Del: 18 Settembre 2023 Di: Simone Santini Commenti: 0

Per oltre tre miliardi di anni, l’interazione tra la vita e il clima ha controllato le condizioni ambientali generali della Terra. Le attività umane, ad esempio la sostituzione della natura con altri usi del suolo, la modifica della quantità di acqua nei fiumi e nel suolo, l’introduzione di sostanze chimiche sintetiche nell’ambiente aperto e l’emissione di gas serra nell’atmosfera, influenzano queste interazioni. Rispettare e mantenere le interazioni nel sistema Terra in modo che rimangano simili a quelle che hanno controllato le condizioni del nostro pianeta negli ultimi 12.000 anni è fondamentale per garantire che le attività umane non inneschino cambiamenti drammatici nelle condizioni della Terra, cambiamenti che probabilmente ridurrebbero la capacità della Terra di sostenere le civiltà moderne.

Sono nove i “confini planetari” che rappresentano componenti dell’ambiente globale regolatrici della stabilità e della abitabilità terrestre: superare questi confini con attività antropiche lesive per la biosfera significa uscire dalla “zona di sicurezza” che ha permesso alla stessa civiltà umana di prosperare. Per la prima volta, vengono presentate le metriche per tutti i confini.

Sei dei confini sono stati trasgrediti e la trasgressione è in aumento per tutti i confini, ad eccezione del degrado dello strato di ozono terrestre.

Uno studio dell’Università di Copenaghen, pubblicato su Science Advances, rappresenta il terzo aggiornamento del quadro realizzato da ventinove scienziati di otto paesi diversi. La tendenza alla crescente trasgressione dei confini è preoccupante, spiega Katherine Richardson, docente del Globe Institute, leader del Sustainability Science Centre dell’Università di Copenaghen e responsabile dello studio: «Superare questi sei limiti di per sé non implica necessariamente conseguenze catastrofiche; tuttavia, rappresenta un chiaro segnale di allarme. Possiamo tracciare un’analogia con la nostra pressione sanguigna: una pressione superiore a 120/80 non è garanzia di infarto, ma ne aumenta il rischio. Pertanto, cerchiamo di abbassarla. Per il bene nostro e dei nostri figli, dobbiamo ridurre la pressione su questi sei confini planetari» .

Una conclusione importante dello studio è che occorre concentrarsi maggiormente sulle interazioni tra i confini: «Concentrarsi sui cambiamenti climatici causati dall’uomo non è sufficiente se vogliamo proteggere il sistema Terra da danni irreversibili», afferma Johan Rockström, direttore dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico (PIK) e proponente originario del quadro di riferimento nel 2009. Secondo Wolfgang Lucht, co-autore dello studio e capo del dipartimento di Analisi del Sistema Terra del PIK, «Oltre ai cambiamenti climatici, l’integrità della biosfera è il secondo pilastro della stabilità del nostro pianeta. La nostra ricerca dimostra che la mitigazione del riscaldamento globale e la salvaguardia di una biosfera funzionale per il futuro devono andare di pari passo».

La relazione tra biodiversità e uso della biomassa è un altro oggetto d’analisi importante: la necessità di rispettare il confine del cambiamento di destinazione d’uso del suolo pone l’accento sul crescente uso globale della biomassa come alternativa a carbone, petrolio e gas. La biomassa è il prodotto della fotosintesi e, quindi, fornisce l’energia che sostiene la biodiversità. «Il nostro studio dimostra che gli esseri umani si stanno appropriando dell’equivalente di circa il 30% dell’energia che era disponibile per sostenere la biodiversità prima della rivoluzione industriale», afferma Richardson. «Sicuramente, la sottrazione di così tanta energia che altrimenti sarebbe stata disponibile per la natura deve essere un fattore di perdita di biodiversità. Pertanto, proponiamo di adottare l’appropriazione umana della produzione primaria netta (HANPP), cioè l’uso della biomassa, come uno dei due parametri per valutare l’impatto umano sulla biodiversità».

Benché i risultati ottenuti dallo studio siano importanti per una migliore comprensione dello “stato di salute” del nostro pianeta, i modelli del “sistema Terra” devono ancora essere migliorati.

Come afferma Johan Rockström: «Un mondo che si sviluppa entro confini definiti dalla scienza è l’unico modo per gestire la nostra situazione attuale, caratterizzata da rischi crescenti e potenzialmente catastrofici, su scala planetaria. Lo riconosciamo già sul clima, dove l’accordo di Parigi ha adottato il limite planetario per il clima di mantenere il limite di 1,5°C. Allo stesso modo, il mondo ha accettato il limite planetario sulla biodiversità, quando è stato deciso alla COP15 di Montreal-Kunming del 2022, per arrestare e invertire la perdita di biodiversità sulla terra e negli oceani. Il nostro studio dimostra, tuttavia, che questo non è di gran lunga sufficiente. La scienza dei Confini planetari fornisce una “guida per l’azione” se vogliamo davvero garantire prosperità ed equità per tutti sulla Terra, e questo va ben oltre il solo clima, richiedendo una modellazione e un’analisi del sistema terrestre inedite e sforzi sistematici per proteggere, recuperare e ricostruire la resilienza planetaria ».

«La speranza è», conclude Katherine Richardson, «che questo nuovo studio serva da campanello d’allarme per molti e aumenti l’attenzione della comunità internazionale sulla necessità di limitare il nostro impatto sul pianeta per preservare e proteggere le condizioni della Terra che permettono alle società avanzate di prosperare» .

Simone Santini
Nato nel 1999 e studente di Biotecnologia, scrivo racconti per entusiasmare e articoli quando la scienza è il racconto più entusiasmante.

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