
La memoria è uno strumento molto strano, uno strumento che può restituire, come il mare, dei brandelli, dei rottami, magari a distanza di anni.
Così scriveva Primo Levi nel 1986, nel suo libro I sommersi e i salvati, e se è vero che la memoria restituisce a distanza di anni, è altrettanto vero che spesso non c’è bisogno di aspettare tanto. Ci sono luoghi infatti in cui quei “rottami” di cui parla Levi vengono restituiti quotidianamente, luoghi nelle città e nelle campagne in cui la memoria viene vissuta come parte ormai integrante del paesaggio e dell’architettura del paese, nonché della comunità stessa.
È il caso dei bunker che, costruiti durante tutto il secolo scorso, infestano ancora oggi i territori europei con le loro ingombranti strutture in cemento armato abbandonate nel centro e nelle periferie delle città, sulle spiagge e nei campi.
In Albania, il Paese in Europa con il maggior numero di bunker, sono circa 750.000 i gusci in calcestruzzo che costellano il territorio. Costruiti durante la dittatura comunista di Hoxha tra il 1944 e il 1985, dovevano fornire riparo sicuro in caso di bombardamenti e attacchi nemici che, però, non sono mai avvenuti. Da allora i bunker, per cui venne spesa un’ingente somma di denaro ai danni di un Paese già economicamente in crisi, sono rimasti inutilizzati e abbandonati.
Anche in Germania e in Nord Europa sono ancora ben conservati e inseriti nel paesaggio urbano i grandi bunker edificati durante la seconda guerra mondiale, tra le ultime testimonianze architettoniche di un periodo storico buio e di cui per anni si è tentato di eliminare le tracce.
Perché allora non sono stati abbattuti?
I bunker sono edifici estremamente difficili da smantellare proprio per via della loro solida costruzione, che ne rende davvero dispendiosa e complessa la demolizione. In un periodo post-bellico di povertà e crisi generale era dunque impossibile occuparsi di queste strutture, e col passare del tempo sono poi diventate parte della realtà cittadina. Per questo motivo da ormai decenni vengono promossi progetti per il riutilizzo di questi giganti di cemento, per scongiurarli dalla loro originaria funzione e renderli luoghi utili per la comunità.
In alcuni casi i bunker erano stati pensati sin dall’inizio con una successiva funzione pubblica e quindi è stato più facile convertirli in spazi utilizzabili: in Germania molti dei Flakbunker, rifugi dotati di cannoni contraerei, sono stati trasformati in edifici residenziali e persino in centrali energetiche. Proprio ad Amburgo infatti è stata realizzata tra il 2006 e il 2013 l’Energiebunker, un centro di produzione di energia pulita costruito all’interno di un bunker “cittadino” che, dotato di un grande impianto solare termico, rifornisce la zona residenziale circostante nel raggio di 1,5 km quadrati.

Ma non tutti i bunker hanno una struttura adatta per un riutilizzo di questo genere: in altri casi, come per i tantissimi bunker in Albania, dar loro una nuova funzione è stato più complesso, proprio per via delle caratteristiche architettoniche di questi edifici. Si tratta infatti di luoghi ciechi, chiusi e poco ampi, dei veri e propri contenitori di cemento.
È proprio per ridare una vita a questi bunker che nel 2008 nasce Concrete Mushrooms, un progetto lanciato da due studenti del Politecnico di Milano che si occupa del riutilizzo dei bunker albanesi a favore dei cittadini e dei turisti. Molte di queste strutture sono state convertite in musei, spesso dedicati alla storia dei bunker e della dittatura di Hoxha, in spazi destinati ad ospitare mostre o iniziative artistiche, in ostelli e perfino in discoteche e locali.
Anche in Italia si sta lavorando al riutilizzo del bunker più grande del Paese: il West Star, una struttura costruita dalla NATO durante il periodo della Guerra Fredda e che, come spesso accade, non è mai stata utilizzata. Situato ad Affi, in Veneto, e posto a 150 metri sottoterra, l’ex bunker verrà adibito a museo sotto la coordinazione di Michelangelo Pivetta, professore associato del dipartimento di architettura di Firenze, secondo l’accordo tra il comune veneto e l’ateneo toscano, che garantisce un budget di 40 mila euro per i lavori nell’edificio.
Il progetto, presentato nel 2022, prevede un «restauro conservativo»: l‘enorme struttura (si parla di circa 13 mila metri quadrati) verrà ristrutturata senza essere alterata o snaturata, in linea con lo scopo che le verrà dato una volta pronta, ossia quello di un museo che racconta la storia della guerra fredda e del West Star stesso, dalla sua costruzione alla sua più recente funzione.
Sono tanti i bunker a cui è stata data una nuova vita, eppure ancora moltissimi rimangono abbandonati, illesi.
Occupano spazio sul territorio così come la loro storia occupa spazio nella memoria collettiva. Sono tanti anche i progetti che ci sono e ci saranno per dare una nuova vita ai bunker, ma bisogna ricordare che se agli edifici è consentito dimenticare la propria storia, all’uomo questo lusso non è permesso.
Articolo di Greta Allegra Monti