C’è un momento nella vita di ogni lettore in cui ci si chiede se un libro letto da bambini possa parlare ancora al cuore dell’adulto che si è diventati. Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry è una di quelle opere che sembrano appartenere all’infanzia, incastonate tra pagine di sogni e disegni di pecore racchiuse in scatole. Ma se solo lo si riaprisse – come farebbe un bambino con un giocattolo dimenticato – ci si accorgerebbe che Il Piccolo Principe è una scatola magica, che contiene sempre una nuova sorpresa.
La storia, semplice e conosciuta da tutti, è quella di un aviatore che precipita nel deserto e incontra un misterioso bambino dai capelli d’oro proveniente da un altro pianeta.
Ma dietro questa premessa familiare si cela una narrazione straordinaria.
Infatti, Il Piccolo Principe, scritto durante l’esilio in piena Seconda Guerra Mondiale, riflette la fragilità della vita e dell’amore, temi che attraversano l’opera con una malinconia universale e ne amplificano l’intensità emotiva, rendendola toccante e indimenticabile.
Questa intensità emerge anche attraverso i racconti del Piccolo Principe sui suoi viaggi attraverso gli asteroidi, ciascuno abitato da personaggi curiosi e paradossali: un re solitario, un uomo d’affari ossessionato dal possesso delle stelle, un vanitoso che cerca applausi senza spettatori.
Quello narrato è un viaggio che percorre l’infanzia, ma anche la crescita, il cambiamento, il senso della vita, la solitudine e l’amore. Ogni incontro è una metafora che il bambino comprenderà istintivamente, ma che l’adulto dovrà rileggere, scavando sotto la superficie per accorgersi quanto sia intessuto di malinconia e per riscoprire la magia che troppo spesso ci dimentichiamo di vedere.
Infatti, il libro ci invita a mettere da parte la nostra razionalità, quella che la società adulta ci impone, per tornare a una visione più pura e sincera. Proprio in questo modo il Principe, con la sua innocenza e la sua saggezza, ci insegna ad amare senza paura, a vedere oltre le apparenze, e a ritrovare il nostro posto nel mondo.
Tra i simboli più potenti del libro emergono due figure: la rosa e il serpente.
La rosa, fragile e capricciosa, rappresenta l’amore autentico, che va oltre le imperfezioni, e costruito sulla cura e la scelta. È speciale non per la sua natura, ma perché il Piccolo Principe ha dedicato tempo e attenzioni a lei.
Dall’altro lato, il serpente – che vibra di una dolcezza crudele – incarna il mistero della fine e la promessa di un ritorno alla stella d’origine, ed è al tempo stesso il simbolo della fine, suggerendo che ogni conclusione porta a una nuova comprensione di sé. Insieme, questi due incontri insegnano che amare significa prendersi cura e che ogni fine può essere un nuovo inizio.
E poi c’è il deserto: un luogo tanto fisico quanto simbolico, dove si perdono i rumori del mondo e restano solo il cielo e le domande essenziali.
In questo spazio silenzioso e sconfinato, il protagonista affronta le sue emozioni più intime. Dall’esperienza diretta di Saint-Exupéry, aviatore e scrittore che aveva sperimentato la solitudine dei voli in solitaria, nasce l’anima del libro.
L’autore, infatti, fa del deserto una metafora del vuoto interiore, perché come un paesaggio arido che fiorisce dopo la pioggia, il deserto dimostra che il silenzio e la solitudine non sono sterili, ma possono trasformarsi in terreni fertili per l’introspezione e la scoperta di sé.
Il deserto diventa così lo spazio della solitudine in cui ogni persona, almeno una volta nella vita, si ritrova a camminare. Non a caso, è proprio qui che il Piccolo Principe, lontano dalle distrazioni del mondo, trova il tempo di porre le domande che contano davvero, le stesse che ciascuno di noi si pone nei momenti di smarrimento, invitandoci a riflettere su chi siamo e su chi vorremmo essere.
Perché rileggere Il Piccolo Principe oggi?
Perché non è una favola sull’amicizia, ma un libro sull’impegno che l’amicizia richiede. Perché ci invita a riscoprire il valore delle cose semplici – una risata, un tramonto, il rumore di un ruscello – che spesso perdiamo di vista nel caos del quotidiano. Ma soprattutto, perché è un libro che non si limita a dirti cosa è importante: ti chiede di deciderlo da solo.
E qui sta il suo segreto: Il Piccolo Principe è uno specchio. Ogni rilettura non è mai la stessa perché tu non sei mai la stessa persona. Ti costringe a rispondere a domande che non avevi avuto il coraggio di porti, a riscoprire ciò che hai trascurato. È un libro che non ti lascia mai come ti ha trovato.
Perciò, ridurre questo libro a una semplice favola morale o a un prontuario di citazioni celebri da sfoggiare nei momenti giusti significa fraintenderne la vera natura. Il Piccolo Principe non è un banale contenitore di aforismi, ma una mappa emozionale che invita a guardarsi dentro e a osservare il mondo con occhi più sinceri, capaci di cogliere l’essenziale.
E riaprirlo non è un gesto nostalgico, ma un atto di coraggio. Una sfida a guardare con occhi nuovi il mondo che ti circonda, e a ricordarti, come direbbe il Piccolo Principe, che «tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano».
Allora, chiudi gli occhi e immagina una stella.
Preparati a rileggere Il Piccolo Principe come se fosse la prima volta.
Se non l’hai mai letto, è il momento giusto per scoprire chi sei oggi. Se
invece l’hai già letto, è il momento di vedere cosa ha da dirti ora.