Del: 24 Gennaio 2024 Di: Elisa Basilico Commenti: 0
AfD e un piano per la deportazione di massa

Decine di migliaia di persone si sono radunate in tutta Germania per protestare contro il partito radicale di destra Alternative für Deutschland (AfD) e la sua posizione contro persone migranti e rifugiati. Lo scorso sabato si sono accese numerose manifestazioni a ispirazione antifascista e antinazista nei principali centri urbani tedeschi, per un totale stimato di 250.000 partecipanti secondo il canale televisivo ARD.

I raduni hanno preso slancio dopo la notizia, diffusa il 10 gennaio dal giornale investigativo Correctiv, in merito a una riunione svoltasi a Potsdam tra membri di AfD e di altri movimenti neonazisti tedeschi: lì sarebbe stato discusso un progetto di deportazione di massa da attuare contro persone d’origine straniera e, nello specifico, contro cittadini tedeschi “non assimilati” (ovvero, non bianchi).

Tra i più notevoli affiliati dell’AfD si vuole ricordare Roland Hartwig, ex parlamentare che fino a qualche giorno fa serviva come assistente personale del leader del partito, Alice Weidel.

Prima considerato un individuo con significativa influenza tra i più alti livelli decisionali del partito, Hartwig è stato licenziato a seguito degli eventi riportati. Hartwig e Weidel hanno terminato la loro collaborazione “con effetto immediato e di comune accordo”, ha riferito l’emittente pubblica tedesca ZDF.

Tra i partecipanti c’era anche Martin Sellner, leader del Movimento Identitario austriaco, che sostiene l’esistenza di un piano da parte delle persone migranti per sostituire la popolazione bianca “nativa” in Europa e che discute, tra le varie possibilità, la scelta d’una destinazione per spostare le persone in un ignoto “stato modello” in Nord Africa, che fornirebbe spazio per un massimo di due milioni di persone. Non serve ricordare quanto il concetto di Sellner ricordi il piano nazista del 1940 per deportare quattro milioni di ebrei e dissidenti nell’isola del Madagascar.

L’AfD nasce nel 2013 non come un partito di destra radicale, ma come un gruppo conservatore fondato su euroscetticismo e liberalismo economico; la sua leadership inizialmente comprende membri delusi dell’élite tedesca tra cui molti ex politici di centro-destra, che hanno finora evitato qualsiasi associazione con i moderni partiti radicali di altri paesi europei. Questa strategia ha reso possibile per l’AfD ottenere una modesta copertura mediatica e così una rappresentanza politica nell’Europarlamento durante le elezioni del 2014, con sette membri accettati nel Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei.

L’anno successivo, con l’allontanamento dal partito dell’allora leader dell’AfD Bernd Lucke e di molti dei suoi sostenitori, l’AfD adotta un’esplicita posizione populista e aggressiva giocando sulle paure verso l’ondata migratoria e il fondamentalismo islamico.

La trasformazione del partito viene fomentata dalla decisione della cancelliera Angela Merkel di sospendere temporaneamente il Regolamento Dublino III, consentendo l’arrivo in Germania di centinaia di migliaia di richiedenti asilo respinti da Ungheria e Slovenia nell’agosto 2015.

Da allora il sostegno non ha fatto che crescere, guidato dallo spettro della minaccia etnica e da una crescente crisi lavorativa: nel 2017 il partito raccoglie il 12,6% dei voti e diventa il primo nuovo partito ad entrare nel Bundestag dagli anni ’90.

La maggior parte dei sondaggi ora colloca l’AfD al secondo posto su scala nazionale con circa il 20% d’approvazione (ben al di sopra del 10,3% nelle elezioni federali del 2021) e addirittura più del 30% nei tre stati orientali di Sassonia, Turingia e Sassonia-Anhalt. È proprio negli ex-stati della Germania dell’Est, dove redditi e pensioni risultano stagnanti e insufficienti rispetto alla controparte occidentale, che l’idea d’una deportazione di massa ha così grande successo.

Non per niente, fanatismo e razzismo sono a oggi punti fermi della retorica di partito.

Björn Höcke, presidente dell’AfD in Turingia, è noto per aver affermato che «le abitudini riproduttive degli africani» sono inaccettabili in Germania e che «finché saremo pronti ad assumere questo surplus di popolazione, [queste] non cambieranno».

Höcke sta attualmente affrontando una denuncia penale per aver concluso un simile discorso nel 2021 con un noto slogan nazista (Tutto per la Germania); il suo avvocato ha detto che l’accusa è ingiustificata, ma i servizi di sicurezza tedeschi lo considerano una minaccia.

L’idea di un piano di deportazione di massa è stata inoltre apertamente sostenuta da altri associati dell’AfD, tra cui René Springer dello stato di Brandenberg. Questo il suo post più recente pubblicato sulla piattaforma X: «Riporteremo gli stranieri nella loro patria. Milioni di volte. Questo non è un piano segreto. È solo una promessa. Per più sicurezza. Per più giustizia. Per preservare la nostra identità. Per la Germania».

Gerrit Huy, delegata parlamentare dell’AfD, ha affermato di aver sviluppato un suo specifico concetto di deportazione, suggerendo che il suo partito non si sia più opposto al piano del governo di accettare la doppia cittadinanza per questa ragione: «Così puoi revocare il passaporto tedesco, e loro ne hanno comunque un altro» rivela in una telefonata al Guardian. Attualmente è illegale, secondo la legge tedesca, spogliare le persone della propria cittadinanza se questo li renderebbe altrimenti apolidi.

Huy ha confermato anche la sua partecipazione all’incontro di Potsdam.

Nel 2017 ho presentato un piano, non accolto dal partito, per il reinsediamento di cittadini non tedeschi che non riescono a inserirsi nel mercato del lavoro […] Rimango ancora fedele a quella proposta.

I canali ufficiali di partito, tuttavia, a partire dalla stessa Weidel, insistono sull’identità democratica del movimento. «L’AfD […] giura fedeltà inequivocabile alla nazione tedesca, che include tutti quelli con cittadinanza tedesca – affermano sul loro sito web – Gli immigrati a cittadinanza tedesca sono tanto tedeschi quanto i discendenti di una famiglia che ha vissuto in Germania per secoli […] Per noi, non ci sono cittadini di prima e seconda classe».

Le proteste non sembrano però avere intenzione di fermarsi e nei primi giorni della settimana si sono estese anche a città come Dresda e Leipzig, considerate prima capisaldi dell’AfD. Tra i più vocali oppositori del partito si conta anche il cancelliere Olaf Scholz, presente domenica alla manifestazione di Potsdam: «Se c’è una cosa che non deve mai più avere spazio in Germania, è l’ideologia razziale ed etnica dei nazionalsocialisti. I ripugnanti piani di reinsediamento perseguiti dagli estremisti di destra non esprimono altro che questo. Sono un attacco alla nostra democrazia e quindi a tutti noi», ha detto il cancelliere nel suo #KanzlerKompact, una rubrica video in cui si rivolge ai cittadini.

Scholz si trova però in una situazione alquanto delicata, visto che il suo partito (SPD) è ora in picchiata nei sondaggi.

Anche la popolarità del cancelliere è ai minimi storici: egli stesso è stato fischiato nelle sue ultime apparizioni pubbliche per l’apparente incapacità di gestire la crisi lavorativa interna, in favore d’un programma (sempre più impopolare) accentrato sulla fornitura d’armi all’Ucraina. È inoltre incerto se riuscirà, come dichiarato negli ultimi giorni, a mettere l’AfD fuori legge dichiarando il partito non aderente alle leggi costituzionali.

La costituzione della Germania consente infatti di vietare i partiti che minano o tentano di abolire l’ordine democratico nazionale, come già successo con il Partito Socialista del Reich nel 1952 e con il Partito Comunista di Germania nel 1956.

Sia le forze politiche sia i singoli cittadini risultano divisi in merito: «Se vietiamo un partito che non ci piace, ma che è ancora in testa nei sondaggi, porterà a una maggiore solidarietà nei suoi confronti ha detto al Süddeutsche Zeitung Carsten Schneider, commissario federale socialdemocratico che teme una radicalizzazione dei seguaci dell’AfD – Il danno collaterale sarebbe molto alto».

Elisa Basilico

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