Del: 30 Settembre 2023 Di: Alessandro Genta Commenti: 0
CCNL. Verso il fallimento della contrattazione collettiva

Il 1° giugno 2023 è entrato in vigore il rinnovo del CCNL (Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro) Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari.

Il tema, già toccato in un articolo di marzo, rientra ora in un ampio e maggiormente articolato contesto politico e giuslavoristico, in cui alle classiche contrattazioni collettive e rivendicazioni sindacali si stanno affiancando con forza pressante precisi principi costituzionali, nonché un chiaro protagonismo dell’argomento all’interno del dibattito parlamentare.

Ma facciamo un passo indietro: 

nell’articolo si constatava come il precedente CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari, firmato nel 2013 con il benestare delle principali sigle sindacali, fosse diventato nella pratica (e con il passare degli anni), sempre meno idoneo a poter rimunerare in modo consono e dignitoso i lavoratori e le lavoratrici del settore. 

Lo stipendio, che poteva arrivare all’ultimo livello d’inquadramento al di sotto dei 4,90€ lordi all’ora, era stato oggetto di diverse storiche sentenze, nelle quali si mettevano in relazione l’art. 36 della Costituzione, la relativa soglia di povertà (definita anche dall’Istat) e l’irrisoria retribuzione elargita ai dipendenti.

Filcams, Fisascat e Uiltucs esprimono un giudizio positivo per l’esito della consultazione pur consapevoli delle difficoltà che hanno caratterizzato il rinnovo, emerse anche in fase di consultazione.

Attraverso questa nota congiunta del giugno 2023 le federazioni di settore, rispettivamente di Cigl, Cisl e Uil, pubblicizzano con soffocata soddisfazione l’accordo appena raggiunto (approvato anche dalle assemblee territoriali).

Entrando nel dettaglio della retribuzione del CCNL (ridenominato Vigilanza Privata e Servizi di Sicurezza), si nota senz’altro un aumento, ma assolutamente esiguo. 

L’accordo prevede, infatti, un incremento retributivo medio di 140€ lordi, costituito da aumenti temperati in un lungo periodo (l’ultimo sarà ad aprile 2026). Il livello d’entrata rimane nella pericolosa fascia di reddito intorno ai 1000€ lordi al mese. L’intesa così trovata, dopo quasi sette anni di sofferta vacanza contrattuale, perde velocemente la ragion d’esistere, trasformandosi con altrettanta rapidità in una dura critica, alimentata dallo sdegno e riprovazione dei sindacati non contraenti.

L’Unione Sindacale di Base (Usb) indica chiaramente, con un comunicato pubblico, la ferma contrarietà al nuovo CCNL. Mostrando nero su bianco l’incremento orario, calcolato in 28 centesimi di aumento salariale orario, si rivolge con sprezzo verso i firmatari: «È giunto il momento di scegliere da quale parte stare e di dire basta a questi sindacati che da trent’anni mortificano il lavoro». La nota sindacale termina con un invito esplicito ai lavoratori delusi e irati: «Costruiamo una proposta alternativa a questo contratto. Facciamolo insieme».  

Senza mezze misure sono anche le parole di un altro sindacato, Cobas, che accusa i tre principali sindacati italiani di aver firmato un contratto «emblematico della mentalità datoriale», «basata sulla convinzione che si debbano fare profitti togliendo soldi a chi lavora». 

Insomma, seppur non manchino richieste di ulteriori tavoli di confronto e dialogo tra le controparti (in ultimo di Uil), la sensazione comune fra i dipendenti del settore vigilanza è quello di una dura sconfitta impartita nei loro confronti della associazioni datoriali. 

Sensazione che trova sempre più conferma, visionando i commenti con i quali decine di lavoratori si rivolgono a un rappresentante della vigilanza, intento a spiegare il successo e i benefici dell’accordo concluso con i sindacati in un video pubblicato su YouTube.

Paradossale, quindi, seppur caso emblematico, è il comportamento di un’azienda con sede a Vicenza, decisa a cambiare CCNL pur di non aggiornare gli aumenti e le maggiorazioni da erogare in busta paga. Immediata, ovviamente, la reazione.

In un contesto sociale ed economico dominato da una costante inflazione (Istat prevede un dimezzamento nel 2024), l’aumento delle garanzie salariali è diventata un’esigenza, e problematica, con la quale interfacciarsi quotidianamente. 

La soluzione al momento, sullo sfondo del tema salario minimo entrato fermamente in Parlamento, rimane una: affidarsi alle contrattazioni collettive tra i datori di lavoro e i sindacati. 

Una piccola digressione, in tal senso, è necessaria: nel lungo e acceso scontro tra favorevoli e avversi all’introduzione del salario minimo (applicato in 22 Stati dell’Unione Europea), anche la cifra stessa perde progressivamente valore. La proposta presentata quest’estate, da un pressoché compatto schieramento del fronte di opposizione al Governo, ritiene 9€ lordi come una giusta retribuzione minima oraria di partenza. È lo stesso importo già proposto nel 2019. 

Un elemento è, però, cambiato radicalmente: la variazione del costo della vita. Dal 2019 al 2022 il tasso d’inflazione medio (rispetto all’anno precedente) è passato dallo 0,5% all’8,4%.

Nel frattempo, il panorama lavorativo italiano rimane con numerosi CCNL scaduti da anni. Le ricadute, sempre più visibili, sono ormai certificate dall’aumento della quota dei lavoratori in stato di povertà, ma anche dalla minor quantità e qualità di servizi cui molte persone possono accedere e usufruire (in primo luogo sanitari).  

Alcuni numeri possono dare maggior forma e concretezza al fenomeno, causato non solo dal ridotto stipendio, ma anche dalla precarietà (e dal cosiddetto part-time involontario): nel Mezzogiorno oltre un quinto degli occupati si trova a rischio povertà (poco meno del 9% al Nord-Ovest). 

Non divagando troppo rispetto al tema principale, che vuol rimanere in primo luogo un aggiornamento, è difficile non menzionare almeno due CCNL in attesa di rinnovo: il Terziario di Confcommercio con oltre 2 milioni e 800 mila addetti, scaduto nel 2019, e ilPubblici Esercizi (Fipe), la cui attesa del rinnovo degli stipendi sta comportando come conseguenza diretta una minor attrattività verso la ristorazione. Settore, occorre sottolinearlo, già colpito fortemente da rivendicazioni e denunce di pratiche consuetudinarie non più accettate con facilità. 

La conclusione è semplice, probabilmente scontata. I lavoratori e le lavoratrici desiderano, attendono con apprensione un miglioramento del proprio potere d’acquisto, attraverso un vero cambiamento contrattuale. Il contrario del nuovo CCNL Vigilanza Privata e Servizi di Sicurezza. 

Alessandro Genta
Studente di Storia presso l’Università degli Studi di Milano. Vivo tra le due sponde del Ticino, mi interesso di dinamiche istituzionali e cambiamenti sociali.

Commenta