Del: 12 Gennaio 2025 Di: Clara Molinari Commenti: 0
Intervista a Marina Marzia Brambilla, Rettrice dell’Università Statale di Milano

Fondata nel 1924 dal sindaco della città di allora, Luigi Mangiagalli, l’Università degli Studi di Milano ha ormai una storia centenaria che ha visto succedersi negli anni diciassette Rettori. In carica dal 1° ottobre 2024, Marina Marzia Brambilla, Prof.ssa di Lingua e Linguistica tedesca, è la prima Rettrice alla guida del nostro Ateneo. Dal 2018 Brambilla è stata Prorettrice delegata alla Programmazione e all’Organizzazione dei Servizi per gli Studenti, per la Didattica e per il Personale e nel 2024 ha deciso candidarsi alla guida della nostra Università per i prossimi sei anni. A pochi mesi dal suo insediamento, noi di Vulcano abbiamo deciso di incontrarla per conoscere quale sia la sua idea di università e, di riflesso, i progetti che intende portare avanti nei prossimi anni del suo mandato.  

L’intervista è stata editata per motivi di brevità e chiarezza.


Che cosa l’ha spinta a candidarsi al ruolo di Rettrice?

Volevo portare avanti un percorso che, da quando sono entrata in Università come ricercatrice, mi ha dato la possibilità di conoscere l’Ateneo non soltanto per la parte di didattica e di ricerca, ma anche per la parte amministrativa, gestionale e di servizi. Mi hanno spinta a candidarmi il desiderio di portare un miglioramento all’interno dell’Università e l’interesse per una grande comunità come quella della Statale, che è fatta certo di ricerca e didattica, ma soprattutto di persone. Essere Rettrice della Statale significa guidare un grande Ateneo multidisciplinare ed estremamente diffuso sul territorio, con un livello di complessità che trovo molto affascinante.

Quale modello di università intende realizzare nei prossimi anni, anche in relazione con le altre istituzioni presenti sul territorio di Milano?

Ho riflettuto molto su questo punto, perché da un lato ci troviamo in un momento di grandissimi cambiamenti, dalla rivoluzione digitale alla transizione ecologica. Dall’altro la Statale ha una sua storia, un Dna che penso debba essere rispettato e valorizzato, che è quello di essere una grande Università pubblica. E questo significa che dovremo lavorare ancora di più sul tema dell’inclusione, dell’abbattimento delle barriere di accesso alla formazione, curandoci in modo ampio del diritto allo studio.

Nell’ambito della ricerca significa invece garantire in tutti i modi la ricerca di base, oltre che quella applicata. Un punto che ritengo fondamentale nell’interazione con il territorio è il rapporto che lega strettamente la Statale alla storia della città di Milano. E questo nei prossimi anni continuerà ad essere un portato fondamentale: saremo infatti attori della rigenerazione urbana (da Campus MIND a Città Studi) e dovremo potenziare ancora di più le azioni di terza missione, attraverso l’apertura alla cittadinanza e la capacità di accogliere ancora di più le iniziative del territorio.

Quali sono gli obiettivi primari del suo programma operativo e quali sono stati i suoi primi interventi?

Gli obiettivi ovviamente sono molti e mi piace ricordare che al centro di questi ci sono le persone. Per quanto riguarda gli studenti, l’obiettivo è migliorare sul tema del diritto allo studio, garantendo più borse, più posti letto, più servizi nell’ambito del counseling psicologico. Quanto ai docenti, l’obiettivo è quello di fornire infrastrutture di ricerca più performanti. Mettere al centro le persone quando pensiamo al personale tecnico, amministrativo e bibliotecario significa valorizzarlo dal punto di vista retributivo e del welfare.

Le mie prime azioni sono andate in questa direzione: il 3 ottobre ho approvato in Cda un bando per 62 assegni di ricerca. L’ho voluto fare come prima misura per dare il segnale ai giovani che i ricercatori sono per noi linfa vitale. Ci siamo subito occupati anche delle progressioni economiche del personale, orizzontali e verticali, e nei primi mesi ho lavorato sul piano strategico così da poterlo presentare quanto prima in tutta la sua complessità. Proprio a dicembre abbiamo approvato anche il Gender Equality Plan 2025-2027, per segnalare come il tema delle pari opportunità sia in cima alle nostre priorità.

In molti suoi interventi ha sottolineato l’importanza della ricerca universitaria e come quella svolta dal nostro Ateneo sia un’eccellenza nel panorama internazionale: che cosa la rende tale e come intende darle ulteriore risalto?

Il valore aggiunto della formazione che diamo in Università è dato dal fatto che noi facciamo anche ricerca e quindi trasferiamo nella didattica un avanzamento del sapere. Credo che la Statale debba esibire ancora di più la propria eccellenza nella ricerca, perché ho l’impressione che questo non sia così fortemente percepito a livello di cittadinanza. Cito qualche dato: la Statale è il primo Ateneo d’Italia per numero di dipartimenti di eccellenza. All’ultimo bando PRIN (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale) siamo stati la prima Università per numero di progetti vinti. Siamo l’unico Ateneo italiano ammesso alla LERU (League of European Research Universities), che è un’associazione di altissimo livello che interagisce anche con la Commissione europea nella definizione delle priorità relative ai bandi di ricerca. Lo sviluppo che avremo con Campus MIND, che sarà dedicato in particolare alla ricerca scientifica, rappresenta un’occasione importante: abbiamo infatti l’occasione di realizzare un campus completamente nuovo, con strumentazioni di ricerca avanzate.

Nel suo programma elettorale fa menzione della necessità di «costruire insieme progetti e azioni a sostegno della piena ed effettiva attuazione del diritto allo studio, in tutte le sue declinazioni». Quali misure intende adottare con più urgenza?

Il diritto allo studio è un tema che ho seguito anche negli anni scorsi, ma sicuramente non si fa mai abbastanza, perché il fabbisogno continua a crescere. Da un lato bisogna garantire il diritto allo studio inteso in senso stretto (provvidenze economiche, borse e residenze per chi rientra nel bando): io mi sono impegnata a garantire il cento per cento delle borse agli aventi diritto. Inoltre, anche chi non rientra nei requisiti economici del bando può trovarsi nella condizione di non studiare agevolmente a Milano. Negli obiettivi del piano strategico c’è quindi l’aumento delle borse di studio di cui si occupa direttamente l’Ateneo, che sono già cresciute fino a quasi 1000.

Quanto al tema dell’equità della tassazione, in Statale abbiamo portato la no tax area a 30mila euro e questo significa che nell’attuale anno accademico circa 27mila dei nostri 64mila studenti sono in fascia di esenzione, quasi la metà. Ma diritto allo studio significa a mio modo di vedere qualcosa di ancora più ampio, cioè dare allo studente la possibilità di vivere gli anni della formazione in modo davvero consono a quella che deve essere un’esperienza di vita positiva, in ambienti che favoriscano la socializzazione e in spazi belli e luminosi. 

Lei è la prima Rettrice dell’Università Statale di Milano: che cosa significa questo traguardo, considerato che anche altri quattro atenei milanesi oggi sono guidati da una donna?

Questo è forse il tema che subito dopo le elezioni è emerso di più ed è bene che se ne parli, anche se il problema sarà davvero risolto quando non farà più notizia. Perché se è una notizia (e forse quella che ha avuto più rilievo) il fatto che ci siano cinque Rettrici donne è perché in realtà a livello nazionale la situazione è ancora molto diversa. Poi io credo che il tema sia chiaro: laddove hanno la possibilità di studiare al pari degli uomini e di avere, ad esempio nel momento della creazione di una famiglia, un supporto efficace da parte delle istituzioni, le donne dimostrano di essere al pari o meglio a seconda dei casi rispetto agli uomini.

Quanto alla Statale, se guardiamo ai dati di genere, le ragazze si laureano anche prima e spesso con risultati migliori dei ragazzi. Quanto al dottorato l’inserimento è equo. Poi effettivamente vediamo un rallentamento nelle carriere, sia nella parte docente, ma anche nella parte del personale amministrativo, e questo rallentamento molto spesso coincide con il momento in cui si fa una famiglia e arrivano dei figli. Questo è un tema: la conciliazione vita-lavoro. 

Stando a un’indagine Istat relativa all’anno 2023, tra i 25-64enni, il tasso di occupazione dei laureati è di 11 punti percentuali più alto di quello dei diplomati (84,3% e 73,3%, rispettivamente). Tuttavia, la quota di giovani adulti in possesso di un titolo di studio terziario, sia pur leggermente in crescita nel 2023 (30,6%) è di molto inferiore rispetto alla media europea (43,1%). Che ruolo può avere l’università nel rendere più attrattiva la prospettiva di laurearsi?

Questo è un problema storico dell’università italiana e dell’Italia come Paese, che rischia di diventare ancora più grave con il calo demografico, perché non soltanto abbiamo pochi laureati, ma avremo probabilmente anche meno studenti. Sicuramente gli atenei devono lavorare per essere ancora più inclusivi, per attrarre sia studenti internazionali sia quella parte di giovani che al momento non guarda all’università, e mi riferisco ai tanti studenti che magari dopo aver frequentato istituti professionali o tecnici danno per scontato di non dover fare un percorso universitario, nonostante l’offerta sia davvero ampia.

Un altro tema che è stato posto all’attenzione della stampa negli ultimi mesi è quello delle seconde generazioni: ci sono tantissimi ragazzi di seconda generazione che non accedono all’università e probabilmente non ci pensano nemmeno. Qui credo emerga la necessità di migliorare i percorsi di orientamento: si dovrebbe cominciare molto presto a interagire con i ragazzi delle scuole, più ancora di quanto si stia già facendo.

Clara Molinari
Studentessa di giurisprudenza, scrivo per dare ascolto ai miei pensieri e farli dialogare con l’esterno. Cinema e lettura sono le mie fonti di emozioni e conoscenza; la curiosità è ciò che lega il tutto.

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