Posted on: 11 Dicembre 2007 Posted by: Redazione Comments: 14

Di grigio, sul tavolo d’ufficio dello stilista Elio Fiorucci, c’è solo una calcolatrice. Il resto è tutto colorato. C’è una serie di pupazzetti che lo guardano in faccia mentre lavora. C’è uno gnomo con una mano in tasca, c’è Margot senza Lupin, c’è una pecora nera di peluche. Poggiate sulle carte e vari post-it ci sono un paio di scarpe in vernice rosa col tacco azzurro e un fiocchettino.
Sotto alcune buste da lettera fa capolino l’abbonamento dell’Atm. Guardo tutti questi oggetti mentre Fiorucci è al telefono. Sta parlando degli anni 70 per una mostra sul tema, aperta fino al 30 marzo alla Triennale. Lo sento raccontare dei suoi incontri con Madonna, Keith Haring, Jean Michel Basquiat “…Quando erano ancora ragazzini”. Rievoca l’ondata rivoluzionaria che quegli anni si portarono dietro, lo dice all’interlocutore al telefono, forse un giornalista: “Chi avrebbe potuto immaginare, allora, che dopo sarebbe caduto il muro di Berlino, che le ragazze russe avrebbero indossato jeans attillati Fiorucci, e che in Europa ci sarebbe stata la moneta unica. Non è occorsa una terza guerra mondiale”. S’interrompe e riprende: “Non mi chieda di politica. Non mi piacciono le cose politiche. Mi piacciono i ragazzi, le ragazze, le minigonne…”. Le sue parole al telefono viaggiano verso New York, salgono sulla Torre di Pisa a rievocare quella volta che conobbe il fotografo Oliviero Toscani, tornano a Milano all’inaugurazione del suo primo negozio, nel 1967. La telefonata si chiude. È il turno di Vulcano. Tocca a me. M’interessa l’anno 2007 e la moda degli studenti universitari.

Come ci si veste per andare a discutere una tesi di laurea?
Se vuole le parlo degli anni 70.
No grazie. Parliamo dei giorni di oggi.
Gli anni 70 hanno portato una libertà fra gli uomini fino ad allora sconosciuta. E dunque la liberazione da valori imposti dalla società.
Come suggerisce di andare vestiti, il giorno della laurea?
Non suggerisco nulla. Io sono uno spirito anarchico, la mia filosofia è quella della libertà. Ognuno si veste come gli pare. A me piacciono gli occhiali con la montatura rossa [Ne indossa un paio proprio in quel momento ndr] ma non per questo mi verrebbe da imporli agli altri. Questo è lo spirito degli anni 70.
Ma io non voglio parlare degli anni 70. Voglio parlare del 2007.
È incredibile come lo spirito degli anni 70 sia vivo ancora oggi.
Proviamo a entrare nella macchina del tempo. Cosa ci ricorderemo nel 2060 del 2007?
Degli anni 70.

Scoppio in lacrime. Fiorucci mi porge prontamente un pacchetto di fazzoletti. Il principe del marchio con gli angioletti, stupito dalla mia reazione mi dice: “Non sono cattivo”. Continuo a singhiozzare. Mosso a compassione mi fa: “E va bene, se vuole le dico come andare vestiti alla laurea”.

Me lo dica.
Io andrei vestito con un pullover. E scarpe comode. Ma come è vestita lei va bene lo stesso [jeans e camicetta bianca ndr]. Perché si può essere eleganti nella semplicità.
Il capo di maggior successo di sempre?
I jeans. Un tessuto magico. Quando smise di essere trattato come abito di lavoro.
Quando andò nel New Mexico scoprì le perline di vetro che diventarono i bijoux più gettonati dell’estate. Dalla Cina importò le ballerine: ne vendette diecimila solo in un anno. Come ha fatto a riconoscere il potenziale successo?
Io non ho mai pensato che sarebbero stati un successo. Li ho scelti perché mi piacevano.
E il marketing?
Io non mi occupo di marketing. Faccio le cose perché mi piacciono e perché mi fanno star bene.
Ma le scelte del marchio Fiorucci, le campagne pubblicitarie, non sono frutto di uno studio?
È l’amore per le cose che le fa uscire bene. La mia filosofia non prevede norme. Lei ha avuto un’educazione rigida.
Nella vita ha conosciuto tante personalità, tra cui Andy Warhol. Chi si nasconde dietro un talento?
Una persona rilassata. Serena. Mossa da passione. [Mi guarda negli occhi umidi] Non da rabbia e sofferenza.
Perché il suo tavolo è pieno di oggetti decorativi e alle pareti non c’è niente?
Ma non lo so! [Vede che sto per rimettermi a piangere]. Preferisco appoggiare piuttosto che appendere.
Lei una volta ha detto: “Gli oggetti devono essere belli e sinceri”. Che voleva dire?
Belli perché ti piacciono. Sinceri perché sono schietti.
Continuo a non capire.
Perché cerca un ragionamento dietro tutte le cose?

Chiuso il block notes, Fiorucci chiama la segretaria dicendo di prendere una borsetta: “Diamo un po’ di regalini alla ragazza”. Ma non l’aspetta. La precede e va verso un armadio dal quale comincia ad estrarre pacchettini colorati. Mettendomi in mano un portachiavi a forma di gnomo mi dice. “E lei adesso mi chiederà perché ho scelto lo gnomo? Non lo so. Faccio le cose che mi piacciono.”
Mentre scendo le scale dell’edificio che ospita gli uffici Fiorucci penso che anche io d’ora in poi farò solo cose che mi piacciono. Al primo semaforo ho lasciato l’Università per andare in Madagascar, al secondo vado in Cina a fare la ballerina, al terzo mi compro una parrucca perché mi sono sempre piaciuti i capelli blu. Sulla soglia di casa già il mio pensiero torna allo studio. L’esame di Glottologia. Devo prendere 30. Perché la media, il voto di laurea, i concorsi…Ci vuole coraggio per fare le cose che ci piacciono.

Diana Garrisi

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