Dal 20 settembre 2024 al 2 febbraio 2025, Palazzo Reale ospita la mostra Picasso lo straniero, la seconda esposizione dedicata al grande artista spagnolo in occasione del cinquantesimo anniversario della sua morte, nata dall’idea di Annie Cohen-Solal, autrice di Picasso. Una vita da straniero.
Se la prima collezione cercava di fare luce sul percorso artistico e di formazione dell’artista, focalizzandosi sulla metamorfosi delle forme e delle figure nel suo modo di dipingere, questo secondo ciclo di opere sposta la sua attenzione su un versante completamente diverso: la storia e la politica.
Che ogni movimento artistico e culturale non sia a sé stante, ma sia fortemente pregno di tutto ciò che lo circonda forse è abbastanza scontato.
Quanto però gli aspetti politici e culturali del primo Novecento hanno influenzato la produzione e la vita di Pablo Picasso? La risposta si trova proprio nelle sale di Palazzo Reale, procedendo pian piano all’interno dell’esposizione.
Partendo dall’inizio: Pablo Picasso nasce a Malaga, in Spagna, nel 1881. Appena diciannovenne, arriva a Parigi nel 1900, città che al tempo era la culla dell’arte, tappa obbligatoria per chiunque volesse cercare di farsi strada in quel mondo, e lì tornerà, dopo un breve periodo trascorso nella cittadina di Gosol. Se dal punto di vista artistico e culturale Parigi sembrava, almeno dall’esterno, una città aperta, pronta a ospitare chiunque, dal punto di vista politico e sociale le cose erano nettamente differenti.
Nel giugno 1901 infatti, Picasso viene ospitato a Montmartre in occasione dell’allestimento della sua prima mostra personale. Pochi giorni dopo verrà stilato il primo rapporto di polizia contro di lui: Picasso di professione era un artista ma, soprattutto, uno straniero e, di conseguenza, un intruso. Non a caso, fino al 1905 circa, i soggetti dei suoi primi schizzi sono poeti, clown e saltimbanchi: persone come lui, che cercano di vivere d’arte, ma relegate ai margini della società.
Questi primi anni non sono affatto semplici per Picasso, ma sono gli anni in cui inizia ad affinare la sua tecnica cubista.
Per un uomo non riconosciuto in modo ufficiale dalla società e nemmeno in grado di esprimersi a parole, siccome masticava davvero poco la lingua francese, trovò nell’arte il suo mezzo di comunicazione. Pennellate importanti, colori a volte accesi e a volte cupi, corpi geometrici, soggetti reali e riferimenti a eventi politici. Se per molti critici e persone d’arte, Picasso era considerano un genio, per la società i cubisti avevano una connotazione fortemente negativa, ritenuti responsabili del declino dell’arte “tradizionale”.
Durante la Prima Guerra Mondiale ben settecento opere cubiste gli verranno confiscate e fino al 1947, raramente si vedranno opere di Picasso esposte in Francia. Più volte cercherà di reinventarsi e, più volte ancora, di essere riconosciuto come cittadino francese, dopo anni di soggiorno nel paese: la richiesta verrà sempre rifiutata.
Solo al termine della Seconda Guerra Mondiale, quando Picasso si iscrive al Partito Comunista, gli viene offerta una cittadinanza “riparatoria” dal governo De Gaulle. Ma lui rifiuta, lascia Parigi e si trasferisce in Provenza.
Picasso lo straniero è una mostra meravigliosa, ma allo stesso tempo complessa, composta da novanta opere accompagnate da numerose fotografie, documenti e lettere, che mettono in luce aspetti della vita di Picasso rimasti per lungo tempo nell’ombra.
Anche grazie ad essa ci si rende presto conto che continuare a essere considerato uno straniero, solo per la propria origine, nonostante la grande quantità di anni trascorsi all’interno di un paese nel quale si vive, non è un qualcosa di così distante. L’Italia ne è un esempio ben chiaro: quante persone nate e cresciute in Italia, con genitori di origine straniera, vengono considerate straniere? Quante sono ancora in attesa di ricevere la cittadinanza italiana? Domande ancora oggi estremamente attuali.
L’immagine con cui si chiude la mostra possa essere allora uno spunto di riflessione importante.
Il Plat aux trois visage è la rappresentazione di tre possibilità: a destra, un profilo classico, che rappresenta il cittadino autoctono; a sinistra, un profilo più particolare, quello dello straniero; al centro, un diavolo cornuto, una sorta di meteco. Tre profili all’interno dello stesso spazio, la rappresentazione di ciò che era Picasso e di ciò che, in fondo, siamo anche noi.
Cittadini del mondo, autoctoni in un posto, stranieri in molti altri, circondati da diverse culture, che vivono in un luogo dove, si spera, prima o poi i confini possano venir meno.
Se a livello politico o sociale ancora si fatica a concretizzare questa idea, che l’arte allora possa essere il punto di partenza per cambiare il proprio pensiero e aprire la mente.
Copertina: © Succession Picasso by SIAE 2024. Foto di Vincenzo Bruno