Del: 6 Marzo 2024 Di: Cristina Bianchi Commenti: 0

Il 23 novembre 2023 Antonio Albanese ha presentato nelle sale italiane il suo ultimo film, Cento Domeniche, di cui è regista, protagonista e sceneggiatore insieme a Piero Guerrera. I due sono riusciti a racchiudere in un’ora e mezza un dramma sociale che ha afflitto l’Italia soprattutto nel decennio scorso, ma che continua a rappresentare un problema importante: le frodi bancarie

È un racconto verosimile, che mette al centro dell’opera le difficoltà di un uomo comune, l’umiliazione e la disperazione a cui va incontro quando si ritrova senza lavoro e senza risparmi a causa di ingiustizie sociali.

Antonio Riva, il protagonista, è un operaio di Olginate. Costretto alla pensione anticipata per problemi economici dell’azienda per cui lavora, nel tempo libero si diverte ad andare al circolo del paese per giocare a bocce con gli amici. Due figure femminili sono al centro della sua vita: la mamma anziana, con cui ancora abita a causa delle proprie difficoltà economiche e della quale si prende cura, e l’unica figlia, Emilia. 

Fin da quando Emilia era piccola, Antonio sognava con lei il giorno del suo matrimonio, provando la camminata fino all’altare. Così, ora che una ormai cresciuta Emilia annuncia il proprio fidanzamento, Antonio è pieno di gioia, ed essendo molto legato alla tradizione si impegna a pagare da solo il matrimonio. 

A questo punto il film cambia passo. La banca dove Antonio ha depositato i risparmi di una vita e il TFR, secondo i giornali, è sull’orlo del collasso e attua truffe ai danni dei suoi clienti.

Tra i truffati c’è anche lui che, per aver dato fiducia al direttore della banca, rimane schiacciato come molti altri da un meccanismo mosso dall’alto.

Nella scrittura di questo film Albanese ha inserito una parte di sé. Il regista, come il suo protagonista, è infatti nato e cresciuto nella cittadina di Olginate, in provincia di Lecco. Dall’età di quattordici anni, fino a quando ha iniziato a studiare e lavorare in teatro a Milano, lavorava a propria volta il tornio in un’azienda della zona.

Il titolo Cento Domeniche deriva proprio dalla comunità in cui il regista è cresciuto e in cui gli operai «hanno costruito le loro case in cento domeniche».

Questa frase simbolo ricompare nel film per tramite di un ex collega e amico di Riva, portato d’urgenza in ospedale per un infarto dovuto alla situazione di vittima che anche lui sta vivendo. 

Se il personaggio più tragico interpretato da Albanese, come da lui stesso riconosciuto, è Cetto La Qualunque, politico calabrese protagonista di una trilogia comica che lo rappresenta in tutte le sue sfaccettature più becere di cui «solo il 20% è inventato», Antonio Riva è, invece, il personaggio più vero, in quanto ispirato dalla frase simbolo «potevo essere io». Ciò ha reso intimo il lavoro di scrittura e interpretazione, donando allo spettatore modi di vivere, di fare e di sognare reali e vicini.

Cento domeniche è frutto di una lunga ricerca sull’argomento, condotta attraverso la lettura di libri e cronache ma anche e soprattutto incontrando chi ha subito le situazioni narrate e chi ha assistito le vittime. Un importante contributo è stato fornito dalla psicologa volontaria Emilia Laugelli, che, avendo seguito la causa e supportato le persone truffate dalle banche in Veneto, ha aiutato Albanese e Guerrera a capire i molteplici risvolti psicologici che questo tipo di ingiustizia può avere sulla vittima: perdita di sonno, depressione, sentimento di vergogna, isolamento volontario. 

Albanese è riuscito a scrivere e dirigere un film rivoluzionario: cambia la prospettiva, non consegna allo spettatore il solito film sulle frodi fiscali dal punto di vista di chi le attua, narrazione tipica di alcune celebri pellicole hollywoodiane. Pone invece l’accento su chi subisce questi reati, e in particolare racconta di un presente tradizionale, fatto di onestà e valori morali, che viene intaccato dalla modernità e da un doppio tradimento perpetuato dagli impiegati della banca. 

La pellicola si trasforma in un film necessario, che getta luce sul mondo dei più deboli.

La perfetta rappresentazione di un uomo normale che vive una vita normale, ma che a un certo punto viene travolto da una forza più potente di lui a cui cede piano piano. Da quel momento fatica a dormire, inizia a frequentare centri di sostegno psicologico e si rifiuta di vedere la figlia, che prova ad aiutarlo. Antonio Albanese conduce il suo personaggio sempre più in profondità verso l’abisso di un uomo, di un lavoratore e di un padre rimasto nudo, senza difese, senza futuro per lui e per chi gli è più caro, che si sente perso, inadeguato e umiliato. 

Albanese e Guerrera sono riusciti a costruire personaggi quasi perfetti nelle loro imperfezioni di esseri umani, nelle loro vite fatte di alti e bassi. Un film drammatico che lascia però trasparire dei momenti di comicità e di allegria, grazie al talento di Albanese nel conferire ad ogni suo personaggio connotazioni ambivalenti.

Cristina Bianchi
Giurista pentita che si è convertita a scienze politiche. Mi interessa molto trovare una connessione tra attualità e cinema, che permetta alle menti creative di viaggiare attraverso le epoche e sviluppare un pensiero critico.

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