
In occasione del ventesimo anniversario dalla fondazione di Vulcano Statale, il giornale degli studenti dell’Università Statale di Milano, abbiamo pensato alla creazione di un numero speciale, di carta, che a partire da questa settimana potrete trovare nelle diverse sedi dell’Ateneo, oltre che leggere giorno per giorno sul nostro sito. Per ulteriori informazioni, seguici sulla nostra pagina Ig: @vulcanostatale.
Nel 2003, per iniziativa di alcuni studenti dell’Università degli Studi di Milano, nasceva Vulcano Statale, oggi a tutti gli effetti il giornale più longevo dell’Ateneo. Ai suoi inizi rivista trimestrale, oggi Vulcano è un giornale online che propone almeno una nuova pubblicazione al giorno.
Ma perché per noi è così importante mantenere vivo un giornale universitario?
Ci sembra che il modo migliore per raccontarlo sia proprio attraverso le parole di chi, negli anni passati, ha dedicato tempo ed energie a questo progetto.
Quella di Vulcano è stata un’esperienza radicalizzante. È il bello di essere un giornale indipendente, avere la possibilità di provare a raccontare la complessità di ciò che accade intorno a noi. Ripensando agli anni di Vulcano, c’è stata una vera e propria crescita in comunità. Oggi, alcuni di noi lavorano assieme alla redazione di The Submarine, altri sono giornalisti o freelance, altri ancora hanno preso altre strade: ma tutti ne siamo usciti arricchiti.
Alessandro Massone
In Italia, purtroppo, il fenomeno della stampa universitaria non si è mai davvero affermato. E invece ci sarebbe un grande bisogno dell’energia e dell’acume degli studenti universitari nel dibattito nazionale, spesso così asfittico e così inconcludente. Vulcano, in un certo senso, rappresenta un’eccezione, perché da vent’anni consente alle studentesse e agli studenti della Statale di prendere la parola e di esercitare il proprio senso critico.
Michele Pinto
Vulcano Statale è una palestra di scrittura e al tempo stesso un luogo d’incontro: raduna studenti provenienti dalle più disparate Facoltà e dai più diversi interessi, e proprio di questa ricchezza gli studenti stessi e il giornale si nutrono per fare informazione e per crescere. Vulcano, infatti, non è “solo” un giornale universitario, è uno spazio in cui imparare a confrontarsi con gli altri e a lavorare insieme, a essere creativi, a discernere tra le fonti affidabili e quelle che non lo sono, e soprattutto a mettere ordine alle proprie idee e trovare il modo più efficace per comunicarle.
Rossana Merli
Questo è per noi il valore di un’informazione che rende un servizio alla comunità studentesca, arrivando sulle notizie fredde piuttosto che rincorrendole. Questo approccio ci permette di riflettere, confrontarci e approfondire, facendo affidamento su fonti valide e precise ed evitando qualsiasi forma di spettacolarizzazione o semplificazione. E siamo convinti che questo modo di concepire il giornalismo abbia un futuro, nonostante i ritmi sempre più frenetici a cui ci stiamo abituando e nonostante la diffusione di nuovi strumenti dall’impatto potenzialmente dirompente.
Il riferimento è al tanto discusso ChatGPT (Chat Generative Pre-trained Transformer), un prototipo di chatbot specializzato nella conversazione con gli utenti.
Capire il funzionamento di ChatGPT è fondamentale per farsi un’idea a proposito del suo possibile impatto sul mondo del giornalismo. Il componente caratteristico di ChatGTP è un Language Model chiamato GPT-3 che, data una sequenza di lettere, stima la probabilità che quella sequenza sia effettivamente usata nella lingua in cui è scritta.
Per capire come tutto ciò avvenga, è importante partire da una premessa: la differenza fra una macchina e un essere umano è rappresentata dall’intelligenza di quest’ultimo, il che significa che noi siamo bravi nell’associare un significato alle parole, meno nell’associarvi un numero.
Le macchine, invece, sono più abili nella computazione, dunque riusciamo a far sì che esse associno alle parole un numero piuttosto che un significato.
In particolare, se immaginiamo ogni parola come un tassello univoco, non composto da elementi (ossia, le lettere), si può chiedere alla macchina di individuare tutte le volte che questo tassello, chiamiamolo x, compare in un testo, per poi identificare tutti i tasselli che compaiono dopo x e associare un numero a questa coppia di tasselli. Il risultato è una tabella nella quale si segna che il tassello a compare 3 volte accanto a x, il tassello b compare 5 volte, e così via.
Immaginiamo che il tassello x compaia 100 volte in un testo: da ciò deriviamo che la probabilità per a di seguire x è pari a 0,03, mentre per b tale probabilità è pari a 0,05. Quindi, quando si chiede alla macchina: x? La risposta della macchina sarà probabilmente b!
Facciamo un esempio: immaginiamo di aver fatto leggere alla nostra macchina un testo di ricette; all’input “cacio”, probabilmente sarà associato l’output “pepe” perché se chiediamo alla macchina di individuare il tassello x = “cacio” nel testo, esso, nella maggior parte dei casi, sarà associato al tassello b = “pepe”.
In questo modo, chatGPT è in grado di simulare un comportamento umano, generando testi potenzialmente indistinguibili da quelli che siamo abituati a leggere su un giornale, una rivista o un libro qualsiasi. Potenzialmente, però, non perfettamente, perché i limiti finora rilevati sui testi generati dal software sono molti: si parte dalla similarità tra contenuti riguardanti argomenti molto diversi tra loro fino ad arrivare alla falsità di alcune informazioni restituite dal chatbot in risposta a precise domande.
Nonostante le sue imperfezioni, è innegabile che chatGPT stia avendo un grande impatto nella vita quotidiana e professionale di molte persone, un impatto che non ha lasciato indifferente il garante per la protezione dei dati personali italiano.
Il software, infatti, è stato protagonista di una vicenda di data breach in seguito alla quale il sopramenzionato garante, temendo una violazione della normativa sulla privacy, ha disposto una misura cautelare volta a limitarne provvisoriamente l’uso. All’esito della notifica del provvedimento, ossia lo scorso 31 marzo, la società sviluppatrice ha subito comunicato la sospensione del servizio e ha avviato i lavori per assicurare il rispetto della normativa italiana.
La vicenda ha fomentato numerose polemiche, tra cui quelle del settore impresa, che ha vigorosamente gridato al ritorno di tale tecnologia. L’esito positivo delle consultazioni tra il garante e openAI è stato comunicato lo scorso 28 aprile, quando chatGPT è tornato disponibile per tutti gli utenti italiani.

Il software, dunque, è rimasto inaccessibile per meno di un mese (anche se, va detto, il blocco era facilmente aggirabile utilizzando una VPN), ma ciò non significa che non ci sia stato tempo per le polemiche. Per quanto il GPDP sia nominato dal Parlamento, infatti, la scelta di sospendere l’uso di chatGPT in Italia non si può definire politica, né tantomeno governativa. Detto ciò, tanto dal governo quanto dall’opposizione si sono levate poche voci – rispettivamente quelle di Salvini e Renzi, i quali sostengono che tale blocco ostacolerebbe il progresso tecnologico italiano.
Sulla sponda opposta, ChatGPT è visto con favore da una certa tendenza della sinistra odierna: non quella tradizionale operaia, bensì quella cosiddetta antilavorista, che vede nell’accelerazionismo e nella piena automazione la via d’uscita dal capitalismo. I suoi teorici parlano esplicitamente di intelligenza artificiale, anche se nel 2018 Linkiesta ne rammentava l’origine rossobrunista.
Ciò detto, sembra opportuno ricordare che anche a livello internazionale diverse personalità si sono apertamente schierate contro il rapido sviluppo di ChatGPT. Il riferimento è ad una lettera firmata da molti competitori dell’azienda sviluppatrice OpenAI.
Eppure, nonostante le opinioni contrastanti espresse in merito a questa nuova tecnologia – e la minaccia di “grandi rischi per l’umanità” predicata da Musk su Futureforlife.org – non sembra verosimile che una legge o un breve blocco possano arrestare la rapida diffusione e il costante perfezionamento di chatGPT.
La parola finale spetterà, dunque, ai consumatori, che saranno chiamati a usufruire dei servizi forniti da questa e da altre piattaforme utilizzando ciò che li distingue da esse: la capacità di pensare criticamente.