«La stanza di Giovanni parla di quello che succede se hai paura di amare», così James Baldwin descrive durante un’intervista tenutasi nel 1984 il contenuto del suo secondo romanzo. La storia, infatti, ruota attorno alla figura di David, giovane newyorkese che si rifugia a Parigi nel tentativo di allontanarsi da un’esistenza scomoda, già fastidiosamente programmata. In Francia il ragazzo può dimenticarsi del tormentato rapporto con il padre, la zia e la fidanzata Hella, che nel frattempo è partita per la Spagna per prendersi un po’ di tempo per riflettere sul futuro della loro relazione, ma non di sé stesso, di quella sua natura vergognosa e ripugnante che si porta dietro dagli Stati Uniti. Questo gli appare immediatamente chiaro non appena conosce Giovanni. Infatti, nonostante gli sforzi per negare a sé stesso e agli altri le sue vere inclinazioni, la prima conversazione che intercorre tra i due ha quasi il sapore di un coming out pubblico, perché l’alchimia che si instaura immediatamente è sin da subito sotto gli occhi di tutti.
Una storia tormentata e dolorosa, che affronta tematiche che oggi non scandalizzano più quasi nessuno, ma che certo lo facevano nel 1956, quando il romanzo viene pubblicato.
Una delle grandi doti del libro è, infatti, l’aver portato sotto gli occhi di un ampio pubblico di lettori questo tipo di storie, incoraggiando un dibattito più ampio e diversificato su questioni riguardanti l’orientamento omosessuale. La grandezza del romanzo, oltre che nei contenuti, sta poi anche nella forma con cui questi vengono espressi: uno stile immediato e raffinato, una prosa magnetica e coinvolgente, che dà la sensazione che ogni parola sia davvero quella giusta, che un determinato fatto non possa essere descritto diversamente.
La stanza di Giovanni racconta di una ricerca identitaria, della necessità di autodeterminarsi liberamente nonostante tutto, della tensione tra il desiderio artificiale di una vita “normale” e tra le righe e una natura incontenibile, a cui non si può sfuggire. Baldwin mette in scena una vicenda in cui vincono i pregiudizi, le paure, il desiderio di conformità, una storia come tante, ma che sin da subito mette in chiaro che l’epilogo non può essere che tragico. Sin dall’inizio, infatti, il lettore ha ben presente di trovarsi di fronte ad una tragedia in divenire: il romanzo non nasconde nulla, è tutto alla luce del sole a partire dalla prima pagina. Persino David che, ripercorrendo a posteriori le vicende accadutegli cerca continuamente di negare, di razionalizzare, di trovare una coerenza, è comunque allo stesso tempo consapevole dell’inutilità di tutti questi sforzi.