Probabilmente il suo libro è stato il veicolo di socializzazione più efficace degli ultimi mesi.
Nelle spiagge, come presso le fermate dei mezzi pubblici, crocchi di manzoniana memoria si affannavano a esporre il proprio sdegno contro la politica dei privilegi, delle tasse, dei tempi moderni nefasti che fanno rimpiangere l’odiata prima repubblica.
Qualunquismo? Forse. Tuttavia corroborato da solidissime e imbarazzanti cifre.
Come quelle che indicano i finanziamenti destinati alle comunità montane: 170.175.114,72 euro per organismi di governo locale a volte posti, magicamente, in piena pianura.
Viatici per garantire poltrone o semplici sgabelli a politici, peones e consulenti di ambigua derivazione.
Un esercito che tocca, dai consiglieri circoscrizionali ai senatori a vita, la quota di 179.485 anime.
Nessun paese, sbirciando in giro per il mondo, gode di una classe dirigente così maggiorata.
Un’ ipertrofia di genti e di cose, se si pensa alle 40.000 auto blu che sfrecciano per le strade italiane.
Ancora una volta, un primato mondiale.
Neppure le vetuste monarchie europee cedono, al contrario dei politici nostrani, al richiamo del fasto. Buckingam Palace, dove vive la regina benedetta dal Signore, spende quattro volte meno del Quirinale, base del “compagno” Napolitano.
224.000.000 euro tondi tondi sono i soldi spesi dallo Stato per finanziare la presidenza della repubblica.
Solo per motivi di spazio (e pietà), da tale elenco vengono omesse le cifre, spropositate, delle indennità pubbliche garantite ai politici, gocce di euro rispetto agli sprechi che contano, ma sintomatiche per intuire la forma mentis di chi ci governa.
Ed in questo fiume di danaro, che la politica spende e guadagna per nutrire se stessa, il paese annega.
Gian Antonio Stella, noto giornalista del “Corriere della sera” e autore del libro “La Casta”, è stato intervistato da Vulcano. Un’occasione per discutere delle anomalie proprie del sistema politico italiano e dell’insofferenza che emerge nel paese.
I pesanti strali di Beppe Grillo, le inchieste che evidenziano i lussi dei politici fra voli di stato e case acquistate a due lire, gli elettori colti da una profonda sfiducia nei confronti della classe dirigente. Gian Antonio Stella come valuta il clima di antipolitica che sembra dilagare nel paese?
“Mi trovo assolutamente d’accordo con l’opinione pubblica che si scaglia contro una certa gestione della politica. Non credo si tratti di un clima di puro qualunquismo. Il sentimento che attraversa oggi l’Italia non è di antipolitica, ma di consapevolezza, sia a destra che a sinistra, riguardo la cattiva gestione del potere. I metodi con cui operano oggi i politici non sono più sopportabili, né economicamente né moralmente.”
Lei non crede che l’inefficienza e la corruzione riscontrabili nel sistema politico siano rintracciabili anche negli altri segmenti di società? Spesso il mondo imprenditoriale o la pubblica amministrazione operano con le stesse logiche e la stessa superficialità delle classe politica…
“Certo, è così. Molti atteggiamenti deteriori sono presenti nella società italiana. Ma non bisogna dimenticare che la classe dirigente deve essere migliore della società, altrimenti perde la sua ragion d’essere. Non parlo di una politica elitaria, però il compito dei politici deve essere quello di guidare la società.”
Quando si parla di costi, i politici spesso affermano che è piuttosto necessario incrementare l’efficienza. Non crede si debba certamente aumentare l’efficienza dell’amministrazione, abbattendo, in ogni caso, i costi?
“Assolutamente si. I politici discutono di efficienza per spostare il tema e non occuparsi dei privilegi e dei costi astronomici.
Del resto, l’efficienza dipende sempre e comunque dalla classe che ci governa. Le leggi vengono varate in parlamento.”
Condivide le proposte di Beppe Grillo riguardo la riforma dei meccanismi di elezione della classe dirigente?
“Non del tutto. Il tetto delle due legislature per i deputati è forse eccessivo. Magari è giusto imporre solo una percentuale di seggi che vadano rinnovati dopo ogni legislatura. In questo modo, dentro il parlamento, verrebbe garantito il ricambio generazionale e ideale ma anche l’esperienza. Riguardo l’impossibilità di accedere alle cariche pubbliche se condannati, dipende dal tipo di reato commesso. Anche io sono stato condannato per aver scritto che Totò Cuffaro (presidente della regione Sicilia. n.d.r) applicava una politica di tipo clientelare. Poi mi hanno assolto in appello, con le scuse dello stesso Cuffaro.”
Oggi la diffidenza nei confronti della classe dirigente è alta. Secondo lei maggiore o minore rispetto ai tempi di tangentopoli?
“Secondo me l’insofferenza è superiore. Quando scoppiò tangentopoli almeno l’elettorato di sinistra continuava a nutrire una certa fiducia nei confronti dei propri rappresentanti. Adesso, credo che nessun italiano sia convinto che esistano politici al di sopra di ogni sospetto. Intendiamoci, non parlo di corruzione. Mi riferisco alla sensibilità su alcuni temi.
Oggi i sondaggi dicono che siano più i partiti di sinistra ad essere penalizzati da questo clima. Questo perché l’elettorato di sinistra è più sensibile riguardo determinate questioni. A destra l’indulgenza degli elettori nei confronti dei propri eletti è maggiore. Un personaggio come Lunardi, che da ministro ha affidato i lavori della tangenziale di Mestre a suo nipote, se fosse stato di sinistra sarebbe stato “crocifisso” dal suo stesso popolo.”
Quali sono, secondo lei, i tre interventi principali che andrebbero operati per rendere più trasparente e meno cara la politica?
“In primo luogo è necessario costringere tutti, al di là delle chiacchiere sull’autonomia, a compilare lo stesso tipo di bilancio. Questo garantirebbe effettiva trasparenza. Tutti i cittadini hanno il diritto di capire con semplicità come vengono spesi i soldi dalle istituzioni.
Poi, organismi inutili come le province vanno definitivamente aboliti. Il loro ruolo può essere ugualmente svolto da un sistema istituzionale più snello.
Infine, è fondamentale interrompere l’adeguamento automatico, in relazione all’inflazione, delle indennità dei parlamentari. Per adesso, alla Camera e al Senato, hanno semplicemente sospeso questo privilegio. Deve, piuttosto, essere cambiata definitivamente la legge.”
Come valuta la sensibilità dei giornalisti riguardo questi temi? Lei, ad esempio, dopo aver scritto “La Casta”, che rapporti ha con il potere politico?
“Ci vorrebbe certamente più coraggio. I giornalisti non si occupano a sufficienza di questi temi. Dopo la pubblicazione del libro per me non è cambiato proprio niente: io ho sempre avuto rapporti buonissimi con la persone per bene e pessimi con quelle che non sono per bene. Senza distinzioni fra destra e sinistra.”
Personaggi corrotti dalla finanza, pronti a disegnare leggi su misura per interessi privati o per la ricchezza della “casta”. Organismi istituzionali, di controllo e di servizio pubblico, monopolizzati dai partiti che nominano chi vogliono senza lasciare spazio alla meritocrazia. Politici in prima linea intenti a difendere con protervia e nessun pudore privilegi trasformati in diritti. A destra come a sinistra. Nel suo libro, scritto insieme al giornalista Marco Rizzo, viene esposto un quadro simile. Ma lei, alle prossime elezioni, andrà a votare?
“Io sono assolutamente contrario all’astensione dal voto come metodo di dissenso. Esiste sempre una soluzione meno peggiore di altre. Purtroppo, data la legge elettorale a liste bloccate attualmente in vigore, non è facile scegliere.
Però il mio voto vale quanto quello di persone che disprezzo profondamente. E per questo non lo butterò mai via.”
Gregorio Romeo