Del: 9 Novembre 2024 Di: Gaia Bassanini Commenti: 0
gpa

Mercoledì 16 ottobre il Parlamento ha definitivamente approvato la proposta di legge di Fratelli d’Italia che rende la gestazione per altri (o GPA) “reato universale”.

La GPA è la più controversa forma di procreazione medicalmente assistita e prevede che la gravidanza sia portata avanti da una persona per conto di altri. È comunemente conosciuta anche con accezioni dispregiative come “maternità surrogata” o “utero in affitto”. In Italia vi fanno ricorso prevalentemente coppie eterosessuali che per vari motivi non possono avere figli, ma anche coppie omogenitoriali maschili.

Nel nostro Paese era già riconosciuta come reato dalla legge n. 40 del 2004, che regola le varie forme di procreazione medicalmente assistita. Tuttavia, in numerosi paesi questa pratica è legale: in alcuni solo in forma solidale (quindi senza che la gestante percepisca un compenso, al di là del rimborso per le spese mediche), come in Canada, Regno Unito e Portogallo; in altri anche in forma commerciale (quindi dietro compenso), come in California.

La novità introdotta dall’attuale governo consiste nella possibilità di perseguire questo reato anche se commesso all’estero da cittadini italiani che fanno ritorno in Italia.

Già prima del passaggio al Senato sono sorte molte perplessità sull’applicazione della nuova norma sulla GPA, e sono aumentate dopo la definitiva approvazione. 

Prima fra tutte, la denominazione “reato universale” è estranea al nostro ordinamento. Esistono invece reati punibili secondo il principio della giurisdizione universale: crimini efferati previsti dal diritto internazionale e perseguibili in qualsiasi stato a prescindere dalla nazionalità dell’autore e dal luogo di commissione del reato. Ne sono un esempio i genocidi, le torture, i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità. È degno di nota il fatto che la GPA è considerata dall’Unione Europea come una forma di traffico di esseri umani solo quando la donna gestante è obbligata a proseguire la gravidanza contro la sua volontà. Risulta quindi poco sensato l’accostamento tra reati di questo calibro e la GPA, punibile al massimo con due anni di reclusione.

I partiti di maggioranza tengono a sottolineare che la nuova disciplina, come tutte le leggi penali, non può essere retroattiva, e che quindi le famiglie che hanno già registrato in Italia il certificato dei propri figli nati all’estero tramite GPA non sono in pericolo; queste rassicurazioni però non tolgono il fatto che la legge non specifica quando si considera consumato il reato (se quindi al momento del concepimento, della nascita o dell’avvio burocratico della pratica), lasciando in un limbo di incertezza quelle famiglie che attualmente si trovano all’estero e hanno già intrapreso questo percorso.

Un ulteriore punto critico consiste nell’effettiva applicabilità della legge: è poco chiaro come uno stato straniero possa, o voglia, collaborare con le autorità italiane, inviando ad esempio documenti o atti per perseguire un comportamento che secondo il loro sistema penale non viola la legge. A tal proposito, la redazione del Post ha contattato il Ministero della Salute del Canada, il quale ha sottolineato che la gestione della sanità è decentralizzata tra le varie province. Questo rafforza ulteriormente i seri dubbi su come il ministero possa, nella pratica, fornire informazioni utili.

Tra chi sostiene la criminalizzazione della GPA come “reato universale” c’è Eugenia Roccella, ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, nonché fondatrice del primo comitato contro la maternità surrogata. Roccella ha dichiarato che la legge è stata ben accolta dal femminismo abolizionista (che si schiera contro lo sfruttamento del corpo femminile) e che sarà un passo avanti per tutelare i diritti dei bambini.

In questa posizione, infatti, troviamo anche Fratelli d’Italia, che ha promosso la legge parlando di “protezione dei bambini” e “mercificazione del corpo delle donne”. I bambini nati con GPA, in quest’ottica, sarebbero da considerare alla stregua di merce di scambio, una parte della contrattazione economica che viene inserita sotto termini come “tratta di minori” o “compravendita di bambini”. Anche le gestanti, quindi, sono viste come corpi sfruttati, che a causa di condizioni economiche svantaggiate decidono in modo disperato di ricorrere a un metodo di guadagno “discutibile” (sempre secondo questa logica).

Secondo Adriana Cavarero, filosofa e docente universitaria che è intervenuta nel dibattito tenuto su Radio3 il 23 ottobre nel corso della trasmissione Tutta la città ne parla, le coppie omogenitoriali (maschili) preferirebbero la gestazione per altri a soluzioni come l’adozione, per una questione di “ossessione genetica”: con la volontà, cioè, di trasmettere il proprio DNA ai figli.

Il problema dello sfruttamento femminile nel caso della gestazione per altri non è da sottovalutare.

È possibile che ci siano donne in condizioni economiche disperate che ricorrano alla pratica come fonte di guadagno, ma è anche intuibile come porre dei limiti reddituali per accedervi potrebbe sistemare il problema. 

Chiara Lalli, bioeticista, filosofa della scienza e saggista, nel corso dello stesso dibattito su Radio3, nota che a essere esclusa dal discorso è la volontà delle donne. Non si può nascondere che alcune vi ricorrerebbero per questioni economiche, ma allo stesso modo non si può negare che esistano donne che praticano la gestazione per altri come forma di solidarietà. Ad esempio, una donna che decidesse di portare avanti una gravidanza per conto della sorella, laddove questa non potesse biologicamente avere figli.

Per quanto riguarda la protezione dei bambini, invece, sembra che la legge contro la GPA si riveli controproducente. In Italia il tasso di natalità è in calo drastico, tanto che a 7 mesi nel 2024 ci sono già più di 4mila bambini in meno rispetto agli anni precedenti. Controintuitivamente, il governo esercita pressioni a chi non fa figli, mentre cerca di limitare le possibilità alle coppie omogenitoriali che vorrebbero avere dei bambini, ma che non possono ricorrere alla gestazione per altri nemmeno all’estero. Queste coppie non possono adottare i figli e hanno come unica opzione la stepchild adoption, cioè l’adozione del figlio del partner da parte del partner non biologico, un procedimento che si inserisce nei casi particolari di adozione e che dipende dall’esito della sentenza di un Tribunale dei Minori.

La legge rende anche più complicata la trascrizione degli atti di nascita di bambini nati con la GPA all’estero, dopo che nel marzo 2023 il ministro Piantedosi aveva chiesto ai Sindaci di non procedere con la pratica, sottolineando che «la pratica della gestazione per altri offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane».

Chi si oppone alla legge sostiene che si tratti di una forzatura giuridica, il cui unico scopo è colpire le famiglie omogenitoriali, con ricadute pericolose sulla tutela dei minori. Secondo Amnesty International, leggi come questa sono «tentativi di svilire i diritti delle persone con una modalità violenta e discriminatoria».

In un articolo per Fanpage, la scrittrice Chiara Valerio sottolinea come «Eugenia Roccella che dice di voler difendere il corpo e la libertà delle donne, parla come se questo corpo sia, prima di tutto, la funzione di una comunità». In effetti, al momento, portare avanti una gravidanza per conto di terzi non è possibile a nessuna condizione. Al contrario, secondo Valerio, la maternità dovrebbe essere una questione di volontà, di educazione, non soltanto la conseguenza del portare in grembo un figlio o una figlia. Altrimenti si rischia di categorizzare in senso negativo anche l’adozione, che come tale non è il frutto di una gravidanza della madre biologica.

L’aver reso la gestazione per altri un “reato universale” pare dunque il chiaro posizionamento ideologico di un governo di estrema destra, determinato a disporre dei corpi delle donne secondo la propria agenda. La normativa non solo criminalizza chi fa uso della GPA anche all’estero, ma si inserisce in un contesto più ampio di limitazioni ai diritti riproduttivi, come il diritto all’aborto. Piuttosto che proteggere i diritti dei bambini e delle donne, la legge sembra mirare a rafforzare una visione conservatrice e patriarcale della società, ignorando le reali esigenze e volontà delle persone coinvolte.

Gaia Bassanini
Mi chiamo Gaia e nella vita cerco di capire cosa voglio fare da grande, nel frattempo cucino, mi faccio incuriosire da ciò che non conosco e provo a capire cosa ci sta dietro. Mi affascinano i testi scritti bene e le persone che conoscono tanti aneddoti. Nel resto del mio tempo studio giurisprudenza.
Jessica Rodenghi
Jessica, attiva nel mondo e nelle società, per fare buona informazione dedicata a tutti e tutte.

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