A poco più di un anno dall’entrata in vigore del Decreto Caivano (d.l.n.123 del 15 settembre 2023) l’associazione Antigone, ossia la maggiore organizzazione italiana che si occupa di diritti e garanzie nel sistema penale e penitenziario, ha cristallizzato su carta il quadro del contesto detentivo minorile italiano, in riferimento anche al suddetto testo legislativo che, tra le altre cose, si prefissava di contrastare la presunta dilagante criminalità minorile, in particolare in riferimento al fenomeno delle babygang.
Consultando il testo del provvedimento è facilmente rinvenibile un classico modus operandi dell’attuale governo italiano che consiste nell’irrigidimento di norme penali sostanziali e processuali di stampo certamente non garantista. Più nello specifico Antigone evidenzia che il decreto allarga le ipotesi di impiego della custodia cautelare in carcere e amplia la possibilità di trasferire i maggiorenni in istituti per adulti (a cui si ricorre per sovraffollamento o in caso di situazioni difficili da gestire, andando però così ad interrompere un percorso rieducativo già da tempo avviato). Va ricordato che negli Istituti Penali per i Minorenni possono esserci anche ragazzi tra i 18 e 25 anni che hanno commesso un reato da minorenni e hanno raggiunto la maggiore età successivamente.
Nel dossier viene riportato che la popolazione carceraria minorile ha subito un’impennata del 48% da ottobre 2022, mese di insediamento dell’attuale governo, a settembre 2024: da 392 a 569 persone, a fronte di una capienza massima di 516 soggetti. Per la prima volta il sistema detentivo minorile soffre il fenomeno del sovraffollamento.
La rapida crescita non è stata nell’arco di questi due anni costante, ma ha raggiunto il suo apice dopo l’entrata in vigore del decreto Caivano.
L’incremento del numero di minori ristretti però, a differenza di quanto si potrebbe pensare, non va di pari passo con un aumento della criminalità, la quale ha avuto dal 2010 invece un andamento generalmente costante ed esente da picchi esponenziali.
Il Decreto Caivano non è certo l’unica causa del declino del sistema penale minorile, il quale si inserisce in uno scenario molto più complesso di cui l’Istituto Beccaria di Milano è un esempio lampante: i lavori di ristrutturazione iniziati nel 2008 e non ancora ultimati influiscono sul funzionamento a pieno regime della struttura; molti agenti penitenziari sono inesperti in ambito minorile e spesso estranei al contesto meneghino, la maggior parte lamenta un abbandono da parte dell’amministrazione ad un contesto difficile e sofferente come quello carcerario; l’aumento della presenza di una categoria estremamente fragile come quella dei minori stranieri non accompagnati è stata troppo spesso gestita con la somministrazione di psicofarmaci.
«Nelle carceri minorili si respira una tensione mai vista prima data dall’affollamento o e dalla progressiva chiusura del sistema» riporta l’associazione nel dossier, aggiungendo anche che «da tanti IPM è segnalato il ritorno ad un modello di detenzione fatto solo di cancelli, sbarre e trasferimenti forzati». Ci si sta quindi avvicinando al triste modello delle carceri per adulti, dal quale quello minorile si era riuscito a distinguere promuovendo un approccio un po’ più educativo.
Il malessere generalizzato negli Istituti Penali per Minorenni è inevitabilmente sfociato in proteste e tentativi di evasione da molte strutture, segnali che suonano come una gigantesca richiesta d’aiuto e soprattutto di ascolto.