In occasione del ventesimo anniversario dalla fondazione di Vulcano Statale, il giornale degli studenti dell’Università Statale di Milano, abbiamo pensato alla creazione di un numero speciale, di carta, che a partire da questa settimana potrete trovare nelle diverse sedi dell’Ateneo, oltre che leggere giorno per giorno sul nostro sito. Per ulteriori informazioni, seguici sulla nostra pagina Ig: @vulcanostatale.
Quando questo marzo noi di Vulcano Statale abbiamo affrontato la questione delle cosiddette “borseggiatrici della metropolitana di Milano”, abbiamo provato a portare un punto di vista originale rispetto al panorama di allora: nel dibattito pubblico si discuteva moltissimo della liceità di riprendere in video o fotografare gli scippatori, o al massimo delle loro fotografie in manifesti segnaletici fatti in casa a seguito degli interventi di Monica Romano (eletta in consiglio comunale col PD nel 2021).
Nel nostro articolo non si parlava tanto di questo, quanto piuttosto del clima aggressivo, giustizialista e da vigilantes veicolato da alcune pagine Instagram (il giornalista Leonardo Bianchi non ha mancato di notare che sono «ronde, con i cellulari al posto dei manganelli»), più volte sfociato in violenza concreta.
Sarebbe però limitante attribuire l’interezza delle responsabilità a canali come Milanobelladadio, o ridurre la questione alla storia delle borseggiatrici: come ricordavamo a marzo, il discorso pubblico sulla sicurezza milanese si è esacerbato ed estraniato dalla realtà soprattutto a partire dal biennio 2020-21, in cui a proliferare erano principalmente notizie legate alla microcriminalità anche violenta, spesso erroneamente ricondotta al fenomeno delle baby-gang (il più delle volte, nella narrazione comune, di origine straniera).
Il tema è da tempo trattato con superficialità come vessillo di una politica di destra che coniuga proprie battaglie storiche securitarie (dal securitarismo allo scetticismo verso gli extracomunitari) alla possibilità di attaccare l’amministrazione di centrosinistra di una città vista come emblema dei radical chic, la Milano delle ZTL. D’altra parte, si è generata una polarizzazione tale che diversi esponenti del centrosinistra hanno preferito liquidare e sminuire le testimonianze di disagio milanesi come mero problema di “percezione”. Ma come stanno le cose?
Queste azioni nascono da una insoddisfazione molto comprensibile, ovvero ci si chiede perché, se le borseggiatrici vengono colte in fragrante e prontamente denunciate, il giorno dopo ci si ritrovi nella medesima situazione.
La risposta c’è, dal momento che l’art. 146 del Codice penale prescrive il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena nel caso in cui questa debba essere eseguita nei confronti di una donna incinta o che sia madre di un infante di età inferiore a un anno; per differita si intende che è rimandata a quando avverrà la decadenza della responsabilità genitoriali sui figli (art. 330 Codice civile), o a quando il bambino raggiungerà l’età precedentemente indicata. Oltre a questo, le varie pene ottenute in un periodo sono cumulative, cioè sono da scontare tutte appena cessa il differimento. Le famose borseggiatrici rientrano proprio in questa categoria, sono giovani madri o donne incinte che, per loro scelta, per via di condizioni di vita disperate o perché sfruttate da altri, delinquono, traendo vantaggio dalle disposizioni di cui all’art. 146. Tale risposta, però, risulta per molti insoddisfacente, giacché i furti continuano, così ritengono ancora più giustificato attaccare le borseggiatrici con video e simili, credendo, in questo modo, di mettere una pezza dove la giustizia non può.
Ancor più si pensa (erroneamente, come dimostrano i dati precedentemente citati) che la situazione della sicurezza cittadina sia effettivamente fuori controllo. Si tratta di un’illusione tipica della comunicazione social: vedere così spesso nuovi video su tali furti induce a pensare che il problema sia endemico, nuovo e in crescita, mentre i dati dicono il contrario: nuovo è, piuttosto, lo sguardo mediatico che si ha, il quale amplifica qualcosa di circostanziato.
Possiamo individuare come acme mediatico la metà di luglio 2022, quando Chiara Ferragni lamentò sui social una recrudescenza di furti con scasso e rapine per strada o in casa, chiamando in causa lo stesso sindaco Sala.
Come riportato dal Foglio e Linkiesta, i dati sul 2021 forniti dal prefetto milanese Saccone smentivano queste accuse: nel quadro di un generale calo dei reati del 29% dal 2011, in diminuzione erano i delitti più violenti, ma anche i furti in casa o in negozio segnalati da Ferragni.
In generale, le denunce per numero di abitanti sono in forte calo dal 2015 (cosa non necessariamente positiva). Ciò detto, su intervalli più brevi si notano rimbalzi: le rapine calano del 15% rispetto al 2011, ma dal 2019 sono aumentate del 14%, come ; nello stesso lasso di tempo sono cresciuti gli scippi e, in misura minore, le violenze sessuali.
Questi sono peraltro i reati che, confrontati con le infografiche del Sole 24 Ore del 2022, appaiono tutt’ora in crescita. Se, dunque, Sala o il questore Petronzi sottolineano un problema di “percezione”, “sentiment” o “reati più visibili”, questo non significa che le esperienze di disagio siano immaginarie: i problemi ci sono, soprattutto nelle periferie (come faceva notare Il Post in un articolo dello scorso luglio).
Semplicemente non sono di natura emergenziale: a partire dalle baby gang che gang non sono (citando don Burgio del Beccaria, non delinquono «in modo premeditato e con gerarchia all’interno»). A sfatare l’idea di una Milano come novella Gotham City sono peraltro gli stessi volontari dei City Angels così frequentemente citati su pagine come Milanobelladadio.
Così diviene comune parlare di insicurezza a Milano, di situazione fuori controllo e di forze dell’ordine che non fanno, o non riescono a fare, adeguatamente il loro lavoro. Tuttavia, anche su questo tema i dati contrastano con tale impressione, ma anche la sicurezza in città è da anni in aumento. Milano, infatti, è una delle città maggiormente coinvolte dall’operazione Strade Sicure, lavoro iniziato nell’agosto 2008 e che prevedeva la possibilità di impiego di personale militare appartenente alle Forze Armate per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, in aree metropolitane o densamente popolate. Tale operazione coinvolge tutto il territorio nazionale con l’impiego ad oggi di più di 6000 uomini e donne. Il 7 reggimento alpini è coinvolto nella sicurezza del capoluogo lombardo, fornendo assistenza alle forze dell’ordine già presenti. In particolare, svolgono lavoro di vigilanza fissa ad obiettivi sensibili e attività di pattugliamento e perlustrazione nelle zone del centro come Piazza Duomo-Castello Sforzesco, in Darsena, Gae Aulenti, Cadorna e Stazione Centrale h 24. L’anno scorso, proprio per aumentare il controllo sui mezzi pubblici, luogo in cui atti di criminalità sono più difficili da controllare per ovvie ragioni, è stato permesso, con un protocollo tra Comune di Milano e Forze Armate, di far viaggiare gratuitamente sui mezzi pubblici Ufficiali, Sottufficiali e militari di truppa in divisa appartenenti ai Corpi delle Forze Armate (Esercito Italiano, Marina Militare e Aeronautica Militare).
Proprio da ambienti simili, originati prevalentemente da gruppi social, emerge una risposta a questa sensazione di odio. Pensando implicitamente che i sistemi di sicurezza tradizionali non lavorino a sufficienza, sono sorti casi di gruppi che si fanno giustizia da soli usando come pena la gogna pubblica. Il riferimento è sempre alle borseggiatrici in metro, riprese con cellulari e i cui volti vengono diffusi su Instagram e altri mezzi, caso esemplificativo di uno stato d’animo generale. Chi lo fa è mosso da insoddisfazione e rabbia ma finisce per creare insoddisfazione e rabbia in altri, e il clima d’odio e giustizialista che è centro di questa riflessione aumenta.