Il 21 agosto scorso, il governo afgano ha promulgato una legge per “promuovere la virtù e prevenire il vizio” tra la popolazione, in conformità con la Sharia. Si tratta di un nuovo attacco alle già limitate libertà delle donne afgane. Ogni nuova legge del regime talebano sottrae un diritto alle donne che vivono nel Paese: il diritto di studiare, lavorare, viaggiare, guidare, uscire da sole, esprimere la propria opinione, cantare.
Il Ministero della Giustizia talebano ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale la legge, 114 pagine composte da 35 articoli, che stabilisce divieti già generalmente noti nell’Emirato islamico, ma la promulgazione potrebbe consentire di rafforzare ulteriormente il già rigido controllo sulla popolazione. Il potente Ministero della Propagazione della Virtù e della Prevenzione del Vizio (MPVPV) è responsabile dell’attuazione di questa legge. Esso controlla potenzialmente tutti gli aspetti della vita sociale e privata in Afghanistan, garantendo l’applicazione rigorosa della Sharia intesa come la «strada rivelata», e quindi la legge sacra, non elaborata dagli uomini ma imposta da Dio.
Sono già trascorsi più di tre anni da quando, il 15 agosto 2021, i talebani hanno riconquistato Kabul, riprendendo il potere dopo oltre vent’anni, a seguito del ritiro definitivo delle forze internazionali.
Da quel momento, i talebani continuano a violare i diritti delle donne e delle bambine, impedendo loro di accedere all’istruzione, al lavoro e alla libertà di movimento, smantellando il sistema di protezione per chi fugge dalla violenza domestica. Inoltre, donne e bambine vengono arrestate per infrazioni minime di norme discriminatorie, contribuendo all’aumento di matrimoni infantili, precoci e forzati.
Le donne afgane hanno reagito alla repressione con proteste diffuse. I talebani hanno risposto con intimidazioni, violenza, arresti arbitrari, sparizioni forzate e torture fisiche e psicologiche.
Le Nazioni Unite sono intervenute alcune settimane fa con un rapporto della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite (UNAMA), delineando l’impatto negativo che il crescente ruolo del MPVPV ha avuto sui diritti umani e sulle libertà fondamentali. Questo impatto è risultato particolarmente discriminatorio e sproporzionato nei confronti delle donne.
“Sono stati introdotti ampi divieti con effetto discriminatorio sulle donne. Le violazioni dei diritti umani e l’imprevedibilità delle misure di applicazione contribuiscono a creare un clima di paura e intimidazione tra i segmenti della popolazione”.
Il rapporto afferma che tra agosto 2021 e marzo 2024 sono stati documentati almeno 1.033 casi in cui i dipendenti del ministero hanno utilizzato la forza durante l’esecuzione degli ordini, violando la libertà e l’integrità fisica e mentale delle persone. Il ministero ha inoltre ampliato il proprio ruolo, monitorando i media e cercando di sradicare la tossicodipendenza.
Sulla situazione delle donne in Afghanistan era intervenuto anche Amnesty International, con un report nel marzo 2023.
Come se non bastasse, alla già drammatica situazione si aggiunge la notizia delle nuove disposizioni del MPVPV. La nuova legge stabilisce i doveri e i poteri di coloro che la applicano, ovvero i dipendenti del Ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio, ristabilito dall’Emirato quando riprese il potere nell’agosto 2021. Essa specifica numerosi atti e comportamenti che l’Emirato ritiene obbligatori o proibiti per i cittadini afgani.
La legge descrive in dettaglio molti atti proibiti o obbligatori. L’articolo 13 stabilisce in particolare che “le donne devono coprire completamente il corpo in presenza di uomini che non appartengono alla loro famiglia”, compreso il viso, “per evitare tentazioni”. Questo comporta anche l’uso di una mascherina sulla bocca. Lo stesso vale se “le donne devono uscire di casa per necessità”. Inoltre, alle donne è vietato far sentire la propria voce in pubblico, cantando o recitando poesie.
Sono inoltre previsti divieti per i conducenti di veicoli (art. 19): niente musica, niente droghe, divieto di trasportare donne non vestite adeguatamente, donne in presenza di uomini non membri della loro famiglia o donne senza un mahram (accompagnatore maschio della loro famiglia).
Seguono altri divieti, tra cui: adulterio, omosessualità, gioco d’azzardo, combattimenti tra animali, creazione o visione di immagini di esseri viventi su computer o telefoni cellulari, l’assenza di barba o una barba troppo corta per gli uomini, e tagli di capelli “contrari alla Sharia”. L'”amicizia” con “un infedele” – un non musulmano – è vietata, e le cinque preghiere quotidiane sono obbligatorie.
Per quanto riguarda i media (art. 17), la legge stabilisce che non devono essere pubblicati “contenuti ostili alla Sharia e alla religione”, né immagini che “umiliano i musulmani” o che “mostrano esseri viventi”. Il testo prevede sanzioni per chi non si adegua: avvertimenti verbali, minacce, multe, custodia di polizia da un’ora a tre giorni, o qualsiasi altra sanzione richiesta dal MPVPV.
Secondo il sito web del ministero, la promozione della virtù comprende la preghiera, l’allineamento del carattere e del comportamento dei musulmani alla legge islamica, l’incoraggiamento delle donne a indossare l’hijab e l’invito a rispettare i cinque pilastri dell’Islam. Inoltre, l’eliminazione del vizio implica il divieto di fare cose vietate dalla legge islamica.
A seguito della promulgazione della legge, sono arrivate critiche da varie esponenti internazionali.
L’Unione Europea ha dichiarato di “non poter tollerare” questi “continui abusi sistematici e sistemici contro le donne e le ragazze afghane”, considerandoli un crimine contro l’umanità.
Secondo Amnesty International, le donne afghane sono state private di ogni aspetto della vita pubblica, mentre abusi come torture, maltrattamenti, arresti arbitrari, sparizioni forzate e censura persistono impunemente. Tarina Wood, sostenitrice dei diritti umani in Afghanistan, ha dichiarato ad Amnesty International: “Mi stupisce che la comunità internazionale si aspetti ancora che i talebani rispettino i diritti umani”. Ha inoltre aggiunto: “Anche se il popolo afghano rimane intrappolato in questo incubo senza fine, la comunità internazionale non ha preso misure significative. Un forte impegno da parte dei governi di tutto il mondo è essenziale per porre fine a questo ciclo di oppressione”.
Mentre la situazione sembra peggiorare, alcune donne afgane hanno iniziato a reagire postando video sui social in cui cantano, come estremo atto di resistenza. A Tirana, in Albania, si sono riunite oltre 130 donne afghane con l’obiettivo di sviluppare una voce unitaria e lottare contro la repressione dei talebani. Ad alcune donne che hanno cercato di raggiungere il vertice dall’Afghanistan è stato impedito di viaggiare, alcune sono state fatte scendere dai voli in Pakistan e altre sono state fermate alle frontiere. Tuttavia, altre sono riuscite a viaggiare da Paesi come l’Iran, il Canada, il Regno Unito e gli Stati Uniti, dove vivono come rifugiate.
Il loro vertice aveva anche lo scopo di chiedere alla comunità internazionale di “non riconoscere il regime talebano al potere come governo legittimo dell’Afghanistan”. Si tratta di un tentativo per far sentire la voce delle donne afghane nelle conversazioni internazionali sul futuro del loro Paese e sulla lotta per i diritti delle donne.
Il vertice è stato voluto da Fawzia Koofi, ex parlamentare afgana, ora in esilio nel Regno Unito, insieme a Women for Afghanistan, che hanno lavorato per oltre due anni per organizzare questo incontro, nonostante le difficoltà incontrate con governi che non hanno voluto ospitare il vertice.
Koofi ha affermato: “Se la voce delle donne non viene ascoltata, i loro diritti non saranno rispettati”. Ha infine aggiunto: “L’unione fa la forza e siamo qui per trovare unità e parlare con una sola voce. Stiamo dimostrando che le donne afghane non smetteranno mai di combattere”.