascoltare nell’omogeneità di tutta la composizione, ma l’ultimo pezzo Nâr è quello che racchiude e riassume meglio l’idea di tutta l’opera nella sua incredibile potenza concreta ed etera.

Henry Threadgill, The other one – recensione di Gabriele Benizio

Il compositore e sassofonista di Chicago Henry Threadgill rilascia uno dei suoi lavori più interessanti quasi 50 anni dopo il suo primo lavoro. The Other One è un ottimo miscuglio di musica classica e jazz d’avanguardia. Con due bassi, sassofoni, viole e violoncelli l’ensemble formata da Henry si lancia in un lavoro estremamente creativo e in curiose combinazioni che mostrano il genio del compositore, che, arrivato alla soglia degli 80 anni, continua a stupire. Le atmosfere riflessive e cariche di tensione che vi accompagneranno lungo tutti e tre i movimenti, per una durata complessiva di 61 minuti, non lo rendono sicuramente un disco leggero da trangugiare come se nulla fosse; è anzi un album che va ascoltato con calma per coglierne ogni sfaccettatura. Sicuramente uno dei più riusciti di questo mese, e forse anche dell’anno stesso fino ad ora.

bar italia, Tracey Denim – recensione di Laura Colombi

Il terzo lavoro della rock band con base a Londra (ma voce femminile italiana) bar italia è un ascolto piacevole. Qualcuno potrebbe lamentare di trovarsi di fronte all’ennesima prova post-punk, ma il tutto è ben fatto, con la sua leggerezza vorticosa, tra voci sommesse e chitarrine malinconiche. Tracey Denim trasporta nella sua dimensione. L’ascoltatore è condotto gradualmente, traccia per traccia, alla scoperta di questo mondo semplicissimo, nei suoni e nelle parole. Da maestri, i bar italia coniano un lavoro coerente, e, ciò che più stupisce, semplice ma avvincente. Tra le 15 tracce, che non si esauriscono singolarmente, la traccia d’apertura è certo qualcosa di singolare (a noi ha ricordato persino Joan as a police woman). Ma soprattutto, qualcuno ci spieghi come togliersi dalla testa il riff di punkt o quello, di basso, di Clark.

Squid, O Monolith – recensione di Luca Pacchiarini

E dopo il loro grandioso album d’esordio di cui avevamo parlato nel 2021, gli Squid pubblicano il loro secondo album e non deludono, anzi si dimostrano tra le band inglesi più interessanti degli ultimi anni. Il loro post-punk unico e pazzerello si incontra con un certo gusto krautrock. La vitalità del primo album è però sostituita con la complessità e l’astrazione, come si nota in pezzi come Siphon Song e Undergrowth, ma poi torna con modi più addolorati con The Blades. La follia del gruppo però è presente, basti pensare a Devil’s Den in cui in 3 minuti racchiudono lo spirito di tutto l’album se non di tutta la band. Ma in generale questo album è un passo differente dal primo, più riflessivo, più new wave, più struggente come ben si sente in After The Flash e soprattutto nell’ultima traccia dell’album. Un lavoro di grand sostanza forse non raggiunge la novità del loro primo album però e con una certa ripetitività nelle strutture, ma molto ha da dire comunque e regala momenti di forza espressiva che a tratti ricordano gli utlimi progetti degli Swans. Un gruppo forte quindi, energico e che ben consolidato nel suo progetto, interessantissimo sempre.

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Luca Pacchiarini
Sono appassionato di cinema e videogiochi, sempre di più anche di teatro e letteratura. Mi piace scoprire musica nuova e in particolare adoro il post rock, ma esploro tanti generi. Cerco sempre di trovare il lato interessante in ogni cosa e bevo succo all’ace.
Laura Colombi
Mi pongo domande e diffondo le mie idee attraverso la scrittura e la musica, che sono le mie passioni.
Gabriele Benizio Scotti
Studente di filosofia, appassionato di musica, cinema, videogiochi e letteratura. Mi piace scrivere di queste tematiche e approfondirle il più possibile.

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