Del: 19 Settembre 2023 Di: Luca Pacchiarini Commenti: 0
Venezia 80, un ricco passo per l'arte cinematografica

Il senso dei traguardi raggiunti quest’anno dalla Mostra di Venezia non è meramente simbolico. I suoi 80 anni ratificano anche un segnale di ripresa del cinema internazionale dopo le difficoltà seguite alla pandemia.

Partiamo dai numeri.

Il dato complessivo di presenze è stato senza dubbio soddisfacente: un successo arrivato nonostante l’assenza di molte star americane, che non hanno partecipato a causa dello sciopero in corso a Hollywood.

I paesi rappresentati sono stati 54. I titoli iscritti sono stati 4061, tra lunghi e corti: 31,96% i titoli a regia femminile e 1,48% titoli a regia non dichiarata/altro (3 italiani).

Dieci sono state le sale a disposizione del pubblico, il totale dei posti in sala alla Mostra è arrivato a 6350. 114.851 ingressi complessivi nelle sale, inclusi accreditati (+18 sul 2022) e 11.328 accrediti distribuiti (+0,5% sul 2022). Gli accreditati, cioè stampa, professionisti del settore, studiosi e studenti, sono stati 13.023 (erano 11.967 nel 2022, +9%).

Il successo sarebbe stato determinato secondo il direttore Alberto Barbera da «una delle selezioni più forti della Mostra», ma anche dal cambio generazionale tra gli spettatori:

I giovani sono tantissimi, parliamo di ragazzi e ragazze di 17-18 anni fino a 25-30: è la conferma che il cinema continua ad attrarre anche i giovani, che cercano la qualità e sanno che qui a Venezia possono trovarla. Fa ben sperare per il futuro, del festival e delle sale. Perché è chiaro che l’obiettivo del nostro lavoro è quello di tenere in vita un sistema che ha garantito, per 120 anni, il successo del cinema.

Barbera, che ha diretto per la prima volta la Mostra di Venezia nel 1999, sottolinea anche l’aumentata partecipazione di pellicole italiane, numeri che non si raggiungevano dal 1982. Le pellicole in questione in concorso sono Adagio (S. Sollima), Comandante (E. De Angelis), Enea (P. Castellitto), Finalmente l’alba (S. Costanzo), Io capitano (M. Garrone) e Lubo (G. Diritti), queste ultime due in realtà coproduzioni rispettivamente col Belgio e con la Svizzera.

Barbera attribuisce una responsabilità positiva soprattutto al fattore produttivo e non solo a quello registico, nell’aver voluto investire in un salto di qualità volto ad una maggiore competitività sul piano internazionale.
Garrone ha ottenuto poi il Leone d’argento per la regia di Io Capitano, il cui protagonista Seydou Sarr ha anche vinto il premio Mastroianni per attori emergenti.

Se l’ampia rappresentazione italiana colpisce positivamente, non vale lo stesso per altre parti del mondo:

la sezione principale è stata dominata dai 21 film europei o nordamericani (fra cui il vincitore Povere Creature di Y. Lanthimos), mentre è stata ridotta la partecipazione latino-americana, ristretta al messicano Memory (M. Franco) e al cileno El Conde (P. Larraín), che pure ha vinto per la sceneggiatura. Ancora più evidente la penuria di pellicole asiatiche: concorreva per il Leone d’Oro solo il film giapponese Evil does not exist di R. Hamaguchi (premiato dalla giuria), anche se Love is a gun di Lee Hong-chi, taiwanese, ha vinto il Leone del Futuro per debuttanti. Nulla invece la presenza di film africani nella sezione principale.

Barbera ha attribuito la causa di quest’ultima assenza alla concorrenza del Festival di Cannes, quantomeno per le produzioni di paesi facenti parte della Francophonie, ma per il resto addita a responsabile (qui sì) l’impatto dei vari lockdown, interpretazione condivisa anche dalla Fiorentino (a guida della giuria della Settimana Internazionale della Critica), intervistata sempre da FilmTV.

Come sottolinea Fiorentino, la sezione autonoma non ha solo visto una forte partecipazione giovanile (in quanto dedicata ad autori emergenti), ma anche femminile:

non solo i temi dell’identità e del genere sono stati ricorrenti nelle pellicole, ma quattro su sette film erano diretti da registe (fra cui il vincitore, Malqueridas di Tana Gilbert).

Mentre Barbera specifica che il salto di qualità nella sezione principale è dovuto a «produttori della generazione di mezzo [50-60 anni, nda]», ci si potrebbe chiedere se la situazione degna di nota nella S.I.C. di quest’anno sia dovuta all’eccezionalità delle pellicole proposte da queste registe o sintomo di una più normalizzata rappresentazione femminile nell’industria cinematografica fra le nuove generazioni.

Cionondimeno la Mostra è stata oggetto di critiche anche sul fronte femminista e di genere:

il 4 settembre si è svolto un flash-mob durante il red carpet del film Coup de chance di Woody Allen, alla presenza di sua moglie Soon-Yi Previn (la cui relazione con il regista, iniziata quand’era figlia adottiva dell’allora compagna di Allen, è oggetto di controversie); in realtà la protesta era rivolta anche contro la presenza a Venezia dei film Dogman di Luc Besson (denunciato nel 2018 per stupro, accusa da lui respinta) e, fuori concorso, The palace di Roman Polanski (considerato latitante dal 1978 per un’accusa di violenza su minore negli USA).

È sicuramente fondata la protesta contro questi autori, i cui tre casi sono comunque differenti, ma il rigetto delle spiegazioni offerte da Barbera (basate sulla distinzione fra le sfere privata e artistica, già fatta dal direttore nel 2019) andrebbe meglio circostanziato: perché chiamare in causa la «cultura dello stupro» e il ruolo socioculturale del «patriarcato» (concetti verissimi e altrove pertinenti, ma meno in questi film che non sembrano nei contenuti trattare o giustificare la violenza), se il senso è piuttosto un pur legittimo boicottaggio di tipo economico ad autori considerati espressione di valori da allontanare?

Luca Pacchiarini
Sono appassionato di cinema e videogiochi, sempre di più anche di teatro e letteratura. Mi piace scoprire musica nuova e in particolare adoro il post rock, ma esploro tanti generi. Cerco sempre di trovare il lato interessante in ogni cosa e bevo succo all’ace.
Michela De Marchi
Studentessa di Scienze umanistiche per la comunicazione che aspira a diventare una giornalista. Sono molto ambiziosa e tendo a dare il meglio di me in ogni situazione. Danza, libri e viaggi sono solo alcune delle cose che mi caratterizzano.
Michele Cacciapuoti
Laureato in Lettere, sono passato a Storia. Quando non sto guardando film e serie od osservando eventi politici, scrivo di film, serie ed eventi politici.

Commenta