Del: 12 Febbraio 2025 Di: Samuele Braguti Commenti: 0

Secondo l’Annuario Statistico Italiano del 2024 dell’ISTAT, in Italia sono presenti 7.900 comuni e il 69,9 per cento di questi ha meno di 5 mila abitanti. Queste piccole municipalità sono solitamente posizionate in ambienti extraurbani e contraddistinte da diversi fattori comuni: tra tutti il più significativo, nonché causa di svariati grattacapi, è una bassa concentrazione di abitanti. 

Tuttavia, per capire meglio le problematiche delle zone rurali ed extraurbane serve osservare la situazione dal verso opposto, partendo da un presupposto: la densità abitativa conviene. Conviene per i cittadini e per l’amministrazione dell’area abitata; e conviene per diverse ragioni. 

Minore uso di suolo pro capite 

Le soluzioni abitative che si estendono verticalmente, come grattacieli o palazzine, consentono a centinaia di persone di occupare una quantità di suolo molto ridotta. Questa caratteristica gioca un ruolo fondamentale nei territori in cui si ha a disposizione poco terreno utilizzabile oppure in tutte quelle zone attrattive dove migliaia di persone vogliono trasferirsi ogni anno. 

Esempi indubitabili e a noi noti di tale fenomeno sono metropoli come Londra, Parigi e New York; molte altre città, specialmente in Asia e Sudamerica, non sono da meno. Proprio la città di New York ha una popolazione superiore agli 8 milioni di abitanti con una densità media di circa 11000 ab/km²; diversamente, un’area più estesa e di poco più popolata come la Lombardia ospita più di 10 milioni di persone e ha una concentrazione media di 420 ab/km². Questa ampia differenza numerica di densità dovrebbe essere sufficiente a far comprendere l’enorme impiego di terreno che ha luogo nella regione più popolosa e antropizzata d’Italia. 

La soluzione a tale spreco non è necessariamente l’innalzamento di palazzi alti centinaia di metri ma comporterebbe banalmente aumentare la costruzione di edifici a più piani: strutture in grado di ospitare attività commerciali e residenze private occupando meno suolo. Paradossalmente si può notare che le città, seppur luoghi di ingenti cementificazioni, proteggono grandi porzioni di terreno rurale proprio grazie all’edificazione verticale. 

Infrastrutture 

Il fatto che molte persone abitino in un centro urbanizzato implica che le varie infrastrutture come reti stradali, idriche, fognarie ed elettriche siano usate da un alto numero di persone in un’area geografica relativamente ristretta. Perciò esse vantano di una certa efficienza in termini di utilizzo condiviso; ciò permette alle amministrazioni di fare investimenti su un numero significativo di cittadini riuscendo pur sempre a “diluire” i costi pro capite. 

Al contrario, è comune trovare in contesti rurali e montani infrastrutture costruite per un numero esiguo di persone che abitano zone lontane dai centri cittadini principali. Tali servizi avranno quindi un prezzo più alto per cittadino e anche un utilizzo inferiore rispetto a quello che avrebbero in ambienti più urbanizzati. Ciò non creerebbe alcun problema se solo la costruzione e la gestione di tali infrastrutture, considerabili quasi private per lo scarso numero di beneficiari, non fosse finanziata da denaro pubblico. 

Minori emissioni pro capite 

Nelle aree urbane, dove ci sono più “costruzioni verticali”, è più risparmioso e veloce riscaldare le abitazioni a causa delle loro dimensioni, mediamente inferiori a quelle delle case in aree rurali. In aggiunta la vicinanza tra gli edifici porta ad una bassa dispersione del calore. 

Inoltre, maggiore densità significa anche maggiore offerta di trasporto pubblico; un elemento fondamentale che permette a molti cittadini di spostarsi per motivi di necessità o di piacere senza avere bisogno di un veicolo personale. 

Relativamente ai mezzi pubblici, in un contesto densamente abitato è funzionale distribuire le fermate di autobus e tram anche a distanze piuttosto ravvicinate; tuttavia imitare nei piccoli comuni con abitazioni più sparse le stesse distanze porterebbe gli autisti a doversi fermare più volte per far salire o scendere un numero esiguo di persone, impiegando così più tempo per concludere una tratta. Per di più nelle aree rurali il bacino di utenza di tali servizi è nettamente inferiore, fattore che spiega la frequenza ridotta delle linee di trasporto.

A causa di tali ragioni l’abitante medio di aree extraurbane tende a prediligere spostamenti con un veicolo personale, e di conseguenza le sue abitudini di mobilità generano maggiori emissioni di CO2 di quelle del cittadino urbano. 

L’inefficienza delle auto 

Per giunta l’automobile, oltre ad essere relativamente inquinante, è un mezzo altamente inefficiente per svariate motivazioni. 

In primo luogo le auto sono ingombranti e spesso non piene. In Europa l’auto media si sposta con all’interno 1.7 persone. Ciò significa che la maggior parte delle vetture che vediamo bloccate nel traffico sono quasi sempre semivuote, causando così un ampio e controproducente impiego di suolo stradale. 

Come spiega Carlo Ratti, urbanista, architetto ed ex professore universitario di Harvard e dell’MIT, le auto private rimangono parcheggiate in media il 95% del tempo; il restante 5% è dettato dall’esigenza di andare al lavoro, a fare la spesa e da qualche attività aggiuntiva. Di conseguenza acquistare un’auto significa, nella maggior parte dei casi, spendere decine di migliaia di euro per un mezzo che passerà la maggior parte del proprio tempo fermo ed inutilizzato. 

Questo dato nasconde un secondo problema: il parcheggio. Possedere un’automobile implica l’esigenza di avere uno spazio a casa, o nelle sue vicinanze, dove poterla posteggiare, ma non solo: il suo utilizzo porta al bisogno di parcheggi anche in prossimità di negozi, scuole e posti di lavoro. La necessità di creare luoghi per le auto va così a modificare le piazze e le strade, rendendole alcune volte veri e propri incubi per pedoni e ciclisti.

Infine è interessante notare come il pedone è molto più propenso all’acquisto nei negozi rispetto all’automobilista che, non solo fatica a vederli, ma deve anche pensare a parcheggiarvi in prossimità; per questa ragione le aree pedonali e le zone a traffico limitato, solitamente posizionate nei centri cittadini e attraversate ogni giorno da migliaia di potenziali clienti, rappresentano veri e propri “santuari dello shopping”.

Il concetto di “15 Minute City” 

Se in aree extraurbane sono necessari anche grandi spostamenti per svolgere le attività quotidiane come andare a scuola, al lavoro e a fare la spesa, nelle aree altamente urbanizzate la distanza tra abitazione e punto di arrivo è solitamente inferiore. Ciò avviene perché le città, soprattutto in Europa, tendono a non avere divisioni nette tra zone esclusivamente commerciali e zone esclusivamente residenziali. I loro quartieri sono il perfetto esempio dei “mixed-used neighbourhoods”, ovvero aree in cui attività commerciali e realtà abitative non solo coesistono senza problemi, ma la cui vicinanza conferisce benefici sia agli abitanti, che hanno sotto casa ciò che soddisfa i loro bisogni, sia ai venditori, i cui acquirenti sono praticamente assicurati.

Questo fenomeno va ad inserirsi nel modello di 15 Minute City, secondo il quale nella città ideale ogni servizio di cui si necessita si può trovare ad una distanza dalla propria abitazione percorribile in circa quindici minuti a piedi, in bici o con i mezzi. 

Per concludere, si rifletta sulla banale assurdità che milioni di persone vivono quotidianamente: abitare in un piccolo comune, la maggior parte delle volte, significa essere costretti ad abbandonarlo per svolgere attività di qualunque tipo, dal lavoro alla spesa settimanale e dall’istruzione alla visione di un film al cinema. Tale condizione è l’espressione concretizzata più vivida e ordinaria della grande inefficienza che contraddistingue i nostri paesi e che non riesce a trovare una vera risoluzione se non nei fenomeni di conurbazione e di agglomerazione urbana. 

Samuele Braguti

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