Il 5 di ogni mese, 5 libri per tutti i gusti: BookAdvisor è la rubrica dove vi consigliamo ciò che ci è piaciuto di recente, tra novità e qualche riscoperta.
Canzoni per il mio utero per Bach e per l’opposto al mio Zenit, Maria Cefalà (Il ramo e la foglia Edizioni) – recensione di Matilde Elisa Sala
«Queste poesie sono le confessioni di un aborto». Così inizia il racconto in versi di un pezzo di vita di Maria Cefalà. Ci vuole tanto coraggio per guardarsi dentro e consegnare nelle mani dei propri lettori, un qualcosa di così personale e profondo, ma Maria di coraggio ne ha da vendere: ne ha avuto tanto quando ha scelto di sottoporsi a un aborto volontario, ma non voluto; quando ha firmato sola quel foglio e si è trovata di fronte a un’obiettrice di coscienza; quando ha affrontato il dolore e c’era Bach con lei a darle conforto. Non è facile prendere una scelta del genere, non è facile non sentirsi in colpa immersi in un mondo in cui i giudizi, non richiesti, sono proprio lì che bussano alla porta, quando ti guardano male perché dovresti vergognarti di ciò che hai fatto, senza nemmeno pensare ai motivi per cui si è giunti a una decisione del genere. Un tema aspro, scomodo e fin troppo attuale, mediato dalla grande dolcezza e musicalità dei versi poetici di Cefalà, poesie che ci spingono a interrogarci su come il mondo e la società costringono le persone a vivere la propria maternità, oppresse dalla fretta che spesso proviene dall’esterno.
Canzoni per il mio utero si aggiunge alle letture necessarie che trattano la tematica dell’aborto. Un percorso scosceso, un viaggio in nave in mezzo al mare mosso: l’approdo però è sereno. Maria è viva, si sente viva ed è qui a raccontarci la sua storia, sempre accompagnata dalla musica di Bach.
La storia se ne frega dell’onore, Gian Arturo Ferrari (Marsilio) – Recensione di Nina Fresia
Milano, 1936. Il fascismo penetra ogni aspetto della vita sociale e per farlo ha bisogno di qualche emissario: il commissario riceve infatti ogni giorno i propri informatori e tiene d’occhio per conto della polizia politica, e quindi direttamente per il Duce, possibili sentimenti antifascisti che serpeggiano sia ai piani alti che tra la gente comune. Ma il commissario è morto e la sua dipartita sembra essere collegata con uno strano incidente in cui ha perso la vita Luigi Bassetti, direttore editoriale di un’importante casa editrice. La sua amante segreta, Donatella Modiano, non crede nella fatalità e, colma di senso di colpa nel cuore, indaga sugli ultimi giorni del suo grande amore e sul contenuto della borsa da cui tanto faticava a separarsi.
Un breve, ma veramente capace di incollarti alla pagina, giallo sul mondo dell’editoria ai tempi del fascismo, un punto di vista inaspettato sul regime di Mussolini. Mentre si cerca di arrivare alla soluzione del mistero, l’autore dà modo di scoprire che cosa significa pubblicare libri in un regime di censura e come il fascismo pretendesse, vanamente, di controllare un’intricata rete di ambiguità e doppiogiochismo.
Fratellino, Amets Arzallus Antia e Ibrahima Balde (Feltrinelli) – Recensione di Nina Fresia
Si fa fatica a crederlo, ma la storia di Ibrahima Balde raccontata dal poeta basco Amets Arzallus Antia è vera e accomuna molte delle persone migranti che periodicamente sbarcano sulle nostre coste o perdono la vita nel mar Mediterraneo. Ibrahima intraprende un viaggio difficile e dagli esiti incerti per ritrovare il fratello minore, partito alla volta dell’Europa sognando un futuro migliore. Quest’odissea parte dalla sua casa, la Guinea, e attraversa Liberia, Mali, Algeria, Libia e Marocco. E i mostri che Ibrahima affronta non sono i ciclopi o le sirene fronteggiati da Ulisse, ma il deserto, il mercato di esseri umani di Taalanda, il razzismo, la fame, le debilitazioni fisiche e la depressione. Ma, a differenza dell’eroe omerico, Ibrahima è reale così come ciò che ha vissuto e il dolore che lo accompagna.
Fratellino è un racconto fondamentale perché ci permette di venire in contatto con un mondo che non conosciamo e di cui forse, vista la sua crudeltà, nemmeno ci interessiamo per non dover mettere in discussione le nostre posizioni. Leggere questo libro è un esercizio per allenare la nostra umanità: ogni volta che sui giornali o in televisione si leggerà di centinaia di persone approdate nel nostro paese o affondate con il gommone su cui erano salite, l’impegno sarà quello di non fermarsi ai numeri, ma pensare a quanto sono andate incontro prima di ritrovarsi, come Ibrahima, sedute sopra al mare davanti a un bivio con «da una parte la vita, dall’altra la morte. Lì non ci sono altre uscite».
Tutto ciò che poteva rompersi, David Valentini (ACCENTO) – recensione di Michela De Marchi
Una raccolta di cinque lunghi racconti tenuti insieme da un filo rosso. In Tutto ciò che poteva rompersi, David Valentini dipinge la disarticolazione della realtà contemporanea intrecciando sogni, incertezze e problemi di due generazioni.
Nel primo racconto, Ludovica si trasferisce a Sheffield per il dottorato, spinta dal desiderio di emanciparsi da una famiglia iperprotettiva, ma nei quattro anni che trascorre in Inghilterra la sua quotidianità verrà stravolta. Ci imbattiamo poi nella vita apparentemente perfetta di Nicola, messa in dubbio solo dall’incontro con la nuova vicina di casa, Alice. La terza storia propone i racconti in prima persona di Laura, Marco, Stefano, Anna e Michele: cinque ragazzi di Roma che devono affrontare esperienze all’estero, amori senza lieto fine, amicizie e tradimenti. Si passa poi al capitolo dedicato a Riccardo, il quale allo scoppio della pandemia è obbligato a restare nel casale di famiglia, da tempo abbandonato, dove scoprirà un segreto sul suo passato. Infine, il quinto racconto è la narrazione di una seduta psicologica di Sara, nella quale vengono ripercorsi gli episodi più dolorosi che ha vissuto. Con il capitolo conclusivo, Ciò che si è rotto, viene presentata una breve sintesi delle storie di tutti i personaggi, spiegando ciò che è successo loro negli anni a seguire. Questa parte restituisce una visione d’insieme, permettendo di intendere anche i rimandi interni del libro.
I personaggi sono nati e cresciuti in due epoche diverse, tra gli anni Ottanta e l’inizio del 2000, ma ciò che li accomuna è il modo con cui affrontano i medesimi problemi. Nonostante le differenze di età, infatti, i protagonisti sono tormentati dalle stesse questioni: esperienze all’estero, amore, sesso, possibilità lavorative, delusioni, tradimenti, un passato difficile da digerire e perplessità sul futuro.
David Valentini, con una prosa semplice caratterizzata da dialoghi e riferimenti alla cultura pop, restituisce al lettore la frammentarietà della nostra esistenza. Facendo parlare in prima o in terza persona i vari protagonisti, consente di immergersi nella loro storia, di comprendere le loro emozioni e di trovare somiglianze con la propria vita. Chi si approccia al libro si ritroverà a domandarsi cosa avrei fatto io in quella situazione? e comprenderà come, alla fine, tutti noi siamo accomunati da gioie, sofferenze e inquietudini.
Il vaso di Pandoro. Ascesa e caduta dei Ferragnez, Selvaggia Lucarelli (PaperFIRST) – recensione di Viola Vismara
Il vaso di Pandoro di Selvaggia Lucarelli è un libro-inchiesta che svela i retroscena dello scandalo che ha colpito la coppia più potente d’Italia negli anni 2016-2023. Lucarelli racconta come un’operazione di marketing mascherata da beneficenza abbia portato alla multa dell’Antitrust e alla crisi dell’impero Ferragni, riconosciuta come la principale influencer del Paese. Con uno stile incisivo e dettagliato, l’autrice esplora non solo le vicende personali dei protagonisti, ma anche le dinamiche del mondo degli influencer e l’impatto dei social media sulla nostra società.
La sezione iniziale del libro si concentra sulle origini dei Ferragnez, narrando come si sono conosciuti e come è nata la loro relazione, sia sentimentalmente sia mediaticamente. Si parla della crescita dell’impero Ferragni, del ruolo dell’ex compagno Riccardo Pozzoli, dell’introduzione del fidato manager Fabio Maria Damato e di come sia stato possibile creare un’impresa digitale milionaria. Viene esaminato anche il ruolo dei figli nella storia della coppia social e spiegato come una coppia di multimilionari abbia riscosso tanta empatia nel pubblico. La fase successiva del libro affronta il declino: dall’Antitrust che impone una sanzione di oltre un milione di euro alle società riconducibili a Chiara Ferragni e di 420 mila euro a Balocco per pratica commerciale scorretta, fino alle accuse di pubblicità ingannevole e consumatori ingannati. Qui si sviluppa la narrazione con le dure parole della Meloni dal palco di Atreju, le storie di Fedez in risposta alla premier (che segnano la vera rottura dei Ferragnez) e il video dell’influencer con la tuta del pentimento e molto altro.
Un aspetto cruciale del libro sono le interviste a due ex dipendenti delle società della Ferragni: Valerio e Giulia (nomi fittizi per tutelare la privacy) raccontano esperienze caratterizzate da nepotismo, buste paghe misere e trattamenti inadeguati verso una dipendente incinta. Attraverso i racconti dei due ex dipendenti si riesce a delineare i ruoli di Ferragni e Damato nell’azienda. La conclusione di Lucarelli è che le vere vittime del “pandoro-gate” sono gli enti filantropici e umanitari, che subiranno un danno reputazionale a causa di questa beneficenza mal indirizzata, creando un circolo vizioso di sprechi e abbagli. La domanda con cui ci lascia l’autrice è molto semplice: si risolleverà mai Chiara Ferragni?
Il libro è consigliato a chi è curioso e vuole saperne di più su questa vicenda, e anche a chi è già ben informato sulle vicende dei Ferragnez, poiché la seconda metà aggiunge molti nuovi elementi alla storia. Sebbene alcuni possano ritenere l’autrice prevenuta, Lucarelli (oltre a dare delle opinioni personali) riporta fatti e testimonianze documentate, offrendo un’analisi dettagliata delle vicende.