
Palazzo Reale a Milano apre le proprie porta alla mostra “Philippe Halsman. Lampo di genio”, visitabile dal 15 giugno all’1 settembre 2024, per celebrare uno dei più importanti fotografi del secolo scorso. Grazie al lavoro di Alessandra Mauro, in collaborazione con l’Archivio Halsman di New York, è possibile osservare oltre cento immagini del fotografo, ripercorrendo la sua intera carriera tra immagini a colore e in bianco e nero. I ritratti originali di Halsman furono da subito il tratto distintivo di un genio che non si è conformato alle regole fotografiche del tempo, ma che ha saputo utilizzare tecniche consolidate e intuizioni personali per creare uno stile innovativo.
Questo suo sguardo ha portato alla realizzazione di un percorso espositivo che si può definire un gioco tra tre soggetti: il fotografo stesso, la personalità ripresa e lo spettatore che osserva le immagini.
Secondo Halsman, quest’ultimo avrebbe un ruolo fondamentale nell’afferrare ciò che non è esplicito nell’immagine e decifrarne il significato più profondo.
Philippe Halsman nasce a Riga nel 1906 in una famiglia ebrea. Terminati gli studi superiori, intraprende un percorso in ingegneria elettrica in Germania, in un contesto culturale che influenzerà notevolmente il suo modo di pensare e di lavorare. Negli anni Trenta si trasferisce a Parigi, dove prende avvio la sua carriera fotografica, collaborando con riviste come Vogue e Vu. In questo periodo compaiono per la prima volta macchine fotografiche maneggevoli che lasciano il professionista libero di muoversi e realizzare i propri scatti.
Halsman diventa così un celebre ritrattista: propone allo spettatore immagini sempre innovative, giocando con varie tecniche come le sovraimpressioni e i fotomontaggi, ma mantiene anche un tratto distintivo che permette di riconoscere le sue opere in ogni occasione. A seguito dell’invasione nazista della Francia, Halsman fugge verso gli Stati Uniti. In un contesto culturale diverso da quello francese, riesce ad emergere grazie al suo stile vivido in controtendenza rispetto ai canoni in voga negli anni Quaranta. Insomma, Halsman ancora una volta si distingue tra i professionisti statunitensi, grazie a una visione e una cultura fotografica forgiate nei vari contesti europei nei quali ha vissuto. I ritratti originali e enigmatici di Philippe Halsman, in particolare, furono ben presto la caratteristica principale di una personalità fuori dal comune, tant’è che arriva a creare uno stile unico in grado di rivoluzionare il settore della fotografia .
La creatività è proprio ciò che contraddistingue Halsman, il quale giova anche delle sinergie stabilite con illustri amici come Salvador Dalì.
Proprio l’artista ricopre un ruolo importante nei lavori esposti nella mostra: innanzitutto la sua influenza si può notare nell’opera In Voluptas Mors (1951), in cui accanto a Dalì sono posizionate sette donne svestite in modo tale da comporre un teschio. Ma l’ispirazione surrealista è presente anche in un’altra immagine, ovvero Dalì Atomicus (1948), in cui Halsman si cimenta con una nuova poetica: l’amico artista, tre gatti, una brocca d’acqua e un quadro stesso di Dalì sono sospesi a mezz’aria, immortalati in un momento unico. Lo scatto finale è frutto di una serie di tentativi che per vari motivi non convincevano Halsman, per esempio perché il volto dell’artista era in parte coperto o per la presenza di una segretaria sullo sfondo.

Halsman ritrae personaggi iconici come Picasso, Marilyn Monroe, Liz Taylor, Winston Churchill, Audrey Hepburn e Alfred Hitchcock.
Ma oltre ai grandi nomi che fotografa, Halsman inventa anche metodi per raffigurarli. Il principale è senza dubbio “jumpology”, ovvero un gioco consistente nel far saltare il soggetto da riprendere. Questa tecnica, apparentemente molto semplice, permette di cogliere aspetti nascosti della personalità perché grazie a un balzo si perderebbero, secondo Halsman, i freni inibitori che influenzano la nostra mente. Tra le sale di Palazzo Reale, quindi, possiamo scoprire le vere essenze dei personaggi più illustri: il fisico Robert Oppenheimer che salta puntando il dito verso il soffitto; le attrici Sophia Loren e Brigitte Bardot con in viso la felicità tipica dell’infanzia; e anche lo stesso fotografo che, in pausa da uno shooting, salta insieme a Marilyn Monroe.

Grazie al suo talento, Halsman firma numerose copertine di LIFE e crea importanti ritratti che si avvalgono di uno scavo psicologico profondo, capace di catturare l’essenza di scienziati come Albert Einstein o il carisma di politici come John F. Kennedy. Nel 1958 Halsman è stato segnalato come uno dei dieci migliori fotografi al mondo dalla rivista Popular e nel 1975 riceve il premio alla carriera dalla American Society of Magazine Photographers.

Philippe Halsman. Lampo di genio, oltre a celebrare il suo immenso lavoro, funge da lezione sia agli appassionati di fotografia e sia agli spettatori “casuali”.
I suoi scatti non raccontano solo la vita di un uomo che viene a contatto con gli orrori della società, prima di tutto la guerra e la segregazione, ma anche di un essere umano che riesce a trovare ed esprimere se stesso attraverso la fotografia. Con uno stile diretto, originale e insolito riesce a catturare l’attenzione dello spettatore riprendendo la semplicità della vita quotidiana e immortalando ciò che nessuno si aspetta.
“Il mio più grande interesse è sempre stato verso l’individuo. L’essere umano è mutevole; i suoi pensieri e stati d’animo cambiano, così come le espressioni e persino i lineamenti. Se le sembianze di un essere umano consistono in un infinito numero di immagini differenti, quale in particolare dovremmo cercare di catturare? Secondo me, l’immagine che svela nel modo più completo possibile l’aspetto esteriore e interiore di un soggetto. Questo è ciò che chiamiamo ritratto”.