Nelle ultime settimane, si è assistito a un aumento delle tensioni — ormai decennali — nel Corno d’Africa, soprattutto tra Etiopia e Somalia.
Tutto ha avuto inizio il primo giorno del 2024, quando il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud ha firmato una legge per rigettare l’accordo precedentemente annunciato tra Etiopia e Somaliland, mirato a fornire un sbocco sul mare allo Stato etiope.
Il Somaliland, o Repubblica del Somaliland, è una regione indipendentista, non riconosciuta a livello internazionale, che occupa le province settentrionali dell’attuale Somalia, colonia britannica fino al 1960. Confina a nord con Gibuti e a ovest con l’Etiopia. La regione si separò dalla Somalia nel 1991 dopo aver combattuto una sanguinosa guerra: da allora il Somaliland ha operato in modo autonomo, sebbene senza accesso al commercio o ai finanziamenti internazionali.
Ad alterare gli equilibri nell’area è stata l’Etiopia, guidata dal premier Abiy Ahmed.
Intenzionata ad ottenere uno sbocco sul mare, quest’ultima ha infatti siglato con il Somaliland un accordo che le garantirebbe l’accesso ai porti del Somaliland, in particolare a una zona costiera di circa 20 chilometri attorno al porto di Berbera sul Golfo di Aden, che risulterebbe di fatto “affittando” allo Stato etiope per i prossimi 50 anni. In cambio, l’Etiopia si è impegnata a valutare attentamente la richiesta del riconoscimento ufficiale del Somaliland come Stato indipendente.
Questo riconoscimento sarebbe il primo a livello internazionale, poiché nessun Paese dell’ONU l’aveva mai concesso prima. Inoltre, il Somaliland riceverebbe una quota della compagnia aerea di stato, Ethiopian Airlines, anche se i dettagli di questa parte dell’accordo sono ancora scarsi.
L’accordo è stato definito come «storico» dal governo etiope, in quanto consentirebbe ad Addis Abeba di «diversificare il suo accesso ai porti marittimi».
Esso lede però gli interessi della Somalia: il presidente Mohamud lo ha denunciato in quanto «violazione della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale della Somalia». Inoltre, in un’intervista rilasciata ad Al Jazeera, Mohamud ha avvertito il governo di Addis Abeba riguardo al transito di uomini etiopi nelle zone dell’area contestata. Nonostante questo avvertimento possa suonare come un ultimatum, il presidente somalo ha profilato una possibilità di accogliere le richieste etiopi: «la questione non è se l’Etiopia avrà accesso al mare. Vogliamo che l’Etiopia abbia accesso al mare, su questo non ci sono dubbi», ha dichiarato, aggiungendo poi che il governo è pronto a negoziare un accordo con Addis Abeba, ma non accetterà la cessione di una parte del territorio.
In sostegno di Mohamud è intervenuta inoltre la Lega Araba.
L’istituzione ha denunciato l’accordo tra l’Etiopia e il Somaliland, fornendo pieno sostegno all’Esercito nazionale somalo e accogliendo con favore la decisione del Consiglio di sicurezza di revocare l’embargo sulle armi nei confronti della Somalia. Ciò consentirà al Paese di rafforzare la propria sicurezza e stabilità.
Anche il Qatar, la Turchia, gli Stati Uniti, l’Unione Europea e l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica hanno esortato l’Etiopia a rispettare la sovranità di Mogadiscio.
Sulla questione è intervenuto infine il presidente egiziano al-Sisi il quale, durante una conferenza insieme al suo omologo somalo, ha annunciato che «non permetterà a nessuno di minacciare la Somalia» o «violare il suo territorio» e ha intimato di «non mettete l’Egitto alla prova».
Anche l’Egitto ha infatti interessi strategici sulla regione del Corno d’Africa, soprattutto per quanto riguarda il traffico nel Golfo di Aden e nel Mar Rosso, e la situazione di instabilità creata dall’accordo rischia di danneggiarli.
L’Etiopia ha però respinto le critiche avanzate dal Cairo, affermando che l’accordo, volto ad ottenere un accesso al mare, ha carattere meramente commerciale e non rappresenta un tentativo di annessione: questa posizione è stata ribadita anche in un post su X di Redwan Hussien, consigliere per gli Affari di sicurezza nazionale del primo ministro etiope.
Le tensioni tra Egitto ed Etiopia non sono del resto una novità:
specialmente negli ultimi mesi sono state alimentate dall’operazione del Grand Ethiopian Renaissance Dam, una gigantesca diga sul Nilo azzurro costruita dal governo etiope e contestata dal Cairo perché priverebbe l’Egitto delle proprie risorse idriche.
L’ultimo ciclo di colloqui per trovare un’intesa sul riempimento e sulla gestione della diga, svoltosi il mese scorso, si è concluso senza un accordo, e il Cairo e Addis Abeba si sono accusati reciprocamente del fallimento.
Ciò non fa altro che aggravare la situazione nel Corno d’Africa, dove già nell’ottobre 2023 il presidente etiope Ahmed aveva lanciato un invito, che suonava quasi come un ultimatum, a Eritrea, Gibuti e Somalia, al fine di discutere della necessità di uno sbocco sul mare per l’Etiopia.
Quest’ultima è rimasta infatti tagliata fuori dal Golfo di Aden dopo che una guerra durata tre decenni si è conclusa nel 1993 con la scissione dell’Eritrea, che ha ottenuto tutta l’ex costa etiope.
Lo sbocco sul mare sarebbe però cruciale per l’Etiopia, in primis per ragioni militari ma anche commerciali: nonostante sia uno dei paesi più popolosi dell’Africa con 120 milioni di abitanti, la sua economia risulta infatti limitata proprio per l’assenza di un accesso alle coste. Attualmente, l’Etiopia dipende principalmente dal Gibuti per le sue operazioni portuali, con il porto del piccolo paese dell’Africa Orientale che gestisce oltre il 95% delle merci etiopi in entrata e in uscita.
L’accordo con il Somaliland offrirebbe quindi all’Etiopia una maggiore apertura ai mercati:
ciò sarebbe fondamentale anche perché il Paese sta affrontando una grave situazione di siccità nella zona settentrionale del Tigray, che ha causato una carestia e la morte di centinaia di persone, in particolare bambini. Secondo Ufficio delle Nazioni unite per il Coordinamento degli affari umanitari (Ocha), sarebbero circa 4 milioni le persone colpite dagli effetti di questa siccità.
Nonostante il governo di Addis Abeba abbia minimizzato la gravità della situazione, sottolineando come gli aiuti siano già stati inviati, i “veterani” delle operazioni di soccorso hanno paragonato questa crisi a quella verificatasi nel 1984, quando una combinazione di siccità e guerra causò una carestia che uccise fino a un milione di persone.
Articolo di Luca Gualazzi