Ogni 1° dicembre dal 1988 si celebra la Giornata Mondiale contro l’AIDS, che ha l’obiettivo di sensibilizzare e informare il più possibile il grande pubblico riguardo alla malattia.
La data non è stata scelta casualmente, bensì si è cercato un momento in cui l’esposizione mediatica potesse essere massimizzata e si è perciò scelto il periodo appena prima del Natale. Nonostante oggi le persone affette da questo virus riescano a condurre una vita abbastanza serena, è di vitale importanza dargli visibilità in quanto si tratta di una realtà ancora attuale per molte persone.
Solo con l’informazione si può affrontare la lunga guerra, non ancora del tutto vinta, contro l’AIDS.
L’acronimo AIDS sta per Acquired Immune Deficiency Syndrome – in italiano “Sindrome da immunodeficienza acquisita” – ed è la malattia che si presenta a causa del virus dell’HIV, acronimo che invece sta per Human Immunodeficiency Virus (Virus dell’Immunodeficienza Imano). L’HIV attacca i globuli bianchi, responsabili della risposta immunitaria dell’organismo, abbassando le difese del corpo contro altri tipi di infezioni, funghi, tumori. Tuttavia, questo virus non ha una manifestazione specifica a livello sintomatico e, perciò, spesso non è rintracciabile se non attraverso la sottoposizione al test dell’HIV.
L’AIDS, invece, può presentarsi nelle persone affette da HIV anche anni dopo l’acquisizione del virus, quando il corpo umano non è più in grado di difendersi anche dalle infezioni o malattie più banali. Il virus dell’HIV può essere trasmesso tramite sangue, sperma, secrezioni vaginali e latte materno; perciò, le vie di trasmissione del virus sono i rapporti sessuali non protetti, lo scambio di siringhe o trasfusioni da parte di persone contaminate. Infine, l’HIV può essere trasmesso dalla madre al bambino durante la gravidanza o l’allattamento.
La lotta contro l’infezione da HIV e AIDS utilizza il rinomato fiocchetto rosso come simbolo per questa battaglia. È stato progettato dall’artista Patrick O’Connell, anche lui vittima della sindrome AIDS, ed è entrato in voga grazie a Jeremy Irons, attore che lo ha indossato ai Tony Awards del 1991. Il significato del nastro rosso è stato delineato così dalla Red Ribbon Foundation:
«Il Nastro Rosso è il simbolo mondiale della solidarietà agli HIV-positivi e ai malati di AIDS, e unisce le persone nella comune lotta contro questa malattia. Il Nastro Rosso è… rosso, come l’amore, per essere simbolo di passione e tolleranza verso chi è colpito. Rosso, come il sangue, per rappresentare il dolore causato dalla morte di tante persone per l’AIDS. Rosso, come la rabbia per il come siamo indifesi nell’affrontare una malattia per la quale non c’è ancora possibilità di cura. Rosso come segno di avvertimento da non ignorare uno dei più grandi problemi del nostro tempo.»
Questa malattia iniziò ad attirare l’attenzione negli anni ’80 e venne percepita come la “malattia degli omosessuali”, stigma che fu difficile da estirpare, nonostante in poco tempo le persone contaminate da questo virus si dimostrarono essere non esclusivamente omosessuali.
Infatti, la malattia iniziò a farsi strada anche tra le celebrità più rinomate dell’epoca; la più memorabile tra queste fu Freddy Mercury, che contrasse l’HIV nel 1986 e sviluppò la malattia nel 1987. Il frontman dei Queen scelse di tenere segreta la sua malattia fino al giorno prima della sua morte, quando confessò al mondo intero di avere l’AIDS. L’anno dopo, i rimanenti membri dei Queen, insieme ad altri artisti, gli dedicarono un concerto a Wembley, il cui ricavato andò al Mercury Phoenix Trust per la lotta contro l’AIDS e l’HIV.
Oggi, grazie all’avanzamento della ricerca e della medicina, le persone affette da questa malattia hanno a disposizione farmaci antiretrovirali efficaci e farmaci long-acting, che gli permettono di vivere una vita normale.
Tuttavia, è necessario non abbassare la guardia: nel 2022 sono avvenute 1.300.000 nuove infezioni, 1.888 delle quali in Italia. Gli sforzi della ricerca medica per trovare un vaccino o una cura al virus non sono abbastanza per ridurre a zero il numero dei contagi; il rischio di infezione non è nullo e bisogna fare il possibile per rendere consapevoli le persone di questa malattia, in modo da evitare di contrarla. È stata vinta una battaglia contro l’HIV, ma non la guerra; rimane ancora molto da fare per liberarcene completamente.
Articolo di Emma Pierri