Riccardo Milani, vincitore del Nastro d’Argento Documentari 2024 e candidato per miglior documentario alla 69esima edizione dei David con Io, noi e Gaber – ritratto del Signor G tra musica, teatro e l’impegno intellettuale che ha caratterizzato tutta la sua vita – torna in sala con Un mondo a parte, al cinema dal 28 marzo, che vede protagonisti Virginia Raffaele e Antonio Albanese.
In quest’ultima pellicola, la quinta con Albanese e la prima con Raffaele, il regista racconta un “mondo a parte”, cioè una storia che punta i riflettori sulle difficoltà che molti Paesi di Alpi e Appennini vivono quotidianamente e di cui poco si parla.
Una commedia sociale che sfrutta un territorio tanto bello quanto vittima di precarietà e spopolamento, descritto con gli occhi degli abitanti del luogo che hanno accettato di raccontare sé stessi.
Il maestro Michele Cortese, che da Lodi si è trasferito a Roma per insegnare in una scuola elementare nella periferia della capitale, dopo 40 anni si sente frustrato in quella realtà e viene trasferito, dopo aver fatto richiesta, all’Istituto Cesidio Gentile detto Jurico (poeta e pastore) a Rupe, paese situato nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Michele è catapultato appunto in un “mondo a parte”, di cui non conosce la lingua, gli usi e i costumi.
Vive, quindi, una fase iniziale di spaesamento e inadeguatezza; ben presto però si adatta e diventa parte della comunità, imparando facilmente a resistere al freddo della montagna e diventando parte del Noi della comunità del piccolo borgo, perché «la montagna lo fa». Quest’ultima ha cioè delle forti tradizioni, che entrano nel cuore e cambiano le persone.
Michele insegna ad una classe molto diversa da quelle della capitale a cui si è abituato:
è unica e mista, composta da pochi bambini che frequentano la prima, la terza e la quinta elementare e, a causa dello spopolamento, rischia la chiusura. Il maestro, con l’aiuto della vice preside Agnese, per salvare la scuola e quindi la comunità intera, si adopera a trovare bambini per raggiungere il numero minimo, così da rimanere aperti e un punto di riferimento per il paese. Mette quindi in atto ogni strategia utile, anche se al limite della legalità: come far assegnare al comune alcune famiglie di profughi ucraini con bambini che possano frequentare la scuola elementare.
L’idea di Milani di uscire dal confine di Rupe per coinvolgere e accogliere i bambini e le famiglie dei rifugiati di guerra ricorda la figura del maestro Enrico Bottini, protagonista del romanzo Cuore di Edmondo de Amicis, che presenta ai suoi scolari piemontesi il nuovo compagno di classe di origini calabresi dicendo «vogliategli bene in maniera che non si accorga di essere lontano dalla città dove è nato».
I due concetti che diventano il filo conduttore di tutta la storia sono: l’importanza della scuola pubblica e la restanza di una comunità.
La scuola è importante per tutta la comunità, perché i bambini rappresentano una risorsa. Come precisato da Antonio Albanese alla prima del film tenutasi il 25 marzo, presso il cinema Anteo di Milano, a cui Vulcano ha partecipato, «la scuola deve avere delle grandi responsabilità perché educa il presente per un buon futuro».
Difatti, se la scuola chiudesse sarebbe la rovina di tutta Rupe, che vivrebbe una fase di deterritorializzazione, cioè di declino delle attività produttive prima e di dispersione, disgregazione e divisione della comunità dopo. Quest’ultima «farebbe la fine di Sperone», paese di origine di Agnese, rimasto ormai disabitato. .
Il film, inoltre, si basa sulla restanza. Albanese utilizza questo tema durante il colloquio con i genitori di Duilio, un ex alunno della vice preside, che vuole fare l’agricoltore restando nella sua terra per farla crescere e per crescere insieme ad essa. Il maestro cita l’antropologo Vito Teti e il suo ultimo saggio dall’omonimo titolo, nel quale il lettore è portato davanti a temi e problemi diversi come lo svuotamento dei paesi e l’impoverimento culturale, con la conseguente perdita di tradizioni e identità delle piccole realtà, sottolineando come il partire e il restare rappresentino i due poli della storia umana.
Questa dialettica binaria divide il film in due blocchi caratterizzati il primo dalla rassegnazione e il secondo dalla resistenza.
La rassegnazione è visibile fin dall’inizio, quando il maestro Michele non sopporta più di vivere nella capitale ed essere completamente ignorato dai suoi alunni oltre che dalla comunità, all’interno della quale vige il detto: «la rassegnazione si mangia a morsi con la scamorza», perché, arrivate all’adolescenza e poi all’età lavorativa, le persone sono costrette a trasferirsi e quindi a cambiare radicalmente vita lasciando la propria casa.
Infine, il film si incentra sulla resistenza di tutta la comunità, che solidalmente si unisce per aiutare la scuola a non chiudere e per far rinascere il paese, con l’obiettivo di garantire un futuro migliore per i bambini. Milani, attraverso questo espediente, trasmette allo spettatore la volontà di resistere e di non abituarsi al peggio. Come evidenziato da Albanese, è necessario reagire e non rassegnarsi agli eventi.
Il regista ha voluto presentare Un mondo a parte con la prima canzone da solista di Marco Castoldi, in arte Morgan, Altrove. Brano che, fin dai primi versi, inizia con la volontà di ribellarsi al conformismo e ai pregiudizi: «mi alzo col piede sinistro, quello giusto».
Questa canzone parla della necessità di apprezzare la follia cioè «l’unica via per la felicità», ciò che aiuta ad essere liberi da tutto e tutti e pensare fuori dagli schemi per trovare soluzioni migliori. Morgan, così come il maestro Michele, parla della rinuncia alla cosmogonia, cioè l’importanza di lasciare andare il passato, slegandosi dalle imposizioni sociali e culturali per dare spazio ad un nuovo percorso di vita.
Altrove è la canzone che porta lo spettatore ad iniziare un viaggio che culmina con la visione del film, poiché riprende la storia del maestro Michele, anche se per la pellicola Milani ha preferito usare Agnese di Ivan Graziani, in quanto abruzzese.
La pellicola, quindi, si schiera con i più deboli anche rispetto alla storia parallela della sorella di uno dei bambini della classe di Michele, che scappa di casa e tenta il suicidio perché i genitori non accettano la sua omosessualità. Anche in questa scena, così come in tutto il film, si evince il concetto fondamentale della solidarietà: quella della vice preside Agnese, che cerca sempre di aiutare la ragazza, ma soprattutto quella di Michele, che si getta nel fiume ghiacciato per salvarle la vita.
Per cui, in questo “mondo a parte”, i membri della comunità, per sopravvivere, devono aiutarsi a vicenda: così come i lupi aspettano gli altri componenti del branco, gli esseri umani devono tornare alla loro vera natura solidale e comunitaria.
Riccardo Milani è riuscito, come già in Grazie ragazzi, a parlare di temi difficili in modo umile e sincero, arrivando alla mente e al cuore dello spettatore, che riesce ad immedesimarsi nella storia e a entrare a far parte del Noi della piccola comunità. Cruciale è infine l’analisi puntuale e profonda che contraddistingue la cinematografia del regista, affiancato da attrici e attori non professionisti del luogo e da Virginia Raffaele e Antonio Albanese, che hanno saputo integrarsi nella comunità con grande rispetto e professionalità.