Del: 5 Gennaio 2024 Di: Matilde Elisa Sala Commenti: 0
Bookadvisor, consigli di lettura di febbraio

Il 5 di ogni mese, 5 libri per tutti i gusti: BookAdvisor è la rubrica dove vi consigliamo ciò che ci è piaciuto di recente, tra novità e qualche riscoperta.


I miei stupidi intenti, Bernando Zannoni (Sellerio) – recensione di Annachiara Esposito

I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni si rivela un capolavoro letterario fuori dalla comfort zone, un’opera premiata con il prestigioso Premio Campiello nel 2022. La narrazione prende vita attraverso gli occhi di Archy, una faina che si rivela ben oltre la sua natura animale, dotata di pensiero critico che si manifesta durante le situazioni peggiori.


Il romanzo trasporta il lettore in un mondo in cui gli animali vivono in case con letti, tavoli e piatti, un contesto che enfatizza sia la loro evoluzione che la contraddizione del pericolo che li circonda. Muovendosi per istinto, ogni giorno è una lotta per la sopravvivenza. Archy, tuttavia, è destinato a una vita devota grazie a una particolare conoscenza, diventando il custode di un tesoro straordinariamente prezioso, difeso con determinazione.


Attraverso dettagli macabri e colpi di scena inaspettati, le vicende di Archy suscitano angoscia e riflessione sulla sua esistenza, alternandosi con momenti di sollievo, facendo emergere aspetti sorprendentemente umani. La scelta di una faina come protagonista riflette il suo status di animale trascurato nel corso degli anni, nonostante si dimostri un protagonista di tutto rispetto. Fin dalle prime pagine, sembra spacciato, ma Archy affronta con tenacia sentimenti strazianti, dolori laceranti e personaggi loschi, dimostrando astuzia e fortuna.


Cento volte sabato, Michael Frank (Einaudi) – recensione di Michela De Marchi 

Con il romanzo Cento volte sabato, Michael Frank condivide la storia di Stella Levi, ultracentenaria sopravvissuta alla deportazione degli ebrei di Rodi. L’incontro tra i due avviene casualmente a New York, dove Stella è attiva nelle organizzazioni che ricordano la Shoah. Nasce così una frequentazione di sei anni in cui, per cento sabati, Stella racconta la sua vita a Michael.

Innanzitutto, narra la sua origine e la sua infanzia, vissute a Rodi nel quartiere ebraico della Juderia, arrivando poi alla deportazione ad Auschwitz avvenuta nel luglio del 1944. La storia di Stella nei campi è relativamente breve, ma grazie a questi racconti emerge la sua capacità peculiare di concentrarsi sul presente: per sopravvivere è essenziale negarsi pensieri sul passato e progetti per il futuro. Riuscendo a tornare dai campi nazisti, Stella diventa poi un’emigrata negli Stati Uniti, dove rimarrà per sempre una outsider

Ciò che risulta fondamentale per lei è di non essere ridotta solo a una testimone dell’Olocausto. Stella è più di una sopravvissuta dei campi ed è grazie alla sua storia che veniamo a conoscenza di mondi completamente diversi tra di loro: da una parte leggiamo delle tradizioni, dei riti e della quotidianità della Juderia, dall’altra della distruzione, della sofferenza e della perdita che Stella ha dovuto sopportare.

Dal ritratto composto da Michael, il lettore comprende la rarità della protagonista: possiede la capacità di essere un tutt’uno con la propria essenza vitale senza dover giustificare la sua vita con una carriera, un successo accademico o una vita famigliare. Grazie a Cento volte sabato l’esperienza di Stella non andrà perduta e rimarrà per sempre nella storia.


La piccola conformista, Ingrid Seyman (Sellerio) – recensione di Nina Fresia

La giovanissima Esther Dahan, la voce narrante de La piccola conformista, dice di essere nata «da destra, in una famiglia di sinistra […], il giorno di Natale per la disperazione di quell’atea di mia madre – che non mi aspettava così presto – e di quell’ebreo di mio padre». È proprio così che lei stessa si presenta nel geniale incipit del libro: l’inclinazione reazionaria, la sfacciataggine e il black humor stonano in modo evidente con l’immagine di una ragazzina. L’autrice, Ingrid Seyman, riesce così a criticare sia la sinistra francese degli anni Settanta che la borghesia conservatrice marsigliese attraverso le parole senza filtri di una bambina.

I genitori di Esther, Patrick e Babeth, sono sessantottini, militano contro la pena di morte e vivono nudi in casa. Il padre, un pied-noir con nostalgia dell’Algeria, fa dell’essere ebreo un accessorio che sceglie di sfoggiare a seconda dell’occasione e presenta un evidente disturbo ossessivo-compulsivo che lo porta a ripetere in continuazione le stesse espressioni.

La madre, invece, subisce senza saper reagire gli scatti d’ira del marito, ha come motto “vietato vietare” ed è convinta anticlericale. Il caos che regna nella casa è insostenibile per la piccola conservatrice e vi reagisce mettendo in atto una vera e propria rivoluzione che fa quasi apparire i suoi genitori tradizionalisti, imponendo, ad esempio, il suo battesimo.

Le parole di Esther sono dosate e scelte, rispecchiando il suo amore per la grammatica e l’ortografia, ma non prive di arguzia: la bambina osserva ciò che la circonda con innocenza infantile, ma elabora e commenta le immagini che la colpiscono con la causticità di un’adulta. La piccola conformista è un libro capace di far ridere di gusto, ma anche di infondere una sensazione di amaro disagio: il finale, seppur frettoloso, dimostra che l’ironia e il sarcasmo possono mascherare una cupa realtà.


Rosso cobalto. Come il sangue del Congo alimenta le nostre vite, Siddharth Kara (People) – recensione di Nina Fresia

Se oltre il 70% di un metallo che ci permetterebbe di mettere in atto la transizione verde venisse estratto in un solo Paese, non dovrebbe la popolazione di quest’ultimo vivere in un’economia florida? La risposta a questa domanda è no e le prove ce le consegna Siddharth Karanel suo libro Rosso cobalto. Come il sangue del Congo alimenta le nostre vite, bestseller del New York Timese e di Publishers Weekly.

Kara, ricercatore e attivista, ci racconta ciò che ha visto con i suoi occhi quando si è recato nelle regioni minerarie della Repubblica Democratica del Congo. L’autore dipinge un quadro completo della situazione, fornendo le coordinate di base per conoscere la travagliata storia della nazione fin dall’arrivo degli europei e per interpretare la sua difficile posizione politica e sociale.

Il contesto è necessario per tentare di dare una spiegazione al punto centrale del libro, ossia l’atroce condizione in cui versano i lavoratori artigiani congolesi, costretti a scavare nella terra alla ricerca di heterogenite da cedere per prezzi al ribasso ai négociants, che rivendono poi il cobalto alla catena di approvvigionamento formale. Questo tipo di attività mineraria artigianale è dannosa per la salute, soprattutto se praticata (come accade) da bambini, e potenzialmente mortale, specialmente quando si è costretti a incunearsi in instabili tunnel sotterranei, nonché distruttiva per l’ambiente.

Il cobalto estratto dai congolesi, spesso anche sotto coercizione o ricatto, serve a far funzionare le batterie dei nostri cellulari e delle nostre auto elettriche: senza questa risorsa, quindi, non sarebbe al momento possibile la transizione energetica ed ecologica. L’intento di Kara e della sua indagine è quello di spingerci a riflettere: la tragedia vissuta dai minatori artigianali riguarda anche noi, ci coinvolge, ma non ci preoccupa. Possiamo davvero diventare più “green” con le mani sporche di rosso?


A cena con l’assassino, Alexandra Benedict (Newton Compton Editori) – recensione di Matilde Elisa Sala

Lily Armitage riceve inaspettatamente una lettera da zia Liliana, defunta poco tempo prima, che la invita al tradizionale Gioco di Natale, che si svolge ogni anno a Endgame House. Peccato che Lily si sia ripromessa di non tornarci mai più, visto che ventun anni prima sua madre è morta proprio in quella casa.

C’è un piccolo dettaglio però, nella lettera della zia: Liliana promette a Lily di rivelarle chi ha ucciso sua madre solo se accetterà di giocare e di tornare a Endgame House. Infatti, proprio nei dodici indizi che compongono il gioco, la zia ha nascosto la risoluzione dell’omicidio e sa che solo Lily è in grado di risolverli e, finalmente, di capire. Lily accetta la sfida: rimarrà chiusa nella casa per dodici giorni, dal 25 dicembre fino al 5 gennaio, circondata da tutti gli altri membri della famiglia Armitage. Tremende vicende accadranno e oscuri segreti saranno rivelati.

Ambientato nel periodo di Natale, anche se, di natalizio, questo romanzo ha solo la collocazione cronologica, la storia si districa attraverso una trama piuttosto fitta ed enigmatica. La scrittura è scorrevole e accattivante, in grado di tenere sempre molto alta la soglia dell’attenzione del lettore. C’è però anche da dire che la risoluzione finale non presenta grandi colpi di scena: per chi è abituato a leggere o vedere gialli, alcuni aspetti potrebbero saltare subito all’occhio, tra cui anche lo stesso colpevole. 

Nonostante ciò, sono davvero curiosi gli enigmi disseminati all’interno del romanzo, alcuni dei quali proposti persino dall’autrice stessa ai lettori, invitati a giocare insieme ai personaggi nel corso della storia.

Matilde Elisa Sala
Studio Lettere, mentre aspetto ancora la mia lettera per Hogwarts. Osservo il mondo con occhi curiosi e un pizzico di ironia, perdendomi spesso tra le pagine di un buon libro o le scene di un film. Scrivo, perché credo che le parole siano lo strumento più potente che abbiamo.

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